Fu vera gloria? Si chiede Alessandro Manzoni nell’ode ‘Cinque maggio’, scritta di getto nel luglio del 1821, dopo avere letto la notizia della morte, il cinque maggio appunto, di Napoleone Bonaparte. Manzoni lascia ‘ai posteri l’ardua sentenza’, anche se sappiamo essere stato affascinato dall’indubbia grandezza del personaggio. Per duecento anni il quesito si è riproposto, con risposte le più diverse. Su Napoleone sono stati scritti circa 85.000 libri; 40 solo da gennaio di quest’anno, grazie anche alla ricorrenza del duecentesimo anniversario della sua morte. Sono stati girati più di 1000 film.
Oggi il dibattito, come si usa dire, ferve più che mai! In Francia è iniziato da tempo e pare interessare pure il lettore non specialista, lo spettatore magari distratto da telefilm e talk-show, il cittadino ‘qualunque’ insomma. In Italia la discussione non sembra suscitare così appassionati contrasti di tifoserie. Il Corriere della sera ha dedicato quasi l’intero numero del suo supplemento culturale settimanale, ‘La Lettura’, a Napoleone; così ha fatto La Repubblica con il suo supplemento, ‘Robinson’. Altri grandi quotidiani ne hanno trattato, alcune reti televisive ne hanno accennato, diversi saggi sono usciti. Senza però suscitare la passione viva fra i nostri vicini d’Oltralpe. Forse è persino un bene che sia così, perché abbiamo l’occasione di essere più obiettivi.
Dunque: che giudizio possiamo dare di Napoleone Bonaparte? La risposta non può che essere molto articolata e molto personale. Vista la complessità, la dividerei in due parti: una prima, che comprende le principali motivazioni per cui molti, storici e non, danno della sua figura e del suo operato un giudizio negativo; una seconda, in cui invece elenco le ragioni di un giudizio positivo e cerco di trarre delle (personali e provvisorie) conclusioni. Partiamo, dunque, da alcuni ‘campi’ in cui il giudizio, a parere di molti, non può che essere prevalentemente negativo.
Le guerre. E la crudeltà in guerra. Napoleone mise a ferro e fuoco l’Europa, all’inizio per difendere la Francia e la Rivoluzione, ma poi per ‘volontà di potenza’, per imporre la supremazia sua e della Francia. Si calcola che morissero, in quelle guerre, più di un milione di soldati! Molti erano italiani e quasi sempre povera gente: la leva era obbligatoria, ma i ricchi potevano comprarsi l’esenzione pagando un sostituto. Quanto ai metodi, Napoleone al bisogno andava per le spicce: chi si opponeva veniva fucilato o comunque punito se non si sottometteva. In un caso, poi, fece uccidere 3000 prigionieri turchi per il semplice fatto che non poteva liberarli né mantenerli.
L’Italia. Nei confronti del nostro Paese Napoleone seguì una politica di sfruttamento, depredandolo di opere d’arte e ricchezze di vario genere. Pur facendosi incoronare ‘Re d’Italia’ ed usando per il suo Regno parole di apprezzamento (a volte; a volte invece di disprezzo, pensando probabilmente alla Corsica, zona considerata arretrata e barbara dai francesi, che da poco ne erano venuti in possesso), non considerò mai la possibilità di un’Italia unita e la vide sempre in funzione della grandezza della Francia, sua personale e della sua famiglia. L’immagine di un Napoleone liberale, apostolo dell’unità ed indipendenza dei popoli, nasce dopo la sua morte, grazie soprattutto al cosiddetto ‘Memoriale di Sant’Elena’, opera del 1823, di grande successo, in cui dà di se stesso una immagine romantica e di fatto crea un mito per i patrioti italiani ed europei dei decenni successivi.
La religione. Napoleone abbandona l’acceso anticattolicesimo della Rivoluzione e questo potrebbe essere un bene. Ma lo fa in un’ottica che potremmo definire cesaropapistica! La fede e la Chiesa cattolica sono visti come fattori di stabilità e ordine sociale. ‘Togliete la fede al popolo e moltiplicherete i ladri di strada’ scrive. La fede come ‘instrumentum regni’, dunque. I contenuti gli sono indifferenti: quand’è in Egitto si dichiara musulmano (per poi, a Sant’Elena, scherzarci su). Lascia quindi molti privilegi alla Chiesa cattolica, ma la controlla strettamente. Nel 1806 si arroga il diritto di nominare un terzo dei cardinali e nel 1809 fa addirittura arrestare il Papa. Suoi modelli sono Carlo Magno, Federico II, gli imperatori insomma che tentarono di governare i papi e subordinare la Chiesa.
La schiavitù. Sulla schiavitù l’atteggiamento di Napoleone fu assolutamente retrogrado. Nel 1794 la Francia aveva abolito la schiavitù nelle sue colonie di Haiti e Guadalupa. L’altra colonia francese, la Martinica, venne occupata dagli inglesi e lì la schiavitù rimase, come in tutti i possedimenti inglesi. Quando, nel 1802, questa colonia tornò francese, Napoleone, con la scusa di uniformare il regime giuridico in tutte le colonie, reintrodusse la schiavitù anche nelle prime due. I grandi proprietari terrieri gli furono grati!
Le donne. Opinione abbastanza diffusa è quella che vuole Napoleone favorevole all’emancipazione femminile. Nulla di più falso. A Napoleone le donne piacevano, eccome! Ma le considerava uno svago, utili al ‘riposo del guerriero’; le voleva docili e sottomesse. Nel suo Codice Civile la moglie deve obbedienza al marito, non può prendere impegni senza il suo consenso, non ha difesa dalle violenze domestiche. Anche in questo caso, un bel passo indietro rispetto alle conquiste della Rivoluzione!
Allora perché è diffuso un giudizio positivo su Napoleone? Perché, tanto per citare un caso, il Corriere della sera titola a tutta pagina: ‘Processo a Napoleone. Assolto’? E perché milioni di persone lo seguirono e lo amarono ed ancora lo venerano? Nella seconda parte cercheremo di scoprirne le ragioni.
Gian Carlo Corada
(prima parte)