Dedicato a chi pensa che le foto io le scarichi da Internet: ma a fotografare due piante gelate non c’è bisogno di nessun artifizio, basta l’occhio; dedicato a chi parla a sproposito di cultura, usandola come una moralistica clava per dettar legge, per distruggere la reputazione altrui, ridicolizzarla: ma la vera cultura, stando con Mauro Ceruti non è una parola buttata lì ad effetto per suggestionare, bensì un valore nobile che si genera proprio dallo scambio, dal confronto umile, libero e sereno tra le varie discipline e le varie sensibilità, ed è sempre in evoluzione; dedicato infine a chi la brina non l’ha mai vista, quest’anno, in città. Eppure non è stato un evento così inusuale, visto che la maggior parte delle notti di gennaio la temperatura è scesa sotto lo zero, condizione fondamentale e necessaria per la produzione di questo straordinario fenomeno naturale, rimanendovi anche diverse mattine, in particolare dopo la metà dello stesso mese.
E non è stato neppure un fenomeno limitato nello spazio, basti vedere questo sentiero al Po, nell’area del Parco.(foto 1 centrale). Come un tappeto bianco, un sottile strato di neve ghiacciata, che si raccoglie attorno alle foglie, agli steli.., delineandone la fisionomia, e suscitando un’atmosfera fiabesca.
La brina si forma per condensazione del vapore acqueo in seguito a raffreddamento, sulle superfici esposte all’irraggiamento: dal vapore acqueo al ghiaccio. Dalla rugiada differisce perché questa viene prodotta a temperature superiori allo zero ed è liquida, per condensazione in goccioline dello stesso vapore. La brina invece è solida, cristallizzata.
Essa si presenta o sotto forma di piccoli grani, ben visibili e distanziati tra loro sulla superficie delle foglie di Veronica persica Poir., 1808 , o sotto forma di aghi molto più lunghi che stretti e dall’apice appiattito (foto 2). Quando, come in questo caso, la sua distribuzione è particolarmente fitta, essa viene a ricoprire l’intera superficie esposta in maniera esuberante, non limitandosi quindi a delinearne la trama.
La trasformazione delle foglie suscitata dalla brina crea quadretti stupefacenti e connota la vegetazione di nuove qualità, che ne aumentano il fascino. La ricerca in natura pertanto non è andare a cercare conferme dell’immagine ideale che viene riprodotta sui libri, ma quanto essa stessa sa produrre in una molteplice varietà di manifestazioni spesso inimmaginabili, e a volte non ancora documentate.
Perciò le foglie basali del Verbascum phlomoides L (foto 3) , appiattite e corrose dalle intemperie, presentano una singolare alternanza cromatica tra la superficie bianca fittamente ricoperta di aghi di brina, e quella ormai verde per il disgelo settoriale delle parti vicine.
Delle foglie della Malva silvestris L , (foto 4) le profonde incisioni rimangono libere, mentre la brina si distribuisce soprattutto sui bordi e nelle parti intermedie. Anche qua l’alternanza cromatica crea bellissime suggestioni.
Le foglie del Geranium molle L (foto 5) presentano un’asimmetrica distribuzione della brina , che in minor misura appare sulle foglie secche circostanti. Prevalgono i grani più o meno compressi, appiattiti, anziché gli aghi, ma la bellezza non ne soffre perchè la brina ovunque e comunque si depositi, è sempre molto affascinante.
Completamente diverse, le foglie di un’altra Geraniacea, l’Erodium cicutarium (L.) L’Hér (foto 6) , presentano un’elegante raffinatezza per le loro numerose e minute suddivisioni, che ricordano degli splendidi ricami, e che acquistano in fascino cromatico con quella spruzzata disomogenea di brina.
Non di meno le foglie della Potentilla reptans L (foto 7) , rivestite di brina che conferisce una bellezza incredibile; e benchè si dica che il gelo faccia male alle piante, soprattutto ai germogli, lo sviluppo di queste piccole erbe di campo non ha affatto risentito per questa copertura ghiacciata, che si rivela al contrario una salutare bevanda al suo scioglimento nelle ore diurne, salendo la temperatura.
Lo stesso dicasi per le foglie della Viola odorata L. ( foto 8) ancora ampiamente ricoperte ai bordi di aghi di brina, che per uno strano mistero si ergono puntando verso quel sole che presto li scioglierà .
