Senza un cambio di rotta, l’Obiettivo di sviluppo sostenibile centrato sul porre fine alla fame entro il 2030 non sarà raggiunto. A lanciare l’allarme sono l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il Programma alimentare mondiale (PAM).
Nuovo impulso alla lotta contro la fame
L’edizione 2023 del rapporto rivela che, nel 2022, la fame ha colpito un numero di persone compreso tra 691 e 783 milioni, con una media di 735 milioni di affamati. Il dato rappresenta un incremento di 122 milioni di persone rispetto al 2019, l’anno precedente lo scoppio della pandemia COVID-19.
Se è vero che, tra il 2021 e il 2022, i dati concernenti la fame nel mondo hanno subito una battuta d’arresto, altrettanto certo è che molte regioni del pianeta sono oggi alle prese con una recrudescenza delle crisi alimentari. Nonostante i progressi compiuti nella lotta alla fame in Asia e in America latina, nel 2022, il fenomeno appariva ancora in crescita nell’Asia occidentale, nei Caraibi e in tutte le sottoregioni del continente africano. Con una persona su cinque afflitta dalla fame, ossia più del doppio della media globale, l’Africa rimane la regione maggiormente colpita da tale emergenza.
“I motivi per sperare non mancano: alcune regioni sono sulla buona strada per conseguire, entro il 2030, alcuni obiettivi relativi alla nutrizione. Nel complesso, tuttavia, occorre venire in soccorso degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, con un energico e immediato intervento a livello mondiale. È necessario creare resilienza contro le crisi e gli shock che provocano l’insicurezza alimentare, dai conflitti alla crisi climatica”, ha dichiarato il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, in un video-messaggio trasmesso in occasione della presentazione del rapporto, presso la sede delle Nazioni Unite a New York.
I capi delle cinque agenzie delle Nazioni Unite, ossia il direttore generale della FAO, QU Dongyu; il presidente dell’IFAD, Alvaro Lario; la direttrice esecutiva dell’UNICEF, Catherine Russell; la direttrice esecutiva del PAM, Cindy McCain, e il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, hanno scritto nella prefazione del rapporto: “Il conseguimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile ‘Fame Zero’ entro il 2030 rappresenta, indubbiamente, una sfida enorme. Si prevede, infatti, che, nel 2030, quasi 600 milioni di persone soffriranno ancora la fame. I principali fattori responsabili dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione sono la nostra ‘nuova normalità’, per cui non abbiamo altra scelta se non raddoppiare gli sforzi volti a trasformare i sistemi alimentari, facendo leva su di essi per raggiungere i traguardi dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile 2 (OSS 2).”
Non solo fame
La situazione della sicurezza alimentare e della nutrizione è rimasta desolante nel 2022. Stando al rapporto, approssimativamente il 29,6 per cento della popolazione mondiale, pari a 2,4 miliardi di persone, non ha avuto accesso costante al cibo, il che è indice di prevalenza di insicurezza alimentare moderata o grave. Tra queste, circa 900 milioni di persone sono state esposte a insicurezza alimentare grave. Contemporaneamente, la capacità delle persone di accedere a un’alimentazione sana è peggiorata a livello mondiale: nel 2021, il 42 percento della popolazione del pianeta, ossia oltre 3,1 miliardi di persone, non ha potuto permettersi un’alimentazione sana. Rispetto al 2019, ciò equivale a un aumento complessivo di 134 milioni di individui.
Milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni continuano a soffrire di malnutrizione: nel 2022, 148 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni (il 22,3 percento) presentavano ritardi nella crescita, 45 milioni (il 6,8 percento) mostravano segni di eccessiva magrezza e 37 milioni (il 5,6 percento) erano in sovrappeso.
Sono stati fatti passi avanti nell’allattamento al seno esclusivo, tanto che il 48 percento dei bambini fino a 6 mesi di età beneficia di tale pratica, un dato che si avvicina all’obiettivo del 2025. Per raggiungere gli obiettivi del 2030 concernenti la malnutrizione, tuttavia, occorrono azioni più concertate.
Nuovi dati: l’urbanizzazione stimola la trasformazione dei sistemi agroalimentari
Il rapporto esamina anche l’aumento dell’urbanizzazione come una “megatendenza” che incide sulla qualità e sul tipo di alimentazione delle persone. Considerando che, secondo le previsioni, entro il 2050 quasi sette persone su dieci vivranno in città, i governi e altri soggetti impegnati a contrastare la fame, l’insicurezza alimentare e la malnutrizione, dovranno cercare di capire questi processi di urbanizzazione e tenerne conto nella definizione delle loro politiche.
In particolare, la semplice nozione di “divario” tra città e campagna non è più sufficiente a comprendere il modo con cui l’urbanizzazione sta condizionando i sistemi agroalimentari. È necessaria una prospettiva più complessa, estesa al continuum urbano-rurale, che consideri sia il grado di connettività tra le persone, sia i tipi di connessioni che uniscono le zone urbane a quelle rurali.
Tale evoluzione è documentata sistematicamente, per la prima volta, in undici paesi. Il rapporto precisa che gli acquisti di prodotti alimentari sono significativi, non soltanto tra i nuclei familiari urbani, bensì anche lungo tutto il continuum urbano-rurale, quindi anche tra coloro che vivono lontano dai centri urbani. I nuovi dati mostrano, inoltre, che il consumo di prodotti alimentari altamente trasformati sta crescendoanche nelle zone periurbane e rurali di alcuni paesi.
Permangono, purtroppo, disuguaglianze a livello geografico. L’insicurezza alimentare colpisce di più le persone che vivono nelle zone rurali. A soffrire di insicurezza alimentare moderata o grave, sono stati il 33 percento degli adulti residenti nelle zone rurali e il 26 percento di quelli stanziati nelle zone urbane.
Anche la malnutrizione infantile mostra specificità urbane e rurali: i ritardi della crescita sono più prevalenti nelle zone rurali (35,8 percento) rispetto alle zone urbane (22,4 percento). Lo stesso si può dire del deperimento, che è maggiore nelle zone rurali (10,5 percento) rispetto alle zone urbane (7,7 percento), mentre il sovrappeso è leggermente più diffuso nelle zone urbane (5,4 percento) in confronto alle zone rurali (3,5 percento).
Per promuovere in maniera efficace la sicurezza alimentare e la nutrizione, il rapporto raccomanda di improntare interventi politici, azioni e investimenti a una comprensione profonda della mutevole e complessa interazione in essere tra il continuum urbano-rurale e i sistemi agroalimentari.