Ma che fretta c’era? Nei giorni scorsi è stato annunciato il vincitore del progetto del nuovo ospedale. Enfasi e applausi. La proclamazione ufficiale è programmata per la fine di questo mese, «al termine delle necessarie verifiche sul possesso dei requisiti generali e speciali di cui all’art.3 del bando ai fini dell’aggiudicazione definitiva del presente concorso» (Cremonasera, 27 ottobre). La precisazione porta la firma di Maurizio Bracchi, direttore Dipartimento innovazione, sostenibilità e aree di sviluppo strategico dell’Asst. Nell’attesa dell’incoronazione del re, i media locali più vicini all’establishment si sono mobilitati. On fire e in grande spolvero non appaiono però una micidiale macchina da guerra. Non dispongono di F22 raptor. Neppure F16. Si arrabattano con i Macchi 205.
Non sono un esercito letale. Ma neanche l’armata resa famosa da un film di successo, anche se in alcune occasioni la ricordano. Qualche volta strappano un sorriso. Per sostenere e osannare l’ospedale nuovo si sono rivolti al mercatino dell’usato. Al vintage. Scovato un 45 giri del Quartetto Cetra, l’hanno sparato a palla a reti unificate. «Battiam, battiam le mani/ Arriva il direttore/ Battiam, battiam le mani/ All’uomo di valor/ Gettiamo tulipani/ E mazzolin di fior/ Cantiamo tutti in coro/ Evviva! Evviva!/ E una coppa d’oro/ doniamo al direttore».
Il quotidiano La Provincia ha pubblicato (4 novembre) un’intervista fiume a Mario Cucinella, (nella foto centrale) archistar e sovrano in pectore. «Cosa può anticipare del suo progetto?», chiede il giornalista. Il maestro, che è consapevole di non essere ancora arrivato a destinazione, ma percepisce già gli applausi, risponde: «Niente, mi spiace». L’intervistatore, bravo, insiste: «Proprio niente?». L’archistar, esempio di correttezza, precisa: «Queste sono le regole e sono obbligato a rispettarle: devo aspettare il 30». Tanto di cappello. L’intervista potrebbe finire qui, ma c’è la pagina da riempire. È un obbligo fare di necessità virtù. Un po’ di domande e altrettante risposte non aggiungono una virgola a quanto già scritto e sentito in questi mesi.
Il nuovo ospedale è proiettato nel futuro. È il primo post pandemico. Sarà flessibile. Sarà modello per quelli successivi. Bla, bla, bla. La solita tiritera sentita tante volte nei mesi scorsi. Come sulla Curiera di Davide Van Des Sfros. E per coloro che hanno letto le 179 pagine del Documento di indirizzo della progettazione è quasi noia.
Ma non manca un cameo meritevole di un bravo: «Il covid ha mostrato la fragilità degli ospedali»
Cucinella non va oltre. Non spiega i motivi della Caporetto. Non illustra i rimedi adottati dalla politica per evitare il ripetersi di situazioni analoghe. Non affronta il nodo della sanità pubblica e privata. L’intervistatore non insiste sulla questione e l’argomento rimane in sospeso. Non era il tema del colloquio, quindi giusto così.
L’online Cremonaggi si è invece accontentato di pubblicare (4 novembre) lo stralcio di un’ampia intervista che si troverà su Mondo Padano nei prossimi giorni. Per chi non lo conoscesse, quest’ultimo è un settimanale di nicchia. Destinato a un’élite. È un prodotto per pochi, espressione che con tre parole sintetizza la favola della volpe e l’uva. Mondo Padano assomiglia un po’ alle micro formazioni politiche. Ammirevoli, testimoniano con orgoglio un’idea. Nel contempo non contano un cazzo.
Non c’è nulla di irregolare nell’annunciare il progetto vincitore con alcune settimane di anticipo dall’’imprimatur ufficiale. La comunicazione può essere considerata una proposta di aggiudicazione. Può essere classificata tra gli atti endoprocedimentali, cioè tra quelli preparatori alla decisione conclusiva. Non può essere impugnata da terzi.
Ma che fretta c’era? Perché informare urbi et orbi qualcosa di non definitivo? Habemus Papam. Non proprio. Un quasi Papa.
La prudenza, la delicatezza della questione, gli interessi in gioco, le ripercussioni sociali, la presenza sul territorio di un movimento di dissenso sull’operazione, avrebbero suggerito di procedere con maggiore cautela. Cosa ha determinato la fregola di appuntarsi la medaglietta in dirittura d’arrivo e non dopo avere tagliato il traguardo? La risposta non si trova nel vento. Ma tra i vertici dell’Asst e tra i politici che hanno pigiato sull’acceleratore.
A tutti gli altri rimangono le ipotesi. Le supposizioni. Niente di certo. La più semplice delle congetture è la convinzione che nessuno avrebbe sottilizzato sull’annuncio anticipato del vincitore. Si coniuga con la sottovalutazione e la leggerezza.
