«I sindaci italiani sono pronti a fare la loro parte nell’accogliere le famiglie afgane Non c’è tempo da perdere». Così inizia il comunicato dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) del 17 agosto. Poi continua: «Il sindaco Matteo Biffoni, delegato Anci per l’Immigrazione, rappresenta l’impegno di tutti i sindaci italiani a far fronte alla grave crisi umanitaria che si sta consumando in queste ore».
Gli fa eco Mauro Guerra, presidente Anci Lombardia, «I Comuni lombardi sono pronti a fare la loro parte e si uniscono allo sforzo dei tanti Comuni italiani che in queste ore si sono detti pronti ad accogliere i civili che hanno collaborato con le nostre missioni in Afghanistan e i rifugiati che fuggono da quella terra» (Repubblica, 18 agosto).
Ancora: «I sindaci del Pd Milano Metropolitana e la vice sindaca della Città Metropolitana Arianna Censi, sposano questa linea» (Repubblica, 18 agosto).
«Afghanistan, i sindaci cremonesi: siamo pronti ad accogliervi a casa nostra» (La Provincia, 18 agosto). E sono Gianluca Galimberti, Stefania Bonaldi e Filippo Bongiovanni, rispettivamente sindaci di Cremona, Crema e Casalmaggiore.
La presa di posizione, encomiabile e frutto di una cultura attenta all’accoglienza e ai bisogni dei più deboli, assume una serie di significati di alto valore umano, sociale e politico.
Una dichiarazione di intenti che fa onore a coloro che l’hanno sostenuta e diffusa. Tanto di cappello. Non solo è condivisibile, ma meritevole di un sostegno convinto di tutti i soggetti ai quali è rivolta.
Precisato questo, per un’adesione, appunto, convinta all’iniziativa è necessario che qualcuno dei promotori risponda ad alcuni interrogativi. Domande elementari che, se trovano una risposta esauriente, evitano incomprensioni e quindi polemiche, in situazioni di questo tipo sempre fuori luogo.
I Comuni sono disposti a fare la loro parte scrivono Matteo Biffoni e Mauro Guerra.
Nessuno lo dubita. L’hanno sempre fatta e spesso anche oltre la loro competenza e per vicariare alle carenze di altre istituzioni.
Ora, nel caso specifico dell’accoglienza dei profughi afgani qual è la loro parte richiamata da Giffoni e Guerra? Soprattutto qual è la parte degli altri?
E chi sono gli altri? Chiarito questo, gli altri sono disposti a fare la loro parte?
Cosa significa in termini pratici?
I proponenti l’iniziativa sollecitano il potenziamento del Sistema di Accoglienza Sai, che è il minimo sindacale in questo frangente. Basta per affrontare la questione?
«Siamo pronti ad accoglierli in casa nostra» hanno dichiarato Galimberti, Bonaldi e Bongiovanni. Cosa comporta questa scelta per i Comuni? Quali gli oneri? Per quanto tempo? Quali le risorse disponibili?
Considerato che il Cremasco è dotato di un organismo territoriale chiamato Area Omogenea, perché non è stato convocato per discutere della questione e prendere una decisione condivisa?
Sia concessa una osservazione, anche questa senza nessun intento di sminuire il valore della proposta o di creare una querelle politica.
I soggetti protagonisti delle dichiarazioni sono, eccetto Bongiovanni, tutti di fede piddina. Biffoni e Guerra sono stati anche deputati di questo partito.
L’impressione che sia un’iniziativa schierata è innegabile. Probabilmente non è così. Non sarebbe stato più opportuno che a esporsi ufficialmente non fossero i soli sindaci piddini dell’Anci?
Infine una questione di metodo. Non è simpatico per i sindaci apprendere dalla stampa la linea indicata dalla propria associazione. Linea presa con la velocità della luce, che dimostra la tempestività dell’Anci, ma anche una fretta eccessiva. In queste circostanze non è importante arrivare per primi, mettere il cappello sull’iniziativa, ma avere le idee chiare su cosa fare, come farlo e con chi farlo. Un modo di procedere che non è sinonimo di tempi biblici, ma di decisioni veloci, efficienti ed efficaci. La fretta non è mai buona consigliera.
Detto questo, solidarietà ai profughi afgani.
Antonio Grassi
5 risposte
Niente di nuovo sotto il sole: se il PD fosse stato altrettanto sollecito riguardo ai guai degli italiani non ci sarebbe alcun tavolo di crisi aziendale aperto. “Li ospiteremo a casa nostra’. Magnifico. Ma giusto per curiosità: a casa di chi, concretamente parlando?
Il principio ideale è indiscutibile, almeno tanto quanto lo è la certezza che manca qualsivoglia concreta Road map di azione.
Chi fa che cosa, come, con che mezzi, per quanto tempo…
Da decenni esiste una accoglienza diffusa, a cui ben raramente seguono possibilità
, volontà e capacità di integrazione e affrancamento dal circuito assistenziale. E si parla di migliaia di persone disperate, vittime di qualcosa di cui troppi sono complici.
Demagogia sentimentale, umanamente comprensibile, ma che lascia intatta la drammatica ipocrisia della politica
A casa mia no! Nemmeno nella seconda casa che per fortuna non è in Lombardia. Anzi la vado a occupare subito. Basta imporre la carità e farsi belli con i soidi degli altri! S.Martino ha regalato metà del proprio mantello e non di quello di un passante sconosciuto. Quindi mandiamo gli afgani a casa dei sindaci così solerti, dei loro assessori e , perchè no, anche di Mario Draghi.
All’ineccepibile lista degli auspicabili ospitanti aggiungerei la Città del Vaticano.palazzi apostolici.i palazzi vescovili delle 226 diocesi italiane e naturalmente le prime, seconde e terze case delle ‘anime belle’ che non perdono occasione di darci lezioni di etica dell’accoglienza ma sono stranamente pigre nel fare da apri strada.
Certamente son tutti bravi a fare la carità coi soldi e le proprietà degli altri. Se i sindaci vogliono fare i primi della classe, lo siano a partire dall’offrire i loro immobili, sparsi nella provincia o altrove, le loro nude proprietà,altrimenti suona un poco ipocrita. Ma sia chiaro che l’accoglienza deve valere anche per tutti quegli esseri umani,a partire dai concittadini, che si trovano in grave difficoltà, perchè alla fine , a ricordare qualcosa di buono delle formule pentastellate ” uno vale uno”. Quindi un essere umano è “uguale” agli altri che si chiami Mario piuttosto che Ahmed; ma sia chiaro anche che c’è un problema di gestione e di limitatezza delle risorse,e di diretta imprescindibile priorità per cui evidentemente se si è sindaci bisogna innanzitutto farsi carico dei problemi irrisolti dei cittadini che vivono nel territorio da loro amministrato e che, infine, non vedo perchè proprio e solo l’Europa debba farsi carico di un problema che nasce in Asia, e che in Asia innanzitutto ritengo debba trovare le più immediate, urgenti risposte, visto poi che certi paesi arabi sono tutt’altro che poveri, e che condividono con i fuggiaschi una maggiore affinità culturale e spirituale