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Pandemia, caos totale unica certezza i profitti dell’industria farmaceutica

1 Luglio 2022

Faccio riferimento ad una lettera a firma Omicron apparsa su questo blog in data 9 marzo scorso (“Nuova emergenza: fuori i virologi, dentro i politologi”) nel tentativo di fare il punto sulla situazione covid attraverso le notizie più recenti pubblicate dalla stampa italiana. La pandemia sembra non essere più un tema di rilievo da quando la scena, nel febbraio scorso, è stata occupata dalle notizie che giungono dal fronte russo-ucraino; inoltre, la somministrazione mondiale di 12 miliardi di dosi di vaccino con il 61.4% della popolazione coperta da un ciclo vaccinale completo ha inesorabilmente ridotto l’interesse per la pandemia.

Come sostiene Omicron nella lettera del marzo scorso, la fine della pandemia avrebbe coinciso con il raggiungimento dell’obiettivo economico da parte delle multinazionali del farmaco. Ma, nonostante queste premesse, suscita curiosità ciò che ancora oggi appare sui giornali. Per esempio, qualche articolista si domanda perché, nonostante la terza dose, si rischia ancora il contagio (e, per chi ha già contratto il virus, il rischio di una reinfezione oggi è pari allo 8.4% rispetto al 2% con la variante delta); tant’è che da più parti (un po’ disordinatamente) si raccomanda una quarta dose per la popolazione over 60 e per i pazienti fragili, mentre per il resto della popolazione un’ipotetica quarta dose non sembrerebbe in grado di portare chiari vantaggi.

Rileggendo la lettera di Omicron apprendo che i coronavirus (cui appartiene il ceppo Sars-Cov-2) possiedono una particolare caratteristica, quella di produrre frequenti mutazioni geniche (quelle che i giornali chiamano varianti), sempre diverse e con diversa aggressività. Per quel che posso capire, la strategia della campagna vaccinale (peraltro
in corso di pandemia) era chiaro che non avrebbe portato al totale annientamento di questo virus (i virus sono apparsi sul nostro pianeta quasi 4 miliardi di anni fa, molto prima della nascita dell’uomo) ma avrebbe addolcito la sintomatologia nella popolazione malata con un decremento della mortalità. Nella lotta contro il virus l’obiettivo è di arrivare a un equilibrio epidemiologico, una sorta di armistizio fra le parti, dove il virus smette di mangiare perché non ha più appetito e perché si rende conto che, se lo facesse, presto finirebbe il suo pabulum col rischio di estinzione.

Con queste considerazioni, viene da domandarsi: ma se il vaccino tutt’ora in uso è stato allestito prima dell’insorgenza della variante omicron, come può essere efficace per le varianti successive? Che senso avrebbe, allora, una quarta dose con lo stesso vaccino? Leggo che Moderna e Pfizer, aziende leader nel settore vaccini, stanno sviluppando un vaccino cosiddetto “bivalente” efficace anche per le sottovarianti B4 e B5 di omicron. Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma si preoccupa per l’aumento vertiginoso dei contagi e dei decessi. Dice di attendere con entusiasmo la commercializzazione del nuovo vaccino “bivalente” dal momento che quello in uso presenta un’oggettiva perdita di efficacia soprattutto verso le infezioni (ndr, report del 28 giugno scorso). Omicron 5 ad oggi è la causa del 23% dei contagi con un sequenziamento nei casi studiati superiore al 50% e con scarsa attitudine ad essere contrastato dall’immunità anticorpale.

Di opinione opposta è Pierpaolo Sileri, sottosegretario al ministero della Salute, quando afferma che l’ondata dei contagi si spegnerà “dopo qualche settimana” (ndr, report del 27 giugno scorso). Quindi, a chi dare ragione? Aspettiamo con ansia il “nuovo” vaccino o
manteniamo in uso quello “vecchio” limitandoci ad osservare le raccomandazioni di Fabrizio Pregliasco, virologo universitario milanese, quando avverte di non abbassare la guardia mantenendo l’uso della mascherina nei luoghi affollati?

Nel corso dell’ultimo mese la stampa italiana ha riportato un altalenare di dati (Iss – Istituto Superiore della Sanità, Agenas – Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, Fiaso – Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere, ministero della Salute) in relazione al numero di contagi, tasso di occupazione dei posti letto ospedalieri, tasso di positività: si va dai 18.822 nuovi casi riportati il primo giugno fino ai 95.455 del 29 giugno scorso (dati CSSE, Center for Systems Science and Engineering della Johns Hopkins University) con una percentuale di positività a fine giugno pari al 26.4%; il tasso di occupazione dei posti letto ospedalieri all’inizio di giugno veniva descritto come “non allarmante” perché i pazienti contagiati presentavano una sintomatologia di tipo influenzale compatibile con il trattamento domiciliare. A fine giugno Fiaso registra invece un incremento del tasso di occupazione pari al 17.7%, dove ad incidere maggiormente sono i ricoveri nei reparti ordinari.

