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Operatore socio sanitario, 1.014 domande per 5 posti

29 Maggio 2023

Più di mille domande da tutta Italia per il maxiconcorso indetto dell’Asst di Cremona dedicato agli operatori socio sanitari. Cinque le assunzioni con effetto immediato, la graduatoria vale due anni.

Lunedì 29 maggio è la Giornata Nazionale dell’Operatore Socio-Sanitario, figura professionale insostituibile per la cura e l’assistenza alla persona negli ospedali e nelle strutture sanitarie territoriali. L’occasione offre l’opportunità di parlare del maxiconcorso, indetto dall’Asst di Cremona e appena concluso, per assumere nuovi Oss.  Al di là delle previsioni, sono state 1014 le domande arrivate da diverse parti d’Italia. Di queste circa 800 sono risultate idonee e i partecipanti ammessi alla fase finale della selezione sono stati poco più di 500. Oggi la graduatoria – che ha validità biennale – è composta da 377 professionisti: i primi cinque saranno assunti con effetto immediato.

CAMBIO DI STRATEGIA

«Il concorso si è rivelato altamente attrattivo ed è stato frutto di un grande lavoro svolto insieme alla direzione generale e alle risorse umane» afferma Alberto Silla, direttore Direzione Aziendale delle Professioni Socio-sanitarie. «Se da un lato la professione infermieristica sta raggiungendo livelli di specializzazione sempre più alti, dall’altro quella degli Oss si sta rivelando fondamentale all’interno delle équipe sanitarie e socio-sanitarie che stanno trovando nuovi equilibri organizzativi. Oggi l’operatore socio-sanitario è una figura strategica all’interno dei percorsi di cura, lavora in modo complementare con l’infermiere a favore dell’assistenza alla persona».

CRESCERE PROFESSIONISTI

Come spiega Miriam Mariani, dirigente del Polo ospedaliero, «La direzione aziendale delle Professioni Socio-sanitarie sta conducendo un’accurata analisi e revisione dei piani di lavoro dei professionisti. Partendo dal contesto attuale, mira all’inserimento di un numero consistente di Oss nelle équipe dei reparti che necessitano di una maggiore assistenza di base, come ad esempio la medicina internista. Questo processo è anche culturale: coinvolge direttamente gli infermieri, che restano i responsabili dell’assistenza, ma hanno la possibilità di costruire una nuova relazione professionale integrata con gli Oss. La prospettiva di crescita è ampia per entrambe le figure».

AL SERVIZIO DEL TERRITORIO

Gli operatori socio-sanitari sono tra le figure di riferimento delle nuove strutture che stanno nascendo sul territorio. «La coppia assistenziale infermiere-Oss diventa strategica per la gestione di Case di Comunità, Ospedali di Comunità e assistenza domiciliare integrata», commenta Gianmario Pedretti, dirigente del Polo territoriale. «L’auspicio è che le organizzazioni possano avvalersi di queste figure in modo sempre più efficace, attraverso percorsi di formazione e specializzazione funzionali a rispondere ai bisogni della popolazione, in particolare dei pazienti più fragili o interessati da patologie croniche».

“L’IMPORTANZA DI UNA CAREZZA”

Laura Girelli è operatore socio-sanitario all’Ospedale di Cremona. «Ho scelto questa professione quasi per caso – racconta – dopo il diploma di ragioneria ho fatto tanti lavori diversi, dall’impiegata all’operaia, ma in nessuno di questi trovavo soddisfazione. Nel 1996 ho iniziato a lavorare come ausiliaria nelle case di riposo, per poi essere assunta tramite concorso all’ospedale di Cremona, dove lavoro dal 2007». Attualmente Laura presta servizio in Chirurgia generale, dove assiste pazienti di ogni età: «Gestisco il postoperatorio per tanti tipi di intervento diversi, dall’appendicite ai tumori dello stomaco. Questa esperienza mi ha resa completa».

La motivazione più grande nasce dalla relazione con le persone che assiste: «Amo molto il mio lavoro. All’inizio è stato difficile avere a che fare con chi soffre e ha bisogno di aiuto, incontrare tante situazioni complesse fa riflettere su quanto sia importante essere in salute, su quanto siamo fortunati quando stiamo bene.  Il rispetto e l’ascolto sono fondamentali: ogni persona porta con sé un vissuto, bisogna trovare la giusta chiave, il giusto modo per relazionarsi».

Oltre al lavoro ospedaliero, Laura è docente per i corsi di formazione rivolti agli Operatori socio-sanitari, erogati da CrForma. «Ai miei allievi insegno i piccoli segreti imparati negli anni, ricordando che il rispetto e l’umiltà sono alla base di questo mestiere, così come imparare da chi lo fa con passione. C’è chi lo considera un lavoro semplice, che possono fare tutti, ma bisogna considerare che oltre alla componente fisica viene messo in gioco l’aspetto psicologico ed emotivo. È importante trovare la giusta motivazione per sé». Per Laura, è racchiusa in una carezza: «Sono convinta che fare del bene ci fa stare bene – afferma – Io la chiamo “carezzaterapia”. È qualcosa che rimane: lo vedo quando le persone mi ringraziano, o quando a distanza di tempo si ricordano di me, è una bella conferma».

“CHIAMIAMO I PAZIENTI PER NOME”

Luana Rossi è OSS nell’Area Chirurgica dell’Oglio Po. «Per dieci anni ho lavorato come ragioniera – racconta – mi piaceva, ero convinta fosse la mia strada. Poi la ditta in cui ero impiegata ha chiuso lasciandomi a casa con una bambina piccola. Avevo 31 anni ed ero alla ricerca di un lavoro: quando un’amica mi ha proposto di entrare in casa di risposo a San Giovanni in Croce come ausiliaria ho accettato, seppur con qualche riserva. Durante quella prima esperienza ho scoperto questa professione: mi ha appassionata così tanto che faccio questo lavoro da 31 anni. L’ho trasmessa anche a una delle mie due figlie, che ora fa l’infermiera».

Dal 2007 Luana lavora all’ospedale Oglio Po, dove è entrata tramite concorso. «Ho trascorso quindici anni in Medicina Generale – prosegue – All’inizio le difficoltà non mancano: l’esperienza è tutto, e l’affiancamento di chi lavora con te è un punto di riferimento importante, t’insegna sempre qualcosa». L’anno scorso, ha iniziato a lavorare nei reparti di Alta Intensità (Chirurgia, Ortopedia e Ginecologia): «Rimettersi in gioco a 61 anni è stata dura – afferma – ma ho visto tante cose che prima non conoscevo. Ho imparato a prendermi cura delle persone che devono entrare in sala operatoria, è un reparto che richiede responsabilità e concentrazione. C’è sempre qualcosa che possiamo portare con noi».

Per Luana, ciò che più conta è la possibilità di entrare in contatto con il paziente. «S’instaura un rapporto particolare – spiega – soprattutto nei reparti di lungodegenza. I pazienti non sono numeri: mi piace chiamarli per nome, per loro diventiamo un po’ come una famiglia. Questo è accaduto soprattutto durante la pandemia, quando la famiglia non poteva raggiungerli e gli operatori sanitari e socio-sanitari erano l’unico punto di contatto. Alcuni mi riconoscono ancora dal timbro di voce: questo mi dà molta soddisfazione, significa che non mi hanno dimenticata, ho lasciato qualcosa in queste persone».

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