Referendum, incontro per il Sì e il problema del non voto

16 Maggio 2025

Giovedì 15 maggio si è tenuto nella sala congressi a Cremona Fiere un incontro organizzato da Cgil Flai Lombardia con tematica i prossimi 5 referendum abrogativi per i quali andremo a votare l’8 e 9 giugno in Italia. Sono intervenuti il segretario generale Flai Cgil nazionale Giovanni Mininni, la segretaria generale Cgil Lombardia Valentina Cappelletti, il professore di Sociologia e Fenomeni Politici dell’Università di Bologna Dario Tuorto e, come moderatore, il direttore Collettiva Stefano Milani.

Ho partecipato non solo come rappresentante del Movimento 5 Stelle nel ruolo di consigliera comunale, ma soprattutto come sostenitrice e promotrice di entrambi i comitati che sostengono i 5 Sì.

Chi era in sala non aveva certo bisogno di sentirsi ulteriormente motivati nella scelta, ma piuttosto nel metodo capillare di arrivare a molti elettori inconsapevoli, distratti, apatici o disinteressati che in questi ultimi decenni sono sempre più disamorati dal desiderio di esprimere il loro voto in una democrazia troppo spesso deludente. Mentre in passato. Soprattutto con i referendum, l’espressione di volontà popolare era davvero alta e partecipativa, nel tempo è subentrata dapprima una “apatia del benessere” un astensionismo legato ad sentirsi lontani dalle decisioni di una politica non coinvolgente, ma anche la partecipazione trainata e passiva, legata a una adesione di fede politica per un partito quasi fosse una squadra di calcio.

Oggi resta il problema di un non voto che viene considerato da chi lo “applica” un’arma dimostrativa del proprio scontento convinti che non ci sia una alternativa, non capendo che di fatto non solo è un’arma “spuntata”, ma di fatto l’astensione preclude qualsiasi alternativa. È stato rimarcato che rispetto all’inizio della campagna referendaria, dove davvero le persone interpellate non sapevano dei 5 referendum da votare a giugno, nelle ultime settimane, grazie anche all’autogol di chi, ricoprendo un’alta carica istituzionale come il Presidente del Senato, si è permesso di dare pubblicamente indicazione di non recarsi alle urne, dichiarando che l’astensionismo è la scelta migliore, detto da chi oltretutto ricopre quel ruolo grazie a voti democratici (anche se di solo un quarto degli italiani, visto che l’altra metà non è andata a votare), ha suscitato un sentimento opposto di rigetto e di risveglio di alcune coscienze.

È stato fatto l’esempio in piccolo di una riunione condominiale, dove l’amministratore (scelto dai condomini) li invita a non partecipare alla riunione, perché tanto decide lui.

Ben 4 milioni di firme sono state raccolte per poter presentare questi 5 referendum, e anche se potrebbe sembrare che coinvolga solo determinate categorie come i lavoratori assunti dopo il 2015, quelli delle piccole imprese con meno di 16 dipendenti, chi ha il lavoro a tempo determinato, chi subisce un infortunio o perde la vita sul posto di lavoro e il committente non ne risponde, chi vive e lavora in Italia ma proviene da un altro Paese, restano tutte le altre come i negozianti, i dirigenti, i pensionati che potrebbero dire di non essere interessati. Tuttavia in una società equa, allargare i propri orizzonti e pensare anche ai propri figli, alle future generazioni, o anche a un amico, un compagno, ti porta a volere una legge più giusta e tutelante a prescindere ci riguardi o meno.

Ricordiamoci che il voto resta sempre una questione di democrazia, anche se si rischia di non vincere, anche se c’è il timore di non raggiungere il famigerato quorum, se non lo facciamo noi che abbiamo a cuore il benessere collettivo, se non ci prodighiamo noi a diffondere questa importanza di partecipare, chi altri lo può fare? Ecco perché il messaggio di astensione di una certa classe politica già ubriaca di poltrone e potere sta creando un effetto opposto tra chi si è da tempo allontanato dalla politica e dalle scelte democratiche. Personalmente non c’è giorno che non mi confronti con le persone, i conoscenti, i negozianti, persino negli incontri occasionali.

Quello che riscontro maggiormente è l’informazione errata, il “per sentito dire”. Per fortuna oggi c’è il web, e in un attimo con il fact checking puoi smentire le affermazioni travisanti.

Cito un esempio su tutti. Una giovane studentessa universitaria, di etnia straniera, ma cittadina italiana, ha detto che voterà no al 5° referendum, quello sulla cittadinanza, quello per cui i suoi genitori hanno lottato e aspettato quasi 20 anni. La motivazione che mi ha dato è stata: “… in Europa è dappertutto 10 anni, quindi è giusto così.” Allora ho preso il cellulare ho fatto la domanda sui Paesi principali come Germania e Francia e le ho fatto vedere che gli anni sono 5. Lascio a voi andare a fare una verifica.

Per concludere, questi momenti di confronto, sono estremamente utili, anche se ci troviamo sempre gli stessi, perché ognuno di noi acquisisce un ulteriore bagaglio di “conoscenza” ed è solo con le giuste motivazioni che si può provare a ridestare tanti da questa apatia democratica e far loro capire l’importanza di esserci l’8 e il 9 giugno alle urne per abrogare delle leggi che ledono la dignità, la tutela e la sicurezza dei nostri cittadini.

 

Paola Tacchini

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