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Mura storiche all’area Frazzi da demolire. E a due passi il ponte sul Morbasco cade a pezzi

9 Febbraio 2025

GLI  EDITORIALI  DI ADA FERRARI

Fra i più ardui enigmi in grado di distrarre l’afflitto animo dei  cremonesi c’è una domanda. Quale logica guida le scelte amministrative riguardo al presente e al futuro prossimo di una città in più che palese affanno? A parte l’esibito trofeo del comparto turistico -ma col mordi e fuggi non si campa- il resto, a cominciare dal commercio, arranca fra faticosi galleggiamenti e bilanci negativi. Né aiuta ovviamente l’impennata di criminalità che fra rapine, accoltellamenti e risse ha ormai coinvolto anche il centro storico riducendone le residue chances di rilancio. Oltre, come è ovvio,  ad aver minato  quel confidente rapporto dei cremonesi col proprio territorio che fino all’altro ieri  ci faceva dire che, sì, il clima è pessimo, le grandi vie di comunicazione ci snobbano, parecchie criticità ci preoccupano, ma poter contare sulla sicurezza di una città tranquilla è pur sempre un accettabile risarcimento. Quelle certezze sono ormai lontano ricordo. E si allunga  la lista delle priorità e urgenze – sicurezza in testa – su cui i cremonesi attendono non parole ma fatti.

Desta pertanto  qualche stupore che il mantra amministrativo del 2025  preveda l’abbattimento dei muri di cinta di alcuni parchi cittadini  fra gli obiettivi su cui giocare la sua non eccelsa capacità seduttiva. Caso vuole che, appena imboccato viale Po, mi sia capitato giorni fa di osservare le condizioni disastrose del breve ponte sul Morbasco: davvero imbarazzante biglietto per chi accede alla città da sud. Le foto a corredo dell’articolo sono eloquenti.  Ma a quanto pare la vera urgenza che sta appassionando l’Amministrazione cittadina si trova pochi metri più in là e riguarda lo smantellamento del muro di cinta, perfettamente conservato, che fu parte integrante del comprensorio industriale della storica  fornace Frazzi.  Il che sta configurando una curiosa situazione. Non solo il Comune si sta scontrando col quartiere Po che, contrarissimo al progetto, gli oppone sensati argomenti, ma, cosa ben più singolare, entra in contraddizione con se stesso.

Va infatti dato atto degli encomiabili sforzi che negli ultimi anni hanno mobilitato le professionalità e i mezzi finanziari necessari a integrare i fondi Pnrr per il recupero e la rigenerazione urbana del dismesso distretto industriale. Il risultato è l’attrattivo polo culturale e museale che ha sottratto all’oblio il lungo tratto di storia locale che trovò nel crescente prestigio di una produzione laterizia di successo mondiale una preziosa leva per lo sviluppo economico sociale del territorio.

Ancor più fragile, alla luce di tali premesse, appare dunque l’argomento accampato a sostegno dell’abbattimento: il muro è degli anni cinquanta del ‘900, dunque abbastanza recente da poter essere smantellato senza imbarazzo e sostituito con una comunissima siepe. Siepe sul cui futuro la profezia è scontata:  qualche mese di decorose cure, poi il consueto abbandono che ne farà il solito, rinsecchito ricettacolo di rifiuti e deiezioni canine. La vicenda trascende il caso specifico e induce a una domanda di ben più rilevante portata  A quale titolo un’amministrazione, peraltro di risicata rappresentatività visti i numeri dell’ultima tornata elettorale, può decidere di amputare la fisionomia di un quartiere cittadino, cancellandone una componente che, non a caso realizzata in tipico cotto, appare coerentemente integrata nel contesto di un’archeologia industriale del laterizio. Fatto sta che quella lunga muraglia rossa, sormontata fra l’altro da una non spregevole cancellata, è saldamente piantata nella memoria collettiva di generazioni di cremonesi. E’ dunque parte  di quella ‘civiltà materiale’ che gli storici si affannano a recuperare e che un’amministrazione si sente oggi in diritto di cancellare in base a opinabili valutazioni di “opportunità estetica”.   Ma tant’è.

