La polemica nata lo scorso fine settimana in occasione dell’apertura della sede di Fratelli d’Italia a Cremona mi porta a prendere posizione rispetto alla questione, ovviamente non per schierarmi da una parte, perché in questo caso dovrebbe essercene solo una, quella della Costituzione democratica e antifascista. Bene ha fatto il presidente del Consiglio comunale, Paolo Carletti, ad esplicitare il suo disappunto rispetto alle dichiarazioni ascoltate durante l’inaugurazione della sede. Se prendo posizione è per mandare un messaggio ai dirigenti, ai militanti e agli elettori di Fratelli d’Italia che periodicamente si rivolgono a me, a noi, con un malcelato vittimismo con il quale si palesa la lamentela di essere segnati dallo stigma di rappresentare una forza politica che non ha saputo e non sa spezzare il filo ideale con il fascismo italiano, nonostante Fiuggi e nonostante tutto quanto affermato dai dirigenti nazionali e locali.
Premetto dicendo che questa credo sia una polemica che interessa molto poco ai cremonesi e agli italiani. L’abbiamo visto dalle urne. Il messaggio uscito dell’astensionismo penso vada interpretato come la reazione che il 60% dei cittadini di Lazio e Lombardia hanno avuto rispetto a quanto la politica, tutta, sia realmente vicina ai bisogni, alle esigenze e alle ansie degli italiani.
Detto questo ritengo però importante che se questo Paese vuole fare uno scatto in avanti è utile che questo scatto parta dalla politica che seppur bistrattata e mal considerata, ha ancora delle responsabilità ed un ruolo fin tanto che il governo delle istituzioni si baserà sul principio di rappresentanza.
Questo è innegabilmente un momento in cui la destra (e non il centrodestra, la destra), ha la maggioranza nelle principali e più alte istituzioni. Questo dà loro l’onore e l’onere di governare ma soprattutto dà loro la grande responsabilità di tenere unito il Paese nell’attraversare un momento difficile che oltre a pandemia e guerra in Europa, sta attraversando dei profondi cambiamenti nel modo di vivere, nel modo di lavorare, di fare impresa, nella necessità di riorganizzare i servizi, nel rapporto tra crescita e rispetto dell’ambiente.
Per fare tutto questo serve dimostrare di essere realmente proiettati verso un futuro che con le sue domande e i presupposti che già conosciamo, impensierisce molto le nuove e le vecchie generazioni.
Per accompagnare questo passaggio servono forze politiche rigorose ma soprattutto serve che queste forze abbiamo lo sguardo rivolto in avanti, verso le nuove generazioni, verso il futuro e non rivolte verso il passato, alla ricerca di quei modelli e di quella ispirazione ideale che, io personalmente, non ho la presunzione di definire “sconfitti” ma che per lo meno si possano definire “superati”. Perché è questo che sono i regimi del ‘900, superati. Hanno sicuramente rappresentato un passaggio fisiologico nella storia dell’uomo ma non possono più essere utilizzati per interpretare le esigenze di oggi e quelle di domani. Ma soprattutto, seppur siano stati momenti di grandi crescita e di importanti slanci ideali, sono stati accompagnati da grandi drammi collettivi e dalla prepotenza antidemocratica di chi esercitava un potere soffocante nei confronti di chi si ribellava a queste prevaricazioni.
Se la destra italiana vuole veramente affermarsi come destra moderna e non più sentirsi considerata e chiamata destra post-fascista, non può continuamente incolpare altri o fare periodico esercizio di vittimismo ma deve passare dalle parole ai fatti: basterebbe togliere la fiamma dal simbolo del partito. Oltre a questo potrebbero anche chiedere che leader nazionali e assessori regionali, la smettano di partecipare a raduni o a commemorazioni in cui vengono poi immortalati nel fare il saluto fascista. E ancora, magari durante un evento pubblico in cui ci si presenta alla città, bisognerebbe avere l’accortezza e dimostrare quel rispetto istituzionale che hanno le forze democratiche, evitando di far scandire un motto che ha accompagnato un periodo triste della storia del nostro Paese, in favore di telecamere e alla presenza di chi, rappresentando un’istituzione, viene a legittimare un momento di rilancio e rigenerazione politica.
Se così sarà, se si dimostrerà veramente uno “scatto” per superare quelle che sembrano più risposte pavloviane che istinti anti-democratici, terrei in considerazione la sollecitazione di chi, per esempio, tra le fila di Fratelli d’Italia, poco tempo fa, mi chiese di prendere le distanze da esponenti democratici che li definivano “manipolo violento e pericoloso” anche perché credo che la dialettica politica tra avversari politici si debba basare su una vera reciprocità di azioni ed intenti.
Chiudo facendo presente che il Partito democratico, non solo non ha cimeli e orpelli novecenteschi negli scantinati delle proprie sedi in attesa di poterli spolverare ma è nato da culture politiche che avevano già superato i limiti delle ideologie del ‘900 scorso. Se anche la destra italiana decidesse di affrontare questo sforzo, la politica italiana sarebbe finalmente un po’ più pronta ad aiutare i cittadini ad affrontare il futuro e quello che ci aspetta.ù
Vittore Soldo
segretario provinciale Partito democratico di Cremona