Gianni Rezza, Prevenzione ministero della Salute, sostiene che il virus stia diventando endemico con possibili “nuove frequenti ondate ma di limitata intensità”; il ritorno alla normalità è prossimo ma sarà necessario “un uso selettivo delle mascherine” e “adattare velocemente i vaccini alle varianti, anche velocizzando le approvazioni”. Al contrario, Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di Virologia, considera omicron 5 il virus “più contagioso al mondo” con gravi rischi per il prossimo autunno.

Questi i fatti: confusi e discordanti Alcune agenzie riportano dati sul numero di pazienti contagiati (spesso senza un confronto col
dato assoluto) o sul tasso di occupazione dei posti letto ospedalieri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive. Sono dati che cambiano con una certa velocità in senso migliorativo o peggiorativo nello spazio di pochi giorni impedendo una visione corretta della dimensione del
problema: un giorno ti pare che la buriana si stia allontanando, il giorno successivo torni nella depressione più profonda. La cosa mi ricorda le recenti notizie intorno all’acquisto del fuoriclasse del pallone, Angel Di Maria: un giorno più vicino alla Juventus, il giorno dopo promesso ad una squadra sudamericana. Cercando una spiegazione, la risposta più semplice potrebbe essere racchiusa in un difetto di lettura e di comunicazione per dati riferiti a più periodi di osservazione (vedi:https://www.ilfattoquotidiano.it/in edicola/articoli/2020/10/31/si-fa-presto-a-dire-esponenziale-come-si-leggono-i-dati-del-covid/5986402/); l’altra ipotesi, forse più verosimile, valuta le caratteristiche biologiche di questa nuova sottovariante omicron che ne accellera la diffusione grazie anche alle nuove regolatorie in tema di protezione individuale.

Ma il vero disordine lo si legge fra le dichiarazioni riportate di politici ed esperti riguardo alla campagna vaccinale. Mai come in quest’ultimo periodo, con l’inizio delle vacanze estive e la mascherina nel cassetto, la discussione è entrata nel vivo. In Italia (dati del maggio scorso) oltre 19 milioni di italiani non sono vaccinati o non hanno fatto la terza dose. Si stima un aumento dei contagi con le ferie estive, con l’arrivo di turisti dagli altri Paesi e con la circolazione di italiani all’estero. Motivo per il quale gli esperti, in modo pressoché unanime, consigliano la quarta dose nella popolazione over 60 e nei pazienti fragili. Fuori dal coro l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio Amato, che prospetta una quarta dose per gli over 80 da farsi subito allo scopo di mettere in sicurezza questa fetta di popolazione per il prossimo autunno.

Fermo restando che ciascuno deve sentirsi libero di affermare la propria verità, va però detto che le cose, quando contrastanti, creano confusione e paure. Il disordine sembra essere generato dall’assenza di coordinamento fra le notizie che arrivano dagli istituti di ricerca a carattere scientifico, dalle agenzie di statistica medica, dagli enti pubblici per il monitoraggio dei servizi sanitari regionali e dalle istituzioni dello Stato, il ministero della Salute e l’Istituto Superiore della Sanità. Contribuisce al disordine anche certo modo di fare giornalismo
pronto a riportare dati, notizie e dichiarazioni in contrasto fra loro, anche se riconosciute dalla ufficialità. Anche complottisti e negazionisti hanno contribuito a minare l’immagine delle istituzioni mettendo in crisi ogni genere di informazione ufficiale considerata ingannevole,
creando disordine anche all’interno della popolazione vaccinata. Nella disputa sulla organizzazione delle campagne vaccinali, sul numero di dosi per fascia d’età e sulla scelta del vaccino, non credo sia irragionevole immaginare un conflitto di interessi tra esperti della materia e le multinazionali del farmaco, che potrebbe spiegare la confusione tra terza e quarta dose, fasce d’età e tipologia del vaccino da utilizzare; quello cosiddetto “bivalente” potrebbe essere il capostipite di una lunga serie di nuovi prodotti aggiornati destinati a un precoce fallimento in relazione alle note frequenti mutazioni geniche che caratterizzano il virus Sars-Cov-2. Ma sembra che le multinazionali del farmaco non demordano nonostante la biologia dei coronavirus e l’impiego dei vaccini dedicati siano fatti ormai chiari anche ai non addetti ai lavori. I
guadagni delle principali industrie produttrici del vaccino covid sono tali da sconsigliare l’abbandono del business: al termine dello scorso anno Pfizer ha registrato un aumento in borsa del 79.3%, BioNTech del 720.8% e Moderna del 1033.8%.

In questo impeccabile volàno continueranno a inserirsi esperti nella materia, sia scienziati che politici. Anche la stampa farà la propria parte riportando agenzie non sempre accreditate, mentre quella scientifica continuerà a dimostrarsi prona – sicut pecus – all’industria del farmaco.

Fernando Cirillo

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