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Platina, l’anniversario (trascurato) della nascita

1 Aprile 2021

GRANDEZZA E MISERIA
Forse perché distratti dalla pandemia e dalle angustie del tempo presente, sta passando quasi sotto silenzio, da parte delle Istituzioni, l’anniversario della nascita di uno dei non molti personaggi cremonesi che hanno svolto, nel bene e nel male, un ruolo rilevante nella storia e nella cultura dell’Italia intera. Bartolomeo Sacchi nacque a Piadena, Platina in latino, da cui prese il soprannome secondo l’uso umanistico, nel 1421 (quasi sicuramente: lo sappiamo in via indiretta perché aveva sessant’anni nel 1481, quando morì). Della sua giovinezza si conosce poco: intraprese la carriera delle armi come mercenario, ma presto si trasferì a Mantova per avviarsi agli studi umanistici. Cominciò la sua carriera nel 1453 come precettore dei figli di Ludovico III Gonzaga, marchese di Mantova. A lui dedicò il primo scritto di cui abbiamo notizia: il Bartholomaei Platinensis Divi Ludovici marchionis Mantuae somnium, un’operetta sotto forma di dialogo in lode delle cure prestate da Ludovico nella trascrizione delle opere di Virgilio. Per quanto nel 1456 ottenesse dal duca di Milano Francesco Sforza – tramite l’intercessione della moglie di Ludovico – un salvacondotto per andare in Grecia a perfezionare le proprie conoscenze del greco antico e dell’antichità classica, mutò parere quando seppe che Giovanni Argiropulo, celebre umanista greco di orientamento platonico, sarebbe venuto a Firenze in qualità di docente di filosofia. Preferì quindi stabilirsi nella città toscana, per ascoltare le lezioni del celebre umanista, entrando così a far parte dell’ambiente culturale locale e stringendo amicizia con importanti umanisti quali Marsilio Ficino, Francesco Filelfo, Leon Battista Alberti, Giovanni Pico della Mirandola e molti altri. Divenne inoltre precettore presso la famiglia Medici pur legandosi alla famiglia Capponi, di parte repubblicana. Degli autori antichi predilesse in particolare Virgilio, che studiò molto approfonditamente, curando tra l’altro una raccolta – perduta – dei modi di dire greci presenti nei testi dell’autore mantovano. A Ludovico III Gonzaga, cui rimase sempre legato anche da sincero affetto, spedì un codice delle Georgiche ed una copia miniata delle opere virgiliane, incitandolo a far erigere in Mantova un monumento al suo poeta più noto. Che il legame fosse reciproco, lo dimostra anche il fatto che fu il Platina a tenere, tanti anni dopo, nel 1478, l’orazione funebre per la morte di Ludovico Gonzaga.
Bartolomeo Sacchi non fu però solo un educatore e cortigiano, ma anche, fin dall’inizio, un attento studioso di letteratura e di tradizioni popolari, oltre che storico e, diremmo oggi, ‘organizzatore culturale’. Sul finire del 1461 si trasferì a Roma al servizio del giovane cardinale Francesco Gonzaga, in qualità di suo segretario. Divenne poi ‘Abbreviatore’ dei papi Pio II e Paolo II. Il Collegio degli Abbreviatori Apostolici (una settantina di uomini dotti incaricati di stendere i testi dei ‘brevi’ papali) era una corporazione assai potente nella Roma del tempo ed ‘infiltrata’ dalle nuove teorie umanistiche e di esaltazione dell’antichità classica. Paolo II decise di sciogliere il Collegio, preoccupato dal diffondersi di visioni pagane. L’incarico veniva di solito comprato ed il Platina aveva sborsato una cifra considerevole. Un po’ per questa ragione, un po’ per autentico amore della libertà di studiare ed apprezzare gli antichi, il Platina, con alcuni altri, reagì duramente ed ingenuamente, arrivando pubblicamente a minacciare il Papa di chiedere un Concilio. Venne imprigionato nell’ottobre del 1464 (rimase in carcere fino al gennaio successivo), con l’accusa di congiura contro il Papa, e, assieme ad altri Abbreviatori, di avere ideali pagani. Per