La morsa dello smog, certificata dai rilievi delle centraline ARPA, sembra non interessare nessuno, così come più in generale l’inquinamento dell’aria della nostra provincia. Forse anche alla luce dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Epidemiologico ATS sulle polveri sottili (particolato fine: PM 2,5) nel Cremonese, secondo la quale siamo davanti a “dati rassicuranti” e che “fanno ben sperare” visto che nel corso degli ultimi dieci anni sia l’inquinamento che la mortalità ad esso correlata appaiono essersi ridotti progressivamente. Eppure, ma questo non lo dice nessuno, da noi si muore per tumore polmonare da quattro a sei volte (forse anche di più per le femmine) rispetto alla media italiana. Se poi consideriamo che a Crotta d’Adda la mortalità per tumore del polmone degli ultimi 5 anni è quadruplicata rispetto agli anni precedenti, mentre a Cremona è rimasta stabile, viene la voglia di capire anche perché a Spinadesco e Gerre de’ Caprioli negli ultimi anni si muore il doppio rispetto a prima, mentre a Bonemerse si muore solo un po’ di più. Difficile quindi comprendere i risultati della ricerca, laddove si dimostra contemporaneamente che nei Comuni sedi di insediamenti industriali (definiti “Comuni limitrofi”) la mortalità per malattie respiratorie è la metà rispetto al resto del Distretto, e però si muore ogni anno sempre di più per gli stessi motivi.
A questo punto le cose si complicano ulteriormente quando, dopo i dati generali, l’analisi ATS prende in considerazione esclusivamente la mortalità attribuita alle polveri sottili (PM 2,5) che non mostra una grande differenza tra città e campagna, visto che si muore in generale allo stesso modo in centro Cremona e nelle frazioni più isolate della pianura cremonese. Tuttavia se ancora una volta ci si concentra sulle malattie polmonari, si scoprono elementi molto interessanti. Ad esempio pare proprio che abitare in città sia molto più pericoloso che abitare nei paesi e soprattutto che vivere nei cosiddetti paesi “limitrofi” a ridosso degli insediamenti produttivi (Bonemerse, Crotta d’Adda, Gerre deì Caprioli, Sesto ed Uniti, Spinadesco), costituisca un grande vantaggio in termini di salute. A differenza di quanto si ritiene comunemente e contrariamente a quanto dichiarato nei dati generali, lo studio epidemiologico dimostrerebbe che abitare in queste ultime località comporta un rischio assai minore di morire per malattie polmonari (tumori compresi). Addirittura in questi Comuni la percentuale dei decessi per malattie polmonari da PM 2,5 è circa la metà rispetto a città e campagna, un’ottima notizia per quanti abitano nei pressi degli insediamenti industriali. Forse una spiegazione dipende dal fatto che l’analisi ATS si limita alle polveri sottili e sembra lasciare tutto il resto (O3, NO2, CO, SO2, PM10 e altro ancora) ad ulteriori studi, dei quali nessuno sembra comprendere l’urgenza. Sulla base di questi dati un attento osservatore potrebbe arrivare a pensare che in fondo, come l’esperienza insegna, i risultati complessivi li scopriremo solo vivendo (o morendo di tumore).
Degne di nota le conclusioni della ricerca, laddove non viene taciuta, come troppo spesso capita, l’importanza delle polveri del deserto africano nella genesi dell’inquinamento da PM 2,5 della pianura padana, pur se la parte del leone la fanno il riscaldamento domestico e il traffico veicolare. Quindi in sintesi nel territorio cremonese la mortalità da polveri sottili non deriverebbe dall’inquinamento industriale, che anzi sembra proteggere i polmoni degli abitanti, ma dipende quasi esclusivamente dal traffico, dal riscaldamento, dagli allevamenti animali, dai sistemi agricoli (non meglio specificati). Conclusioni queste che meriterebbero qualche ulteriore riflessione: cosa c’entrano gli allevamenti con le polveri sottili se l’esposizione media a PM 2,5 è più o meno la stessa in città e nelle campagne? E ancora: perché i decessi per malattie polmonari attribuibili alle PM 2,5 sono più numerosi in città che in prossimità degli allevamenti?
Insomma, molti elementi sui quali riflettere.
Una risposta
La nostra è una città mortalmente bella. Mortalmente, chiaro?
Ma cosa bisogna fare perché la lista di lutti almeno rallenti e poi un giorno si interrompa e alla qualità della vita di cui si parla nelle statistiche si aggiunga l’aspettativa più che legittima di poter sperare di avere una vita sana?
Qui in realtà si muore come mosche, fra cumuli di parole.
Ma per insorgere bisogna proprio avere il morto in casa??
Come un docile e idiota gregge camminiamo incanalati nella quotidianità con fatalismo colpevole e incomprensibile, tipico di chi si sveglia solo quando è toccato di persona.
Non sappiamo neanche morire con dignità. Assistiamo alla morte di altri, ci riguarda poco, un necrologio e via.
Non combattiamo mai.
E moriamo prima, comunque.