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A Crema con Enzo Tortora e Agostino Viviani, nonno di Elly Schlein

28 Febbraio 2023

È il 30 maggio 1987. Sono le 20. La temperatura è mite. A Crema, in piazza Duomo, davanti al Torrazzo, c’è un palco. È fasciato da uno striscione: Libera il radicale che è in te.  Di fronte, c’è la cattedrale. A sinistra l’ingresso del Comune. A destra i portici con la farmacia, l’edicola, i bar. 

Nella piazza, parecchia gente. Molta di più del solito, ma non c’è confusione. Nell’aria qualcosa di diverso di una normale serata di primavera avanzata.  

Seduto ai tavolini di uno dei bar, un gruppo di una decina di avventori attira l’attenzione.  Le persone si avvicinano, lanciano uno sguardo furtivo e si allontanano.

Nella compagnia c’è una distinta signora. Indossa con classe un elegante cappello di paglia, inusuale per la provinciale Repubblica del Tortello. Si chiama Francesca Scopelliti, non è lei ad interessare i curiosi, ma l’uomo che le sta in fianco, il suo compagno. È lui che alle 21 terrà il comizio: Enzo Tortora. È un appuntamento quasi esclusivo. 

Perseguito dalla giustizia, incarcerato ingiustamente tre mesi prima, il presentatore, icona di Portobello, era tornato in televisione con un «Dove eravamo rimasti?» passato alla storia.  

Quella sera Tortora è in piazza Duomo per sostenere l’avvocato Agostino Viviani, principe del foro, studio in piazza San Babila a Milano, suo amico e candidato al senato per il Partito Radicale nella circoscrizione di Crema e seduto davanti a lui. 

Della compagnia fanno parte anche Oscar De Marchi e Stefano Priori. Poi Roberta Gerevini e Cristiano Marcatelli, anche loro candidati radicali. E altri ancora.

La piazza si riempie. Sul palco salgono Sergio Ravelli, uomo tuttofare e anima dei radicali cremonesi, Tortora e Viviani e in questa sequenza intervengono. 

Il silenzio dei presenti è impressionante. Attenzione, tensione, partecipazione trasformano l’appuntamento elettorale in un rito religioso. Tortora e Viviani celebrano il rito fatto di parole, irruenza, rabbia e ideali. Le loro parole sono un grido di dolore, un j’accuse contro il sistema giudiziario. Un pungolo per non restare passivi. Uno schiaffo per svegliarsi dal torpore.  Un brivido attraversa la piazza, l’emozione l’avvolge. Gli applausi sono una liberazione. Una serata straordinaria. Manca Francesco Guccini per i titoli di coda. «Nel mondo oggi più di ieri domina l’ingiustizia. Ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia. Proprio per questo, Sancho, c’è bisogno soprattutto d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto».

Viviani non è uno qualsiasi. Partito d’Azione, Resistenza, membro del Cnl di Siena e della Consulta Nazionale, viene eletto senatore nelle liste del PSI nel 1972 e riconfermato nel 1978. Presidente della Commissione Giustizia, presenta il disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati, fonte di polemiche.  Il suo impegno per una giustizia più giusta e la sua posizione non allineata con quella di Bettino Craxi, che non lo ricandida alle elezioni anticipate del 1979. Due anni dopo si dimette dal partito e si avvicina ai radicali.

A Crema arriva nel 1979 nella veste di difensore del sottoscritto, di Piero Carelli e di Marco Volpati, giornalisti di Ipotesi 80, mensile sostenuto dal Psi, per un’inchiesta sui presunti evasori fiscali di Crema. Un importante dirigente sportivo nazionale citato negli articoli, prende cappello e querela per diffamazione a mezzo stampa. La vicenda si chiude nel 1985 con l’assoluzione per non avere commesso il fatto.

Viviani non interrompe i rapporti con Crema. Prosegue prima con la collaborazione a Ipotesi 80 e poi con Kontatto, mensile senza colorazione politica. Scrive articoli sulla giustizia più giusta e per cambiarla.

