Il 25 novembre del 1973 il mio amico Michelangelo Conte decise di andarsene, abbandonando la sua giovane vita sui binari, sotto a un treno. Cantavamo insieme nel Coro Manin e la sera prima avevamo fatto un concerto in Sant’Agostino, tutto dedicato all’amato Monteverdi ed io avevo commesso un piccolo errore, a lui non sfuggito. Mentre eravamo tutti a scherzare in oratorio a fine concerto, venne da me dicendomi ” questo da te stasera , proprio da te e proprio stasera , non me lo aspettavo”: era un perfezionista , estremamente intelligente e rigoroso e con me aveva legato anche se era un solitario. C’era quella semplicità fra ragazzi e per questo mi misi a ridere, sicura che stesse scherzando. Lui tirò fuori un pacco di spartiti, ci raduno’ facendoci cantare mezzo repertorio del Coro. Fu pago solo dopo aver ottenuto che cantassimo il celeberrimo Lamento di Arianna, “Lasciatemi morire” .
Verso la mezzanotte io andai a casa e lui andò a morire.
Dal momento in cui seppi cosa aveva fatto la mia vita cambiò: io avevo 16 anni e lui 21. Dopo 50 anni sono ancora qui a ricordarlo con rimpianto e tanta amarezza, consapevole che la memoria di quel giovane speciale mi ha accompagnata in ogni tempo della mia vita.
Un grande dolore che negli anni si è trasformato in sensibile ascolto e impegno a dare importanza ai dettagli, a quei particolari della vita di chi incontro e che forse di lui non avevo colto.
Mi chiedo il perché di quel gesto da 50 anni, e tengo Michelangelo con me con infinita pietà, nel profondo silenzio del mio cuore. Sono certa di dovergli molto di quello che sono, e ricordarlo sempre è l’unico modo che ho per farglielo sapere.
Patrizia Signorini