‘Il vero falsario ha una personalità, non è un copista o un imitatore, e si può prefiggere di imitare uno stile, non un’opera’
Vittorio Sgarbi
Al Mart di Rovereto fino al 20 febbraio 2022 è possibile visitare la mostra ‘Il falso nell’arte. Alceo Dossena e la scultura italiana del Rinascimento’ dedicata allo scultore cremonese Alceo Dossena, ‘autentico falsario’ che agli inizi del ‘900 fu al centro di uno scandalo internazionale. Le sue opere infatti furono in grado di trarre in inganno numerosi studiosi d’arte ed esperti che, a causa della eccellente qualità che le sculture in questione mostravano, le attribuirono senza esitazione ad importantissimi artisti dell’antichità classica, del Due-Trecento e del Rinascimento. Tra la fine del diciannovesimo e i primi decenni del ventesimo secolo si assiste da un lato alla nascita delle grandi collezioni internazionali e dall’altro a un profondo interesse per l’arte medioevale e rinascimentale, in particolar modo di area italiana. Lo stile del rinascimento toscano è molto amato dall’aristocrazia europea e ancor più dai ricchi americani, i cui enormi patrimoni finanziano massicce campagne di acquisti nel nostro Paese, alla ricerca di legittimazione culturale per le loro recenti fortune. La richiesta di opere antiche è tale da favorire l’immissione sul mercato antiquario di numerosi falsi, realizzati da abili artigiani eredi della tradizione italiana delle botteghe storiche. Tra essi spiccano tre artisti dalla straordinaria abilità tecnica: Giovanni Bastianini ( Camerata, Fiesole 1830-Firenze 1868 ), l’allievo di Dossena Gildo Pedrazzoni ( Parma 1902- Roma 1974) e Icilio Federico Joni ( Siena 1866- 1946) che nella sua autobiografia del 1932 si definì ‘ pittore di quadri antichi’. Lo scandalo che travolse Alceo Dossena partì dall’acquisto da parte di una facoltosa collezionista americana di uno spettacolare gruppo scultoreo composto da due statue erroneamente attribuite a Simone Martini, la cui paternità invece dopo anni di dispute tra autorevoli critici d’arte si rivelò essere dello scultore cremonese. Dal 1928 Dossena iniziò ad assumere ufficialmente la paternità dei suoi capolavori, che per anni furono in grado di ingannare l’occhio dei più, firmandoli e datandoli. Non copie, ma opere originali create nel rispetto delle tecniche e dello stile di artisti del passato. La sua abilità nel disegno, la velocità di esecuzione e dimestichezza con tutti i materiali scultorei, dalla creta al legno, dal gesso al marmo, gli consentivano anche di miscelare dettagli tratti da artisti diversi. Ciò che rende i suoi falsi così convincenti è anche la capacità di plasmare la materia nelle fasi di finitura conferendo alle sculture la ‘patina del tempo’. Nei suoi laboratori aveva ricavato delle vasche dove immergeva in soluzioni a base di varie sostanze coloranti sculture in marmo non ancora rifinite e lucidate, per favorire la penetrazione in profondità dello sporco. Dossena scaldava le pietre prima di metterle a bagno. La successiva levigatura e lucidatura eliminava la maggior parte dell’imbratto facendo emergere lo strato sottostante caratterizzato da una colorazione che ricordava gli effetti di secoli di sporco e fumo di candele. Rotture e mancanze tipiche della scultura antica venivano create ad arte sfregiando parti del volto o ricomponendo parti precedentemente spezzate.
Alceo Dossena nacque a Cremona nel 1878, figlio di un facchino e di una sarta, e fu costretto a lavorare fin da piccolo come scalpellino prima a Cremona e poi a Milano, dopo essere stato espulso dalla scuola d’arte ‘Ala Ponzone’, coltivando tuttavia nel contempo la sua passione per l’arte da autodidatta. Una Madonna col Bambino fu notata dal gioielliere Alberto Fasoli che la comprò per 100 lire, ritenendola in un primo momento rubata. Scoperta successivamente la verità, Fasoli garantì uno stipendio all’ignaro Dossena e iniziò a spacciare le sculture come autenticamente antiche sul mercato. Il disonesto Fasoli, insieme all’antiquario Pallesi, raggirò esperti, musei e appassionati ricavando notevoli cifre dalla vendita anche oltreoceano delle sculture di Dossena, che nel frattempo si era specializzato nell’imitazione di vari scultori del Medioevo, del Rinascimento, ma anche di sculture etrusche e greche. Dopo anni di truffe però l’artista sarebbe potuto diventare scomodo per chi l’aveva lungamente sfruttato, così si pensò di denunciarlo come antifascista. Grazie anche all’intercessione di Roberto Farinacci, Dossena uscì indenne dal processo, e sua volta denunciò Fasoli. La visibilità ottenuta a seguito delle vicissitudini giudiziarie portò alla luce il talento di Dossena che cominciò a ricevere importanti commissioni.
‘Ho inventato alla maniera dei grandi maestri, ma ho sempre inventato0, diceva Alceo Dossena per rivendicare l’autonomia e il prestigio della propria arte.
Alceo Dossena morì a Roma nel 1937.
Dal 2003 un’opera di Alceo Dossena è esposta nel Museo ‘Ala Ponzone’ di Cremona , sua città natale, grazie all’associazione Amici del Museo che l’hanno donata in ricordo del più grande ‘falsario’ che l’Italia abbia conosciuto. Si tratta di un tondo in terracotta raffigurante una Madonna col Bambino.
2 risposte
Bravissimo Vitto !!! Ineccepibile dal punto di vista dei contenuti e pregevole nella forma. Chapeau Diretùr!
Articolo pregevole e molto istruttivo perché molti non conoscono il personaggio e le sue opere. Anche per me chapeau!