Viviani non verrà eletto, ma continuerà a combattere per rendere la giustizia migliore. Muore nel 2009.  

Per chi l’ha conosciuto e frequentato, un uomo difficile da dimenticare. Un esempio.

Viviani non è uno qualsiasi, è il nonno di Elly Schlein, laurea in giurisprudenza, ciclone che domenica ha sconvolto il Pd, la donna che vuole cambiare il sistema. Come il nonno.  Se buon sangue non mente, se i cromosomi hanno una ragione d’essere, non sarà un ciclone passeggero. «Non ci hanno visto arrivare» ha dichiarato un secondo dopo la vittoria su Stefano Bonaccini.  Citazione femminista e avvertimento alla politica.  Ora che è arrivata se ne sono accorti. E il nonno applaude. La prima donna segretaria di un partito politico è stata Adelaide Aglietta, nel 1976. Radicale.

 

Antonio Grassi

4 risposte

  1. A proposito di ‘giustizia giusta’, di questi tempi, viene da chiedersi a che punto siamo, dopo le dichiarazioni del ministro Nordio ….no?

  2. ….
    Sul risultato delle primarie PD, condivido il pensiero di molti amici della Sinistra Italiana e altri gruppi che sono sicuramente più di sinistra dell’attuale PD, meglio la Schlein, e con lei è più probabile una svolta.
    Tuttavia va detto che, dietro di lei, ci sono figure come Prodi, che già in passato aveva creato in Emilia Romagna le 6000 Sardine, il cui Sartori oggi ha esultato pubblicamente nella Sede del PD a Bologna e Franceschini, che così “il cambiamento” non mi sembrano.
    Va anche detto che, essendo una 5 stelle, non mi dovrebbe interessare più di tanto.

    Sono comunque una cittadina italiana, ahimè lombarda, e credo come in ogni gruppo, ci sia del bene e del buono, soprattutto nella base dei partiti, poi però si sale, si perdono certi valori e si diventa “come tutti gli altri” per cui, conoscendo brave persone che credono che nel PD ci sia ancora voglia di sinistra progressista, equa e sostegno alla sanità pubblica, sarei stata la prima non a consigliarli, ma a supplicarli di votare la donna candidata, perché Bonaccini è un furbastro politico di tre cotte, che vorrebbe inglobarsi Renzi, Calenda (insomma il sesto polo, perché mi rifiuto di chiamarlo terzo) e delegittimare ogni azione del Movimento, intortando magari i portavoce nostri che da giallo sono già diventati un arancione tendente al rosso.

    Ma attenzione, ora Elly deve dimostrare la sua volontà di avvicinarsi a chi veramente vuole il benessere, il progresso ecosostenibile e l’equità nel nostro paese, così finalmente le persone si accorgerebbero che le sinistre, ormai spezzettate da tempo, potrebbro riunirsi sotto un’altra forza più coerente, che comprenda certamente noi, con Giuseppe Conte, indubbiamente un fuoriclasse della nuova politica a guida di questa ala progressista….

    Ma questo è un sogno che potrebbe realizzarsi in un paese con un tasso di intelligenza negli elettori che supera la media italiana del 75% di analfabetismo funzionale, cosa ad oggi davvero difficile.

  3. Invece di aggirarsi fra le ombre del passato perché non prova a chiedersi cosa pensa oggi, anno di grazia 2023, il radicale Daniele Capezzone del “radicalismo” della vincente Schlein?

  4. L’identità ideologica della Schlein, in effetti, sembra sferzare quell’identità cristiana che ha messo in crisi non pochi che votavano a sinistra, tant’è che tra costoro, vedi Fioroni, molti hanno già annunciato l’addio al partito. Ne godrà il terzo Polo, qualcuno suggerisce. D’altronde non si può accontentare tutti, ma sempre più il cd “compromesso storico” si rivela fallimentare, una sorta di accozzaglia finalizzata a “battere le destre” come preannunciò quale principale argomento della sua campagna elettorale il signor Letta, e da cui è scaturita una débacle quasi inaspettata per la sua alleanza.

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