Non è detto che un nuovo corso sia sempre migliore di quello lasciato. Prendete ad esempio la gestione del Teatro Ponchielli. Oltre a stendere un pietoso velo sulla vicenda dell’ex sovrintendete Angela Cauzzi, c’è ora da chiedere perdono ai ‘posteri’ per quell’incredibile débacle di comunicazione che pubblicizza l’incipiente edizione del Festival di Monteverdi. Dai manifesti, orgogliosamente appesi alle storiche mura del teatro Ponchielli, sono letteralmente scomparsi i vecchi ‘brand’ dell’istituzione rendendo il tutto banalmente senza identità. E’ come se il teatro ‘Alla Scala’ buttasse nel gabinetto lo stemma del comune di Milano di cui si fregia da almeno un centinaio di anni. Una riduzione all’anonimato visivo che è uno dei più grandi inciampi di qualsiasi istituzione pubblica o privata. Ma non è finita qui. Il nome del divin ‘Claudio’ appare sulle confezioni di alimenti che fanno bella mostra come una ‘natura morta’ sul foglio pubblicitario. Cattivissimo gusto. Nonché un grande boomerang per la narrazione che Cremona vuol dare di sé come ‘regina’ della produzione di cibo di ottima qualità e singolarità italiana. Le confezioni rappresentate infatti altro non sono che uno scimmiottamento di quelle usate dalle grandi catene di fast-food d’oltre oceano: dove il cibo è fenomeno di massificazione planetaria, l’esatto contrario del ‘mood’ cremonese. Un vecchio spot pubblicitario narrava di un fratacchione di nome Cimabue che faceva una cosa e ne sbagliava due. Che la musica di Monteverdi, almeno quella, salvi questa città.
Ghino di Tacco
2 risposte
D’altro canto lo scorso anno c’erano mucche e galline, e il sovrintendente vestito da fattore che in un video presentava la stagione.
È andato tutto in vacca, come si suol dire…
L’originalità nel comunicare deve tener conto della tradizione e rispetto dei personaggi che hanno fatto storia, non cercare di risolverla con colpi di genialità banali e nel caso del Teatro Amilcare Ponchielli anche esteticamente criticabili.