Il ridimensionamento della Terapia Intensiva Neonatale (TIN) dell’Ospedale di Cremona con la conseguente necessità di trasferimento dei neonati critici a Brescia, decisione imposta dalla regione anche a dispetto di una mobilitazione della popolazione cremonese e dei politici locali (a proposito: dove sono finiti?), ha avuto possibili ricadute sull’intera struttura ospedaliera, con un’annunciata riduzione del numero di donne ricoverate in Ostetricia per partorire. Non è infatti difficile pensare che qualsiasi gravida, a fronte di ecografie non necessariamente tranquillizzanti sullo stato di salute e di crescita del feto, sarebbe andata, potendo, direttamente a Brescia a partorire, evitando non solo la separazione con il proprio bambino, ma anche il rischio inutile di un trasferimento autostradale del neonato sino a Brescia.
Il dato di fatto è però che a Brescia non necessariamente l’assistenza durante e dopo il parto produce risultati migliori che a Cremona. Anzi. Lo dicono i dati ufficiali del Ministero della Salute e di Agenas, che rappresentano una realtà forse non conosciuta dai cremonesi: sembra proprio che partorire a Cremona sia assai più sicuro rispetto a quanto avviene a Brescia, si tratti di strutture pubbliche oppure private. I risultati relativi alle complicanze da parto naturale e cesareo dimostrano infatti che il ricovero in Ostetricia presso l’Ospedale di Cremona sia molto, molto meglio rispetto a realtà, pubbliche e private, forse troppo enfatizzate/mitizzare dall’opinione pubblica.
Oltre agli ottimi risultati in termini di assistenza ospedaliera dopo infarto e ictus, nettamente superiori rispetto ad altre strutture regionali, i dati dimostrano che a Cremona anche l’esito del percorso nascita è di ottimo livello e che quindi la “migrazione” in terra bresciana delle donne gravide non ha la minima ragione d’essere dal punto di vista degli esiti assistenziali.
A fronte di questi ottimi risultati e nell’ottica di riempire di contenuti l’annunciata costruzione di un nuovo edificio adibito ad ospedale in terra cremonese, sarebbe interessante se qualcuno si proponesse di riportare a casa la TIN, anch’essa un reparto in grado di fornire risultati assai migliori rispetto ad altre strutture analoghe, sia pubbliche che private.
In quest’ottica anche la recente nomina di un nuovo Direttore del Dipartimento Materno Infantile in sostituzione del Dottor Aldo Riccardi offre spunti di riflessione: per quanto la scelta avvenga su base esclusivamente fiduciaria e rientri nelle prerogative di ogni DG, la nuova nomina appare del tutto inattesa.
A fronte della riconosciuta elevata professionalità del nuovo nominato va detto che sotto la Direzione del Dott. Riccardi il 29 dicembre 2009 venne attribuita alla TIN la dignità di Struttura Complessa (nel nuovo POAS declassata a Struttura Semplice Dipartimentale) e che nel febbraio 2014 ne venne nominato tramite Concorso il Primario. È lecito pensare che a sfavore del dott. Riccardi abbia inoltre giocato la sua netta e pubblica presa di posizione a favore della TIN, posizione ribadita davanti ai rappresentanti regionali in una Aula Magna dell’Ospedale chiusa alla stampa.
Occorrerebbe quindi che il governo della sanità non fosse interpretato come una sorta di monarchia assoluta, senza alcun controllo e contrappeso da parte dei territori e dei loro rappresentanti, ribadendo la necessità di una politica sanitaria condivisa, basata su dati affidabili e sulle esigenze reali della popolazione.
Al i là di tutte le nomine, ben oltre gli equilibri politici e di rappresentanza e indipendentemente dal fatto che con la sanità c’è sempre qualcuno che ci guadagna, vale la pena forse di ricordare che tutti noi attendiamo il verosimile destino di finire in ospedale. Non si tratta di politica allora, si tratta di necessità. Anche da qui l’importanza del monitoraggio dei dati reali, della verifica delle professionalità e degli esiti di salute, del bisogno di controllo su una struttura il cui destino non può lasciare nessuno indifferente.
Carlo Poggiani
Pietro Cavalli
Una risposta
Molti tendono a dimenticare le varie battaglie.
Per ricordare quando molti cittadini avevano chiesto a regione Lombardia di non privarci dell’UTIN
In piazza, quel novembre, c’erano molte donne. C’erano anche due consiglieri comunali, un consigliere regionale, un sindaco (non quello di Cremona chiaramente) e alcuni giovani cittadini che se erano nati lo dovevano a 30 anni di eccellenza del reparto.
Volere è potere, ma solo per chi è nell’aula dei bottoni. Ridateci il nostro ospedale con i suoi reparti d’eccellenza, non vogliamo una nuova “scatola” con meno posti, vogliamo personale e macchinari… visto che ancora non si sa bene a cosa sono serviti tutti i soldi delle nostre donazioni generosamente dati durante il primo periodo di pandemia!