Un’altra è l’assuefazione al potere. Ogni scelta è giusta per postulato e ogni critica è becera. È affine all’arroganza.
Una terza è la sindrome dell’ispettore Callaghan. Per raggiungere l’obiettivo non si bada alla forma. Si accompagna all’onnipotenza. Produce risultati eccellenti. Nei film.
Poi c’è l’aspirazione di apporre il proprio sigillo sull’opera e passare alla storia. Non di Cremona, ma del mondo intero, come si evince da alcune dichiarazione dei patrocinatori del progetto. Affonda le radici nel narcisismo. Trova in Wanda Osiris la propria icona di riferimento. Un buon esempio è il Marchese del Grillo.
Nell’elenco non può mancare la sfida agli oppositori dell’ottava meraviglia del mondo e ai fautori del restyling dell’ospedale attuale. Muscoli e maschi alfa.
Da non scartare una dimostrazione di efficienza finalizzata a rassicurare sponsor politici e acquisire un bonus utile da spendere il mese prossimo. A fine dicembre termina infatti il mandato degli attuali direttori generali delle Asst lombarde. Potrebbero essere confermati nella sede attuale o trasferiti in altre. Un eventuale spostamento di quello di Cremona, significherebbe per lui mollare l’ottava meraviglia del mondo e abbandonare i sogni di gloria.
Da Milano giungono rumors sulla possibile nomina di un manager che si occupi esclusivamente della costruzione dell’ospedale delle meraviglie. Tra i candidati, si dice, figurerebbe anche il nostro Giuseppe Rossi. Se sono rose fioriranno.
Ma che fretta c’era?
Il nuovo ospedale è diventato un brand. Un prodotto da vendere. Marketing e pubbliche relazioni veicolano l’immagine di una struttura fantastica. Pizzicano le corde delle aspettative. Dello strabiliante. Dell’avanguardia. Della tecnologia che fa miracoli e sostituisce la Madonna. Delle diagnosi da fantascienza. Della digitalizzazione superstar.
Poi il life style tanto di moda. «La struttura ospedaliera e il Parco della Salute integrano servizi e spazi che promuovono uno stile di vita salutare, con attenzione alla nutrizione, all’esercizio fisico, all’interazione sociale, alla serenità e al rilascio dello stress» (Documento di indirizzo progettazione, pagina 42). Il paziente resta un po’ in ombra.
Questo è il futuro che viene prospettato. Ma l’apocalisse è oggi. È la sanità pubblica allo sfascio. È anche quella raccontata dal docufilm C’era una volta in Italia, Giacarta sta arrivando, in cartellone martedì 7 novembre alle 21, al cinema Chaplin. Su www.vittorianozanolli.it, 3 novembre la sinossi.
La sanità è pure il Movimento per la riqualificazione dell’ospedale di Cremona. Esce dal coro. Vicaria le lacune dei partiti, ritirati nella comfort zone del silenzio. Già, del silenzio assenso. Emuli di Ponzio Pilato. Anzi meglio. Gli apprendisti stregoni hanno superato il maestro.
«Che m’importa del partito? Io troverò abbastanza persone che si uniscano a me senza giurare sulla mia stessa bandiera» (Max Stirner, L’unico, pagina 246, Adelphi 1979, ma pubblicato la prima volta nel 1844).
Per chiudere una curiosità: quanto è costato a tutt’oggi l’operazione nuovo ospedale?
Non c’è fretta per la risposta.
Antonio Grassi
3 risposte
Non ho la cultura cinematografica di Grassi, né quella letteraria per produrre citazioni di alto livello. Mi limiterò a evocare Bennato: ” Quanta fretta, dove corri, dove vai? Lui è il gatto e io la volpe, siamo in società. Di noi ti puoi fidar…” E poi sappiamo com’è andata con il Pinocchio che si fa irretire. Politici, partiti, direttori generali che devono obbedire a chi li ha messi al loro posto, archistar di cui non si conosce il costo della superparcella (adeguata alla luminosità dell’astro, giustamente), vendono il loro prodotto. Non reparti, personale medico e infermieristico, attrezzature all’avanguardia, tecnologia. No, muri e wellness. Vorrà dire che invece di andare a fare un giro in uno dei numerosi centri commerciali di cui la città è stata dotata, la gente passerà la domenica all’ospedalino, ottava meraviglia del mondo. Giusto per tornare su un argomento che in questo blog ha avuto notevole rilevanza e che davvero dovrebbe interessare i cittadini tutti: il DEA di secondo livello ci sarà o no all’interno della struttura unica al mondo? Perché non se ne parla più dopo l’interrogazione in Regione del consigliere del Pd Matteo Piloni?
Non capisco perché esprimersi tanto ferocemente su Mondo Padano. Le altre testate storiche e più recenti, che decidono quali siano le notizie da rendere note e quali debbano essere modificate o censurate a seconda che i protagonisti siano amici o sostenitori, sono forse meglio? Speriamo che i cremonesi riconoscano la vera libertà di informazione.
Ha ragione, non sono meglio.