E’ passato un anno dall’annuncio del progetto di un nuovo ospedale a Cremona che andrà a sostituire l’esistente in funzione da cinquant’anni e ancora non si conoscono le ragioni che spingono i vertici della Regione in questa direzione quando altrove si finanziano lavori di ristrutturazione e messa a norma. Annunci, smentite e precisazioni del governatore Attilio Fontana e della sua vice Letizia Moratti sulla presenza o meno di un Dipartimento di emergenza e accettazione, pietra angolare dell’erigenda struttura, generano disorientamento. E’ un modo quanto meno approssimativo di affrontare la realizzazione di un complesso di importanza fondamentale per una comunità, destinato a restare attivo almeno per un altro mezzo secolo. Nella fase preliminare si pensava che il Maggiore sarebbe stato demolito, ma la valutazione dei costi e dell’impatto sull’ambiente ha indotto a un ripensamento: avremo un ospedalino avveniristico accanto al vecchio del quale non si conosce il destino. Dilettanti allo sbaraglio? Difficile crederlo e pensare che i partiti che appoggiano il progetto – maggioranza di centrodestra compatta e il Pd all’opposizione – non abbiano idee chiare in proposito. Allora perché non se ne parla? Si gestiscono soldi pubblici: i cittadini hanno il diritto di essere informati. Nel silenzio generale, complice la sostanziale indifferenza dell’opinione pubblica cremonese e l’inerzia dei rappresentanti politici e istituzionali, la coalizione trasversale del cemento agisce.
A Milano una vicenda analoga ha avuto sviluppi e un esito opposti. La giunta regionale voleva chiudere gli ospedali San Paolo e San Carlo che servono la zona ovest, una vasta area comprendente i municipi 5, 6 e 7 e che, considerando anche i Comuni limitrofi, conta circa ottocentomila abitanti. Nel 2017 con delibera X/7060 la Regione approvava un protocollo d’intesa con ministero della Salute, Comune di Milano, Ats della Città Metropolitana, Università di Milano e Asst per la realizzazione di una nuova struttura ospedaliera pubblica nel bacino in cui opera il San Paolo e il San Carlo.
L’assessore regionale al Welfare, il forzista Giulio Gallera, aveva sponsorizzato un progetto da lui stesso definito “avveniristico” che in cambio della realizzazione di una nuova struttura situata più a sud, in zona San Cristoforo, nell’area dismessa della cava di Ronchetto sul Naviglio, prevedeva la contemporanea chiusura dei due ospedali giustificandola con la loro presunta vetustà. Proprio come è accaduto a Cremona. In realtà le due strutture sono relativamente recenti ma necessitano di manutenzioni, mai fatte come a Cremona, a causa del continuo dirottamento di fondi pubblici verso la sanità privata da parte di tutte le giunte, inclusa quella di Fontana che si muove in perfetta continuità con le precedenti.
L’ospedale San Paolo, inaugurato nel 1978, dispone di 635 posti letto di degenza ed è polo universitario perché ospita le sezioni distaccate della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Milano e la sezione del corso di laurea in infermieristica e fisioterapia. Il San Carlo Borromeo, inaugurato nel 1967 nel quartiere di San Siro, ha 500 posti letto e ogni anno vi sono circa ventimila ricoveri, metà dei quali inviati dal Pronto Soccorso. Sono inoltre erogate circa un milione di prestazioni specialistiche nel poliambulatorio. La riforma regionale del 2015 ha accorpato i due ospedali in un’unica Azienda Socio Sanitaria Territoriale. Si è trattato di un primo passo verso la realizzazione di un ospedale unico che però, nonostante il progetto faraonico della giunta, avrebbe avuto solo 750 posti letto, un numero inferiore di 1/3 rispetto alla somma di quelli ora esistenti. E’ ciò che si prevede anche a Cremona: 450 posti letto a fronte degli attuali 1.400. Il costo dell’opera sarebbe stato di 390 milioni dei quali 330 presi dai fondi ottenuti dal governo e 60 da un fondo di 90 milioni precedentemente stanziato proprio per il San Paolo e il San Carlo ai quali ne sarebbero restati solo 30 per gli interventi di manutenzione ordinaria.
Le proteste dei lavoratori preoccupati per il loro futuro occupazionale e dei comitati di difesa della salute pubblica sono state immediate a partire da una raccolta di firme e culminate in un flash mob in piazza Duomo il 18 gennaio 2021. Bersaglio della protesta era stato l’assessore Gallera che di fronte alle continue obiezioni sul rischio che l’immensa area potesse ritrovarsi allo sbando senza un’adeguata ed efficiente assistenza sanitaria ospedaliera pubblica, rispondeva sempre sprezzantemente che “a Milano ci sono tanti ospedali e uno può andare dove vuole”. Durante la manifestazione era stato chiesto che i due ospedali non venissero chiusi e che la popolazione con i suoi organismi associativi fosse coinvolta nelle decisioni, predisponendo un piano territoriale generale per rispondere a tutti i suoi bisogni di salute. Era stato inoltre chiesto che venisse garantita la massima trasparenza nella gestione dei soldi e che nessun nuovo ospedale privato in costruzione venisse convenzionato con il pubblico.
Quasi contestualmente a quei fatti il presidente Fontana congedava Gallera e nominava al suo posto Letizia Moratti. Cambia l’assessore alla Sanità e il progetto di un nuovo nosocomio al posto del San Paolo e del San Carlo finisce nel cestino. Il 20 dicembre 2021 due decreti della giunta regionale assegnano finanziamenti per 200 milioni di euro ai due ospedali milanesi del miliardo e 694 milioni di investimenti approvati di cui 1 miliardo e 398 milioni erogati dallo Stato per il potenziamento delle strutture ospedaliere lombarde. I fondi servono a finanziare interventi ex novo e lavori di messa in sicurezza con particolare attenzione all’anti-sismica e alla normativa antincendio.
Il piano è stato proposto da Letizia Moratti in netta discontinuità col suo predecessore. Tra gli investimenti più significativi figurano i 497 milioni per gli Spedali Civili di Brescia, i 280 milioni per il nuovo ospedale di Cremona, i 151 milioni per l’Irccs San Matteo di Pavia. Altri 129 milioni sono destinati al nuovo ospedale di Desenzano. Fondi che dovevano servire anche per ristrutturare l’ospedale di Cremona, dove invece ha preso piede lo strampalato progetto di un ospedalino al posto del Maggiore.
Vittoriano Zanolli
Una risposta
Cosa possiamo fare per impedire questo obbrobrio? Io pronta ad associarmi in piazza per protestare contro questo ospedalino. Chi si associa? Tutti menefreghisti i Cremonesi?