E pure sul muschio dei rametti legnosi a terra, la brina si deposita ( foto 9) , creando queste stupende composizioni dove il giallo verde della piccola pianta si ritira agli apici per lasciar posto agli aghi gelati. La natura non conosce limiti per stupirci con le sue artistiche fantasie.
Anche sui funghi la brina si deposita, ma quanto appare in quest’immagine (foto 10) in realtà ci inganna. I fiocchi bianchi che vediamo sul cappello di questi due funghi della bellissima e non comune specie Hemipholiota populnea (Pers,:Fr) M.Bon 1986, in realtà non sono brina, bensì i residui del velo universale che ricopre il fungo alla nascita e che vi rimangono fino alla morte; ma guardando in profondità l’immagine, sul cappello del fungo sovrastante vi possiamo scorgere anche piccoli grani di brina.
Nel caso invece di questa esuberante crescita del fungo Schizophyllum commune Fr.:Fr.1815 (foto 11), la brina si distribuisce talmente tanto sia sul legno infestato, ove crea una patina ampia e compatta, sia sui funghi , al punto che diversi esemplari ne appaiono totalmente avvolti; essa invece è solitamente presente, nella veste invernale del fungo, sul cappello feltrato, i cui peli appaiono proprio come degli aghi di brina.
Il finale a sorpresa (foto 12) è un ritorno alle origini. Avevo detto inizialmente che la brina deriva dal vapore acqueo per condensazione solida a temperature inferiori allo zero. In quest’immagine avviene esattamente il contrario. Il forte irraggiamento delle cataste legnose dove la brina si è ampiamente distribuita, coincidente con un aumento delle temperature, determina il passaggio diretto della brina dallo stato solido a quello gassoso, sotto forma di nuvolette simili alla nebbia che si elevano al di sopra del legname e che farebbero anche pensare a del fumo che si libera dalla combustione del legno.
La grande evaporazione (foto 13) produce un effetto surreale, fantastico, per le ampie e indefinite formazioni gassose che si alzano nel cielo, di fronte alle cataste legnose ove la brina, tipicamente aghiforme, è ancora ampiamente presente.
Non rimane che sostare a contemplare questo fenomeno non facile a vedersi, e in effetti non ero l’unico a soffermarmi su queste impreviste nuvolette col proprio obiettivo fotografico, ringraziando la natura per quanto anche in questa occasione mi aveva permesso di vedere.
Tutte le foto sono del 20 gennaio 2024 salvo quella della Potentilla che è del 22 gennaio scorso.
Stefano Araldi
6 risposte
Bravo bravo complimenti per l’articolo
Farle i complimenti dottor Araldi, è semplicemente inadeguato. Stupore profondo e crescente ammirazione è quanto ho provato man nano che procedevo nella lettura. Mi è sembrato di addentrarmi in una realtà fatta non solo di nuove conoscenze ma anche di avvolgente poesia… Davvero bravo!
Questo bel articolo sulla formazione della brina e come questa ricama le bellezze naturali, mi fa ricordare una mia poesia scritta in una giornata invernale di qualche anno fa. Sperando che l’autore di questo interessante articolo non si offenda mi piacerebbe condividere con voi.
INVERNO
Guardo con stupore
i magici disegni e giochi
del ghiaccio
sul vetro della mia auto.
15 chilometri mi aspettano.
Devo andare è tardi.
Sono imbottigliata nel traffico cittadino.
In un secondo posso ancora ammirare
i ricami della brina sugli alberi.
Anche l’inverno ci regala un attimo
di calore nel cuore.
“anche l inverno regala attimi di calore”brava. Tutt’altro che offeso, anzi i contributi che arricchiscono il contenuto, sono i benvenuti
Anche questa volta il dottor Araldi conquista con la sua competenza e la precisione. Le sue conoscenze sono ampie e approfondite e il corredo delle immagini autoprodotte sono un valore aggiunto, testimonianza di una passione vera. Chi ama la natura e si sente un sincero ambientalista, non solo di nome, ma anche di fatto, non può non sentirsi coinvolto. Gli esperti, a volte, sono più vicini di quanto non si pensi. Ma, si sa, nemo propheta in patria. Anche se bisogna ammettere, purtroppo, che argomenti che trattano di ambiente interessano spesso solo a parole, anche quando a trattarli sono esperti ad altissimo livello: vengono di fatto snobbati anche da chi si dichiara interessato e impegnato.
Articolo molto bello; complimenti all’autore per la sensibilità e profonda capacità di cogliere nella natura forme, colori suggestivi che talvolta possono passare inosservati.