Alla luce dei recenti provvedimenti governativi sulla necessità di green pass per l’accesso ad alcune rivendite di prodotti e sulla differenza tra generi di prima (e seconda e terza..) necessità, una questione di importanza capitale è a quale categoria di prodotto debba venire ascritto l’assorbente, termine che tuttavia può assumere la valenza sia di aggettivo che di sostantivo. Anche perché nella seconda accezione può ulteriormente venire classificato come elemento per uso esterno oppure per utilizzo interno. Dato per scontato che nell’epoca di Internet e delle penne a sfera il ruolo della carta assorbente è divenuto del tutto marginale e quindi, al di là del fatto che fabbricanti e venditori di carta assorbente hanno pagato un prezzo altissimo a seguito dell’evoluzione dei metodi di scrittura (senza peraltro aver avuto goduto di alcun bonus), resta da stabilire se, nel caso di sversamenti industriali o domestici, l’acquisto e utilizzo di materiale assorbente debbano venire considerati una necessità di primaria importanza oppure rimandabili ad un’epoca post-pandemica.
Se per l’acquisto di segatura, un assorbente di impiego comune, è possibilmente richiesto il super green pass, pare possibile una norma meno restrittiva per quanto riguarda altri articoli assorbenti, quali bende, cerotti e garze, attualmente catalogati nella categoria ‘prodotti assorbenti per la persona’ (PAP) che, secondo alcuni costituzionalisti, potrebbe rappresentare una sub-definizione di ‘articoli igienico-sanitari’ e quindi acquistabili senza particolari obblighi. Rimane però grande l’incertezza nella classificazione di altri generi assorbenti di prima (o seconda?) necessità, in primis i prodotti salva-slip, per i quali sono ormai indifferibili una presa di coscienza collettiva ed un auspicato approfondimento legislativo. Va inoltre considerato che anche il tamponamento di una ferita rappresenta un’azione assorbente (esterna) e quindi, nel dubbio di una precisa classificazione merceologica e nelle incertezze interpretative, pare opportuno rivalutare il ricorso alle antiche pezze di tessuto, ovviamente pulite, per evitare di incorrere in pesanti sanzioni.
Più difficile invece individuare metodi alternativi all’impiego di materiale assorbente per l’incontinenza maschile, tranne forse suggerire una raccolta di firme tra pensionati per la concessione di un bonus edilizio atto a recuperare l’antica e nobile tradizione del Vespasiano. Nel merito comunque si potrebbe sollecitare un ricorso alla giurisprudenza che, magari sulla base dell’art. 276 c.p.c. ‘per il principio della ragione liquida e sulla base di una questione assorbente’, potrebbe fornire elementi utili alla formulazione di altre e più articolate norme in grado di complicare ulteriormente la vita del normale cittadino.
In una situazione così ingarbugliata ed in attesa di una ulteriore circolare esplicativa, c’è solo da augurarsi che il problema legato agli assorbenti non diventi il pretesto per generare l’ennesima ed insostenibile contrapposizione con i negazionisti dei raggruppamenti no-tampàx.
Octopus
Una risposta
Decisamente spassoso, anche se Octopus si è dimenticato di affrontare la delicata questione del glorioso pitale, più banalmente definito “vaso da notte” sul fondo dei modelli più spiritosi del quale era talvolta scritto l’augurio “Piscia chiaro e caca sodo”! Una sterminata disponibilità di tali preziosi oggetti fece la sua angosciosa, e forse simbolica, comparsa nell’episodio del romanzo breve “Gattopardo” che illustrava senza reticenze le modalità di svolgimento di un gran ballo ottocentesco. Ideata da Tomasi di Lampedusa, tale comparsa fu ripresa anche dal raffinatissimo Visconti nella versione cinematografica, constatazione che me la fece rivalutare.