A partire dall’osservazione del limitato effetto dei mesi di lockdown del 2020 sull’inquinamento da particolato sottile in Pianura Padana, Fondazione Cariplo pubblicava lo stesso anno il bando di ricerca Data Science for Science and Society, proponendo a università e istituti di ricerca di esaminare a fondo gli effetti del prolungato blocco pandemico sulle dinamiche dell’inquinamento atmosferico.
Un dato a prima vista sorprendente quello delle polveri sottili durante il lockdown, visto lo stop a molte attività economiche e al traffico stradale. Spiegabile però alla luce del ruolo degli allevamenti intensivi, in attività anche durante il blocco pandemico, e fonte del 97% delle emissioni di ammoniaca (NH3), responsabile del cosiddetto ‘particolato secondario’. Il PM secondario, anziché provenire ad esempio direttamente da un tubo di scappamento, si forma direttamente nell’atmosfera a partire da gas inquinanti detti ‘precursori’, come appunto l’ammoniaca, oltre agli ossidi di zolfo e di azoto.
Alla chiamata di Fondazione Cariplo ha risposto tra gli altri il partenariato del progetto INHALE, formato da Università Bocconi, EIEE (l’Istituto Europeo di economia e ambiente, che promana da CMCC, il Centro euro Mediterraneo sul Cambiamento Climatico) e Legambiente Lombardia. Dopo quasi due anni di ricerche e analisi, presso la sede di Cariplo Factory di Milano sono stati presentati i risultati della ricerca, che si è concentrata sui fenomeni di trasporto legati alle correnti atmosferiche.
Le relazioni presentate hanno permesso di verificare come perfino nel centro città di Milano le emissioni di PM derivanti dall’agricoltura intensiva si combinino a quelle da traffico veicolare, con risultati pesanti quanto a cattiva qualità dell’aria. Le analisi svolte dai ricercatori EIEE hanno confermato che la riduzione dei livelli di polveri secondarie richiede un approccio su più fronti: i risultati migliori si ottengono riducendo sia gli inquinanti da traffico (NOx) che quelli derivanti da fonti agro-zootecniche (ammoniaca), e questo spiega i modesti benefici atmosferici misurati nel corso del lockdown.
La ricerca ha anche provato a simulare gli effetti sulla qualità dell’aria della variazione degli animali allevati, rilevando come ogni aumento, o riduzione, di un punto percentuale di capi allevati determini una variazione di pari entità della concentrazione di particolato sottile.
Particolarmente rilevanti sono poi gli episodi acuti di inquinamento di origine agricola, determinati dallo spandimento di liquami sui campi: disporre di strumenti di previsione per gestire questa pratica agronomica è importante per sfruttare al meglio le condizioni meteorologiche favorevoli alla dispersione degli inquinanti, e ridurre così i ‘picchi’ di concentrazione delle polveri sottili e i loro effetti sulla salute delle persone.
“La nostra ricerca contribuisce a chiarire il nesso forte tra intensità delle attività agro-zootecniche e qualità dell’aria – dichiara Lara Aleluia Reis di EIEE-CMCC, coordinatrice di ricerca del progetto INHALE – e invia un messaggio ai decisori politici: occorre ridurre le emissioni provenienti dagli allevamenti intensivi, attraverso l’impiego generalizzato di buone pratiche nella gestione dei liquami zootecnici e dei fertilizzanti, e la riduzione dell’intensità di allevamento, che in Lombardia è tra le più alte in Europa. Allo stesso tempo, bisogna continuare a ridurre le emissioni da tutte le fonti, in particolare dal trasporto su gomma. Non esiste una chiave magica per chiudere il rubinetto dell’inquinamento, ma un insieme di politiche che abbraccino tutti i settori emissivi.”
L’evento conclusivo del progetto di ricerca INHALE è stato anche l’occasione per invitare tutti gli altri gruppi di ricerca a presentare e discutere i loro risultati: tra gli altri, sono stati presentati i dati dei progetti D.DUST (Politecnico di Milano, Fondazione Politecnico di Milano, Università degli Studi dell’Insubria), Agrimonia (Università di Bergamo, Leibniz University Hannover, Università degli Studi Milano-Bicocca, Università degli Studi di Torino), AgriAir (Università di Brescia, Politecnico di Milano, Università di Urbino e AmbienteParco). Complessivamente decine di ricercatori di diverse istituzioni di ricerca, grazie al bando di Fondazione Cariplo, hanno potuto affrontare il tema da diverse angolazioni e specializzazioni, arrivando a conclusioni convergenti circa il ruolo degli allevamenti intensivi nella qualità dell’aria.