E pare proprio che analoga sorte toccherà al parco del Vecchio Passeggio in viale Trento e Trieste.  La suggestiva vecchiaia della sua muraglia di cinta su cui, stagione dopo stagione, il muschio ha impresso i suoi ricami e il tempo le sue rughe, subirà l’implacabile oltraggio delle ruspe. Va peraltro detto che quell’area negli ultimi anni tutto è stata fuorché  un godibile parco degno di questo nome.  Piante in desolante abbandono, erbacce secche, panchine arrugginite, malandati contenitori  traboccanti di  rifiuti rimasti a macerare sotto sole e pioggia per mesi. Uno scempio  di cui è facilmente intuibile l’unico vero utilizzo: la Piazza Affari in cui gli elementi meno raccomandabili della vicina Casa dell’Accoglienza hanno praticato indisturbato spaccio 

Quanti milioni di euro costeranno le demolizioni di cui nessun cremonese con piedi per terra e testa sulle spalle sente l’urgenza? Quante urgenti manutenzioni si potrebbero realizzare con quei fondi? Ma, vil danaro a parte, credo che la domanda decisiva sia un’altra: cosa  cerca chi si inoltra in un parco cittadino, magari con un libro, un giornale o la semplice voglia di una pausa nel verde. Cerca la quiete di uno spazio appartato e protetto dal traffico e dal suo chiasso. E i muri, prossimi all’abbattimento, cos’altro sono se non protezioni acustiche, visive e psicologiche in grado di regalare la rilassante sensazione di un ‘altrove’ più naturale e meno aggressivo della realtà lasciata alle spalle? Parchi e giardini, come ogni spazio del vissuto collettivo, sono contenitori di comportamenti ma soprattutto di sentimenti. Non a caso l’occhio del cinema e della letteratura tanto spesso ha indugiato sulle infinite suggestioni anche metaforiche dei grandi giardini e dei loro austeri e misteriosi cancelli.

Spianandone la muraglia, il parco di viale Trento e Trieste sarà semplicemente e banalmente riconsegnato alla strada, arteria notoriamente trafficatissima. Lo so, questo ragionamento cela il rischio immobilistico: fermi tutti e che nessuno tocchi l’eredità del passato. Mi guardo bene dal dirlo, ma è pur vero che decisivo ago della bilancia fra il fare e il non fare resta ancora e sempre la qualità del risultato. E dall’indimenticata  pensilina di piazza Stradivari, ai totem, alla facciata della Loggia dei Militi recentemente deturpata, le scelte ‘poco felici’ sono state parecchie. Allora? Allora l’alternativa c’è ed è più che onorevole. Essere intelligenti, accorti e solerti custodi del territorio e del suo patrimonio. Strategia estetica molto simile in fondo a quel che ragionevolmente si consiglia alle signore di non più verde età: poco, sapiente trucco limitato ai punti giusti. E, soprattutto, mai strafare.  

 

Ada Ferrari

12 risposte

  1. Bravissima! L’uscita contemporanea su questo blog che difende i cremonesi dalla prepotenza spesso ignorante di chi li amministra del suo autorevole editoriale e della petizione contro l’abbattimento del muro la dicono chiara sull’opinione dei cremonesi. Basta con la distruzione e la cementificazione! Purtroppo i cittadini hanno una grande, enorme colpa: quella di non essere andati a votare per esprimersi consegnando la città a un’amministrazione incomprensibile e cieca, prona e supina. Vergogna!!! E grazie a lei e al blog, persone libere di parlare.

  2. I cremonesi che non hanno votato si ritrovano con quello che meritano. Si svegliano quando oramai è tardi e un avvocato per meriti di militanza è stato messo a occuparsi di faccende che non gli competono. D’altra parte non si poteva mandare a casa. Anche lui è stato bravo!

  3. Chi se ne frega del rischio immobilistico se muoversi significa fare danni enormi e assurdi da tanti punti di vista. Che cerca l’utente in questi parchi, tu chiedi. Che cerca veramente l’amministrazione abbattendo quei muri? Non sono riuscito a trovare ancora una risposta sensata, forse perché non esiste, forse perché il vero motivo che non si vuol dire è il business di qualche imprenditore che preme….Non ci sono altre parole. Con tutte le necessità che ci sono, vedi lo stato di strade e vie, i numerosi alberi pericolosi ancora persistenti come in via Chiese e in via Massarotti, ma anche dalla parte opposta della scarpata di via Bergamo ove recentemente sono state tolte alcune piante, si insiste nel portare avanti progetti che definire allucinanti è un complimento.

