Gentile Direttore, opporsi al progetto nuovo ospedale di Cremona non è amare il vintage ma saper guardare oltre lo specchietto per allodole firmato Cucinella, dietro al quale c’è il ‘Piano Lombardia’ che punta a ri dimensionare l’assistenza ospedaliera scaricandola su un territorio sguarnito di strutture, territorio che non potrà che invocare come manna dal cielo la mano privata.
Chi guarda con fiducia alla sanità privata e obietta “Poco male se il privato sa curare” non trascuri i troppi alert che ci veicola la stampa.
Il Molise ci offre un esempio del rapporto che si profila tra pubblico e privato per supplire alla mancata im plementazione di case, ospedali di comunità, Cot, diciamo un’anticipazione di quello che vedremo a breve anche qui. Chi dimesso dal pronto soccorso non trova posto nell’ospedale di Campobasso sarà trasferito in una clinica privata ma solo a quadro clinico stabilizzato, per alcune patologie, su 5 posti con rigido calendario e con trasferimenti a spese ASST (Cronachemaceratesi 02/03/24).
Tutto questo ancora in regime di convenzione, ma per quanto? E perchè non dotare invece l’ospedale di 5 posti letto in più? Finora c’era certezza che, pur avanzando il privato, il Pronto Soccorso restasse roccaforte del pubblico, ma il vento è cambiato. Se Schillaci dichiara “Non è vero che chiudiamo i pronto soccorso” (QS 02/03/24), di fatto anche questo settore cede in parte al privato. Sono realtà i Pronto Soccorso privati a 150 euro a prestazione (e sami esclusi) riservati a urgenze ‘minori’, per cui a breve serviranno corsi di autovalutazione per scegliere nell’emergenza il Pronto Soccorso giusto, quello pubblico doc o il succedaneo surrogato cash. Ma se il Pronto Soccorso pubblico sopravviverà alla privatizzazione avanzante perché il privato non lo trova appetibile, cosa succede se ai privati non conviene più la convenzione?
Su ‘Cronachemaceratesi’ (29/02/24) gli enti privati dichiarano non più conveniente il regime di convenzione visti i tagli ai rimborsi per le prestazioni di dermatologia, laboratorio analisi, risonanza e per gli interventi di cataratta remunerati ora 800 euro, 1/3 dell’importo di 20 anni fa. Così non si fanno gli interventi richiesti e si affollano le liste di attesa del pubblico, oppure si fanno, ma cash, a 1400 euro.
Padre V. Bepper, presidente delle strutture gestite da enti clericali (QuiFinanza 28/02/24) è netto: “E’ un disastro per i pazienti, le liste di attesa raddoppieranno” e pure Federlab bolla la politica tariffaria legata ai nuovi Lea (con tagli ai rimborsi fino al -70% per i laboratori di analisi) come “la fine dell’assistenza sanitaria accessibile a tutti” (Unione Sarda 08/02/24). I tagli sono legge dal 1°aprile 2024.
E nelle more di queste notizie troviamo anche le ragioni del cronico problema delle liste d’attesa: il pubblico non ha personale, il privato non ha convenienza.
Dunque scaricare sul territorio non attrezzato importanti volumi di assistenza sanitaria e insieme rimodulare al ribasso i rimborsi per le prestazioni in convenzione vuol dire candidare l’utente a pagarsi le cure. E’ ridurre al minimo le prestazioni in capo al SSN a favore del comparto privato, non quello convenzionato ma il privato puro modello USA. Urge allora riorganizzare la Sanità pubblica (‘tagliata’ di 37 miliardi in 10 anni), ricollocarla al centro del sistema dei finanziamenti a difesa del principio (e conquista) della salute come bene pubblico e, insieme, ridefinire le regole di accreditamento dei privati attraverso procedure agonistiche a copertura delle necessità del SSN.
Sta qui la Sanità 3.0 e non in progetti come quello del Nuovo Ospedale di Cremona, non necessario, costosamente ambizioso oltre che strumentalmente piegato a un obiettivo irricevibile, l’assist al business sanità che vede già attivi in Italia 300 fondi controllati da Compagnie di Assicurazione. Forti di benefici fiscali e libere da obblighi di deposito dei bilanci, le Assicurazioni puntano sui comparti più remunerativi della Sanità pubblica comprando ospedali per gestire direttamente l’assistenza e mettere le mani su quei 40 miliardi che sono la spesa annua degli italiani nel privato perché diventi definitiva e strutturale. Se paghi ti curi. Così a Foggia il S.Francesco apre a ‘ricoveri e visite in tempo reale a pagamento diretto’.
E quanto al progetto ospedale-parco, è saggio in un’Italia che non ha soldi per finanziare il SSN, pagato da tutti e nato per curare tutti, ‘regalare’ a pochi selezionati ‘portatori di interesse’ centinaia di milioni senza un’attenta valutazione, dati alla mano, dell’opzione riqualificazione del Maggiore? E’ dare un altro colpo al SSN ed è la ragione per cui va detto ‘no’ a un progetto orfano di un’istruttoria credibile.
Rosella Vacchelli
Gianluca Franzoni
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Un articolo efficace e convincente!