il momento la cosa non ebbe gran seguito, se non il blocco della carriera. Più grave fu quanto avvenne qualche tempo dopo, nel 1467, quando il Platina venne coinvolto nella cosiddetta ‘Congiura di Pomponio Leto’. Pomponio Leto era un eruditissimo umanista, punto di riferimento dell’ Accademia Romana, cenacolo di studiosi innamorati dell’antichità classica. L’accusa era grave: eresia e complotto. Leto riuscì a sfuggire alla cattura, riparò a Venezia ma venne estradato a Roma e condannato. Molti aspetti di questa vicenda sono ancora oscuri. Fatto sta che il Platina venne subito arrestato e stavolta subì la tortura ed un più lungo periodo di detenzione (un anno). Sarà un caso, ma da allora (a parte l’aver ritratto in modo sfavorevole Paolo II nella biografia scritta un decennio dopo) fu sempre assai ligio alla volontà papale. Uscito definitivamente prosciolto dal processo all’inizio del 1469, vide salire le sue fortune sotto il papato di Sisto IV, che lo nominò nel 1478 direttore della Biblioteca Vaticana. Lo splendido dipinto di Melozzo da Forlì (nei Musei Vaticani) mostra il Papa proprio mentre lo nomina. In questo periodo il Platina scrisse il Liber de vita Christi ac omnium pontificum, una raccolta delle biografie dei pontefici vissuti sino ad allora. Secondo alcuni studiosi quest’opera può essere posta alla base, con poche altre, della moderna storiografia. Negli stessi anni pubblicò altre opere importanti, che qui solo citiamo: il De principe, il De vera nobilitate e il De falso et vero et bono. Il suo lavoro più noto resta un breve trattato di gastronomia, il De honesta voluptate et valetudine. Il De honesta voluptate et valetudine fu stampato una prima volta a Roma nel 1474 anonimo e subito dopo, nel 1475, a Venezia con indicazione di autore e note tipografiche. In quest’opera, il Platina trascrive in latino tutte le ricette (originariamente scritte in lingua volgare) di Maestro Martino, il più celebre cuoco del XV secolo, di cui il Platina loda l’inventiva, il talento, la cultura. Il Platina ‘condisce’ le ricette con analisi sulla gastronomia, con consigli sulla dieta, sul valore del cosiddetto ‘cibo del territorio’ e persino sull’utilità di una regolare attività fisica. Il Platina svolse poi un ruolo importante nella Curia pontificia dal 1475 al 1481, anno della sua morte, il 21 settembre. Bartolomeo Sacchi, purtroppo, è stato protagonista in quegli anni di una tragica vicenda: è stato il capofila in Vaticano di una ‘cordata’ particolarmente ostile agli ebrei. Difese il Vescovo di Trento, che aveva fatto condannare l’intera comunità ebraica di quella città per un omicidio mai commesso (di un bambino, Simone, poi santificato con il nome di S.Simonino; solo all’epoca del Concilio Vaticano II l’intera vicenda è stata rivista dalla Chiesa). Scrisse un trattato contro gli ebrei, che non ci è pervenuto. Ma dal ‘Contra Platinam’, giunto fino a noi, di Battista de’ Giudici, ostile al Vescovo di Trento e favorevole agli ebrei, sappiamo che era un compendio di tutte le posizioni antigiudaiche presenti nella cultura del tempo, dall’accusa di deicidio a quella di riti sacrificali, dal reato di usura alla riaffermazione del concetto di ‘servitus perpetua’ (in base al quale gli ebrei non avevano nemmeno il diritto di costituirsi in giudizio).
Questa vicenda ci porta ad almeno due considerazioni conclusive: la prima, che non è tutto oro quel che luccica e che qualche domanda sulla complessità dell’Umanesimo è giusto porsela; la seconda, che nella Chiesa in quegli anni vi fu un duro scontro sulla questione ebraica. A conforto dei cremonesi ostili all’intolleranza sta il fatto che, in Vaticano, vi era in quegli anni a difendere gli ebrei un altro cremonese ‘acquisito’: il Beato Amadeo, fondatore dell’Ordine degli Amadeiti.
Gian Carlo Corada

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