Si avvicina il Natale e tanto i singoli individui che le Nazioni reciteranno un copione noto: si
inneggerà alla pace e alla fratellanza. Fino al 25 pomeriggio; il 26 si affileranno le lame e il 27
riprenderanno le pugnalate. Una pausa di quarantotto ore e niente di più, in cui si parlerà di pacifismo con molta passione (la guerra in Medio Oriente è un orrore che deve cessare al più presto!), anche se il concetto stesso di pacifismo oggigiorno sembra – ma confesso che potrebbe essere un limite mio – lontano dal suo significato originario; le bandiere della pace garriscono insieme a quelle palestinesi, mentre quelle israeliane non compaiono.
Oppure ce ne staremo zitti e buoni in ottemperanza al pensiero omologato dilagante: chi si
ricorda più che in Ucraina si continua a sparare? Forse l’indignazione generale tornerà ad
urlacchiare alla ripresa delle forniture belliche. Non siamo più in grado di avere un’opinione; è più comodo pensare che i carnefici siano alla ricerca delle proprie vittime e che James Bond, alla fine, neutralizzerà Blofeld (il cattivo della SPECTRE). Però sappiamo (e speriamo) che l’organizzazione criminale ricomparirà sulla scena per la ripresa di giochi sempre più spietati. I ruoli dell’agente segreto e del suo antagonista saranno assegnati in funzione delle proprie convinzioni politiche.
Ci attende un altro Natale di guerra da vivere con un’angoscia che ci indurrà a cercare la pace
in un branzino in crosta o facendoci lambire dalla brezza sulle piste della Marmolada. Un
comfort che procurerà ad alcuni – non a tutti, si capisce – un vago senso di inquietudine; al
punto che qualcuno potrebbe sospettare che se scoppia una guerra è perché tutti l’hanno
voluta: l’ha voluta Israele, alla continua ricerca di nuovi territori in cui espandersi e l’ha voluta
Hamas, cioè la punta di quel voluminoso iceberg che è il mondo islamico. Quest’ultimo non può
permettersi la pace, viste le enormi contraddizioni che lo percorrono in lungo e in largo, non solo
in Iran; va individuato un nemico esterno verso cui convogliare la rabbia interna.
Se pensiamo che siano i buoni e i cattivi a fare la Storia, significa che non pensiamo abbastanza e soprattutto che qualcun altro sta pensando al posto nostro. Dovremmo almeno avere il sospetto che Blofeld e Bond stiano per consumare insieme il cenone.
Giuseppe Pigoli
2 risposte
Grazie per il penetrante contributo. I colori della tradizione biblica vetero testamentaria, dell’islamismo fondamentalista, mescolati con la violenta essenza portata dal sistema capitalistico mondiale sono oggi nella Storia le espressioni della natura del genere umano.Vedasi anche F. Fornari Psicanalisi della guerra
Che riflessione, dottor Pigoli! Grazie per gli spunti che fornisce.