  4. Quel muro di cinta di viale Po fa parte della storia di Cremona fatto in mattoni a vista cosa costerebbe farlo ora sempre trovando chi è in grado di costruirlo ? Quanto costerà demolirlo ? Caro assessore Carletti la sua risposta ignorante è stata “è solo un muro di un privato che delimita ora una proprietà non privata , apriamo il parco alla vista dei cittadini ” Bene caro assessore il muro è ad altezza d’uomo e passando si può benissimo guardare dentro , servirebbe a proteggere non più la fornace ma eventuali bimbi che giocheranno in quel parco dal traffico di viale Po , andando poi al muro di viale del vecchio passeggio sarebbe la stessa cosa , lo conosco bene quel parco avendo prestato la mia opera per ristrutturare i cancelli d’ingresso anche quelli opere d’arte ,vuole abbattere il tutto per la sicurezza ? Bene metta qualcuno a vigilare di più. Vittoriano sono sicuro che arroganti e spocchiosi come in questi ultimi quasi undici anni di loro amministrazione faranno sicuri ormai della poltrona per altri quattro anni quello che vogliono , forse ascolterebbero i cittadini se mancassero solo sei mesi alle elezioni come hanno sempre fatto per farsi rivotare. Buona giornata a tutti.

  5. Complimenti ad Ada Ferrari per il suo articolo, che analizza con molta acutezza e concretezza le scelte del Comune di Cremona per l’area ex Frazzi e pone anche l’accento sul fatto che i cittadini, per contrastare una scelta del Comune, che ritengono penalizzante per la città e i suoi abitanti, debbano sempre ricorrere alla raccolta di firme.
    Credo, ma mi scuso se sbaglio, che in sede di assunzione di delibere in Comune l’opposizione dovrebbe essere più incisiva e farsi carico delle istanze di cittadini, da molti dei quali avevano ricevuto un voto

  6. Concordo pienamente. Mi permetto solo di ricordare la perdita di valore economico dei manufatti ( Mura area Frazzi e Vecchio Ospedale) Non è certo un aspetto da ritenere di poco conto. Non si capisce perché un’amministrazione voglia depauperare la Città e i suoi Cittadini. In nome di un falso concetto d’integrazione si vuol impoverire Cremona?

    1. Mi auguro solo che il suo autorevole parere riceva, prima dell’ irreparabile, adeguato ascolto. Condivido il demoralizzante sospetto che questo distruttivo autolesionismo abbia assai a che fare con. un malinteso concetto di integrazione.

      1. Non penso. Se mai quella è la scusa ideologicamente e politicamente indecente che va bene per i drogati di ideologia dell accoglienza,. Ma come ho già scritto trovo più pertinente un qualche interesse economico che non si ha il coraggio di dire, da parte di qualche ditta.

  7. Sono d’accordo con tutti gli interventi precedenti. E soprattutto mi sono chiesto anch’io che cosa faccia l’opposizione. Bloccate l’ignoranza e le iniziative costose e senza senso. Oppure FDI ha come unico scopo quello di andare d’accordo con Pizzetti per non perdere quelle briciole di potere che gli sono state concesse??? Ma anche gli altri: Ceraso, Tacchini, Portesani quel che resta di Forza Italia non hanno nulla da dire? Eppure tutti insieme hanno avuto un appoggio consistente dei voti dei cittadini. Virgilio è stato eletto per una manciata di voti! Fermate lo scempio, chiedete le dimissioni dell’assessore o mettetelo nelle condizioni di non nuocere. I cittadini cremonesi sono stufi di prepotenza e di subire: dai muri all’ospedale, dai parchi ai centri commerciali, dai marciapiedi alla cementificazione. Basta!!! Vogliono essere ascoltati!

  8. Assolutamente condivisibile quanto esposto nell’articolo. Se come sosteneva Bergson “Gli occhi vedono solo ciò che la mente è pronta a comprendere”, c’è da chiedersi quale impasse blocchi la mente dei decisori locali tanto in relazione a quanto denunciato nell’articolo quanto e soprattutto rispetto a temi dirimenti per tutti noi quali ad esempio il dissennato intento di demolire un ospedale per ricostruirlo ex novo con un progetto che ne congela i posti attuali già insufficienti (l’ ASST oggi registra una mobilità passiva del 28%) e che lo destina al trattamento dei casi di elevata complessità lasciando scoperto il servizio all’utenza media e alla cronicità, progetto che è solo un inchino al comparto privato cui giacoforza non potranno che rivolgersi cremonesi e casalaschi mentre la Costituzione sancisce ancora per tutti il diritto a fruire della sanità pubblica.

    “Comitato per la difesa della sanità pubblica e dell’ospedale di Cremona”

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