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PFAS nelle acque in bottiglia? Mineracqua smentisce

26 Febbraio 2025

Mi permetto di segnalare alcune inesattezze su quanto riportato da Lorenzo Baio, citato da Vittoriano Zanolli.

Innanzitutto, l’immagine romantica richiamata dalla sua frase “acque immesse negli acquedotti a scopo di consumo umano” cozza con la realtà descritta dalla normativa nazionale:

L’articolo 79 del D.lgs. 152/2006 definisce infatti come “acque a specifica destinazione funzionale: a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile”. Le acque per il consumo umano sono infatti il prodotto finale di un processo tecnologico di trattamento di acque dolci superficiali; tale approvvigionamento può avvenire anche da falde sotterranee. La presenza rilevante di PFAS nelle acque per il consumo umano, pertanto, deriva da una contaminazione originaria delle acque dolci ambientali (fiumi, laghi, falde) che gli impianti tecnologici di potabilizzazione non sono in grado di rimuovere (del tutto o in parte).

La richiesta avanzata, poi, da Lorenzo Baio “ai gestori delle reti idropotabili di darsi degli standard di qualità che vadano ben oltre il rispetto dei requisiti normativi,” poiché “da un lato è fondamentale mantenere un elevato livello di fiducia da parte degli utenti del servizio idrico e dall’altro è abbastanza facile prevedere che i limiti normativi europei verranno rivisti al ribasso, e rispetto a questa evenienza davvero non è il caso di farsi trovare impreparati”, appare utopica per non dire campata in aria. È evidente che gli impianti di potabilizzazione non siano in grado di fermare i PFAS, che bypassano il trattamento e arrivano fino ai nostri rubinetti. Su che basi può Lorenzo Baio ritenere che il fatto di darsi degli standard di qualità possa azionare una bacchetta magica e trasformare gli attuali potabilizzatori in impianti anti-PFAS? Conosce i costi e le tempistiche necessarie per una tale rivoluzione in tutto il territorio nazionale? Ha anche idea dell’enorme quantità di rifiuti speciali pericolosi che deriverebbero dal trattenimento dei PFAS su appositi filtri?

Anche la sua visione “personale” del rapporto PAN Europe che afferma testualmente: “The average TFA contamination in mineral and spring water was significantly lower than in tap water” andrebbe corretta perché significa che, nelle acque minerali risultate positive, i PFAS presenti sono molto più bassi che nelle acque potabili. Quando Baio auspica che “le acque in bottiglia offrano almeno le stesse garanzie delle acque immesse negli acquedotti a scopo di consumo umano” dice il contrario della realtà: da un punto di vista tossicologico le acque minerali sono molto più sicure di quelle potabili, perché contengono molti meno PFAS! Anzi, se cuciniamo alimenti che assorbono e/o incorporano acqua (pasta, riso, pane, minestrone,) il rischio aumenta sensibilmente. 

Se ci è consentita una “battuta”, consigliamo, quindi, a Lorenzo Baio, per onestà intellettuale, di suggerire ai consumatori di cucinare con acqua minerale e non del rubinetto!

Da ultimo, nel rapporto PAN Europe non risultano citate acque minerali italiane. 

 

Ettore Fortuna

Consigliere delegato vice presidente Mineracqua 

Allarme PFAS, in Italia acque in bottiglia non controllate

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