Non chiedete che può fare il Comune per voi, ma che potete fare voi

28 Luglio 2024

«Non chiedete cosa può fare il vostro Paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese»: John Fitzgerald Kennedy, 20 gennaio 1961. Quell’anno Nico Fidenco centrava la canzone della vita. Legata ad un granello di sabbia diventava una hit.  «Ti voglio cullare, cullare posandoti su un’onda del mare» e il riferimento non erano i barconi degli immigrati, a quei tempi sconosciuti. Ugo Tognazzi interpretava Il Federale con professor Bonafé che lo ammoniva: «Non dica sempre frasi fatte, pensi con la sua testa, cerchi di essere libero». 

Difficile allora immaginare l’omologazione attuale e la caduta del muro di Berlino. Il dissolversi delle ideologie. Il rischio del pensiero unico e l’azzeramento di quello critico.   La fluidità e lo spappolamento dei cervelli.

Nel 1961 Raniero Panzeri, fondava Quaderni Rossi, rivista interessata alla nuova classe operaia delle grandi aziende del nord.   Tra i collaboratori Romano Alquati, istriano di nascita, attivista politico e studioso, Cremona nel suo curriculum. 

Oggi quegli operai sono quasi scomparsi.  Rimangono i problemi. Diversi, più complessi. Cipputi non indossa più la tuta blu. Istruito e meno sindacalizzato, quando s’incazza lo fa con gentilezza.  Protesta con la sordina.   

«Si minaccia lo sciopero generale». «Ok Stavazzi facciamogli vedere chi eravamo». E bravo Cipputi, risposta esatta. 

I politici di allora si preoccupavano del bene comune e del proprio orticello. Oggi del proprio orticello e qualche volta del bene comune. La fedeltà al partito non è più una virtù. Non lo è mai stata, ma faceva notizia cambiare casacca. Oggi è acqua fresca. Va dove ti porta il cuore e lo scranno è assicurato.  Palline da flipper.

Negli anni Sessanta stampa e televisione erano autorevoli. Le fake news un’onta vergognosa che spediva alla gogna gli autori. Oggi sono pane quotidiano. Poco poco sono medaglia al valore a chi la spara più grossa.

Mark Zuckerberg, l’apripista dei social non era ancora nato. Ora controlla il più grande sfogatoio globale, che è anche tribunale della Rete.  Tribunale che istruisce processi sommari e produce sentenze inappellabili. Tribunale e icona della dittatura digitale.  

Nel 1961 in America nasceva Barak Obama. In Italia Daniela Santanchè.  Entrambi ancora sulla breccia. Il primo è il kingmaker dei democratici yankee.  La seconda è molto meno. Con buona pace dei cremonesi che l’hanno votata.

La società del 1961 è scomparsa. Ha lascito pochi eredi e una democrazia meno democratica (Giuseppe Pigoli, Vittorianozanolli.it, 24 luglio).

John Kennedy fu ucciso a Dallas nel novembre 1963.  Quell’esortazione, pronunciata durante il discorso del suo insediamento a presidente degli Stati Uniti, mantiene integra la sua forza. È ancora fresca di giornata. Anzi è più necessaria ora che 63 anni fa.  Indispensabile, cogente.

La spending review del governo sulla spesa corrente degli enti locali è una buona occasione per riprendere l’invito di JFK. Per adattarlo, con un notevole eccesso di presunzione, alla prima linea di casa nostra. Alla trincea. All’avamposto. Ai Comuni.

«Non chiedete cosa può fare il vostro Comune per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro comune».

La sforbiciata ai finanziamenti per la gestione ordinaria delle amministrazioni locali impone, nelle piccole realtà, una maggiore collaborazione dei cittadini.  Un aiuto che potrebbe produrre la differenza e rendere meno esiziale l’accetta romana.  E per aiuto non s’intende solo volontariato. 

Aiuto è tolleranza per fisiologici disagi. È conoscenza sulle specifiche competenze delle istituzioni, sui meccanismi e tempi tecnici per la realizzazione gli interventi. 

È sforzo per non scambiare i Comuni per bancomat. Nemmeno per carte di credito platinum.  Neanche per istituti di beneficenza. 

È distinzione tra pubblico e privato, tra assistenza e assistenzialismo. È presa d’atto che spese e servizi comunali vengono pagati dai cittadini. 

Sollecitare e pretendere che i pubblici amministratori svolgano il proprio compito con la massima efficienza e celerità è un diritto. Criticare le inadempienze e segnalarle è un dovere.  Tirare il sasso e ritirare la mano, sparare nel mucchio per sentito dire è pusillanimità.

Accusare senza essersi documentati sulla fondatezza delle contestazioni mosse è il celebre venticello del Barbiere di Siviglia. 

Sbagliare bersaglio per ignoranza è superficialità. Guardare il dito e non la luna è miopia. Imputare agli amministratori di non porre freno alla maleducazione e all’inciviltà di pochi cittadini può essere uno stimolo e diventare un obiettivo per i pubblici amministratori.

Pretendere di modificare i comportamenti di coglioni che scambiano i cestini dei rifiuti per una discarica è missione quasi impossibile. Incidere sulle abitudini dei loro gemelli che non raccolgono la cacca del proprio cane non è stato ancora previsto neppure nei romanzi di fantascienza. Ingegneria genetica e intelligenza artificiale non possono aiutare.

Totò direbbe bazzecole, quisquilie, pinzillacchere. Come dargli torto? I problemi veri sono altri. Certo, ma, per gli amministratori pubblici locali anche questi.

Forrest Gump ha insegnato che il mondo si cambia dalle piccole cose. Lucio Dalla ha sottolineato che l’impresa eccezionale è essere normale.  La versione riveduta e corretta, dello strico invito di JFK, quella minimalista e non autorizzata dagli eredi recita: «Non chiedete cosa può fare il vostro Comune per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Comune». Perché non provarci? 

 

Antonio Grassi

3 risposte

  1. Scambiare per il dito, il far rilevare presunti ” errori ” di comunicazione il cui primo effetto è confondere le idee al popolo e suscitare forti perplessita dì coerenza e credibilità, e quindi per farli passare sotto silenzio, è molto peggio che miopia. Qualcuno potrebbe interpretarlo come malafede. E poi suscita un indiscutibile interrogativo. Cos’è il dito e cos’è la luna? Meglio ancora qual è la vera luna? Ma l’importante lei dice è non omologarsi, anche se le battaglie sembrano sacrosante. L’importante non rinunciare ad usare il proprio cervello che su un tema recentemente trattato ha visto la convergenza libera autonoma e contemporanea di diversi pensatori sulla stessa obiezione, chissà perché se l’è mai chiesto? A guardare quello che per lei e per qualcun altro potrebbe sembrare il dito e non la luna; e infine se lo scopo è la luna, la si presenti con meno ambiguità possibili, se si vuole apparire più convincenti. Non è che se il fine è sacrosanto ogni mezzo è lecito, ammesso che il fine vero o quantomeno l’unico, sia quello che ci presentano come luna.

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