La giostra si è fermata. La fiera delle elezioni regionali è finita. Mai è stato così semplice stilare il bilancio della competizione. In Lombardia hanno vinto l’astensionismo (58.32 per cento non ha votato) e il centrodestra (il 54.67 per cento del 41.68 che si è recato alle urne). E l’ordine non è casuale. Ha perso il centrosinistra (33.93 per cento). Il terzo polo (9.87 per cento) non ha brillato.
Degli 8.010.538 elettori della Lombardia solo 3.339.019 hanno votato. Oltre 4.600.000 sono rimasti a casa.
Gli eletti rappresentano la minoranza. La maggioranza è tagliata fuori.
Nella nostra provincia su 286.402 elettori hanno votato in 121.612 (42,46%). Circa 165 mila hanno rinunciato al loro diritto.
La coalizione di centrodestra guidata da Attilio Fontana ha raccolto il 57,90 per cento dei consensi.
Quella di centrosinistra capitanata da Pierfrancesco Majorino si è fermata al 31.36. Per il Terzo Polo di Letizia Moratti, uno stitico 8.95.
Unione Popolare di Mara Ghidorzi, un misero 1.79, con un picco del 3.19 per cento a Casale Cremasco Vidolasco.
I numeri parlano da soli. E sono impietosi.
Le cause sono molteplici, alcune opinabili, ma una è indiscutibile: è venuta meno la fiducia dei cittadini in coloro che li rappresentano o che si propongono per rappresentarli.
Non mancano Comuni dove l’affluenza ha superato il 50 per cento (Soncino, Ticengo, Rivarolo, Bordolano, Campagnola), ma sono eccezioni. E ci sono candidati credibili premiati dagli elettori con un numero considerevole di preferenze.
Tre nomi: Matteo Piloni (5.566), Pd, eletto. Marcello Ventura (2.525), Fratelli d’Italia, eletto. Gabriele Gallina (2.402), Forza Italia, non eletto, ma con un rapporto stratosferico tra il numero di preferenze e quello dei voti andati al suo partito.
Viviamo in un continuo presente e in una permanente emergenza. La politica non è capace né di indicare un futuro, né di proporre soluzioni. Si affida ai tecnici, agli esperti e si consulta con le associazioni di categoria. Non ascolta i cittadini. Ha abdicato al suo ruolo e gli elettori hanno disertato le urne. Se si aggiunge la crisi della partecipazione organizzata, il quadro è completo. Non è un’immagine rassicurante. Tinte fosche. Atmosfere spettrali. Da incubo.
Molto è stato detto e scritto in questi giorni post voto. Inutile riscaldare la minestra o aggiungere un pizzico di spezie o altro aroma. Sia però concessa una domanda collaterale, che non coinvolge le elezioni regionali. Una curiosità che probabilmente ha una risposta banale e lapalissiana, ma non si può sapere tutto.
Se in un Comune, per l’elezione del sindaco si presenta una sola lista e non viene raggiunto un quorum superiore al 50 per cento degli aventi diritto al voto, perché la consultazione non è valida?
Come in ogni elezione ci sono sorprese e chicche. In queste tornata regionale sorprese e chicche si sommano. Sono un tutt’uno che può essere utilizzato per una riflessione politica. Fuori dal coro sono i risultati nelle città di Mantova, Bergamo, Brescia e Milano.
A Mantova, la coalizione di Majorino ha incassato il 49.55 per cento dei voti. Quella di Fontana il 39.29.
A Bergamo, forbice più ristretta, ma stessa situazione, Majorino 44.28 per cento, Fontana 41.29.
A Brescia, Majorino 46.09 per cento, Fontana 43.46.
A Milano, Majorino 46.83 per cento, Fontana 37.69.
Sono tutte città governate dal centrosinistra, in netta controtendenza rispetto all’andamento regionale. Majorino vince e Fontana è sconfitto. È l’uomo che morde il cane.
Spiegare il motivo del ribaltamento dei ruoli in maniera convincente diventa impresa improba. Molte variabili da considerare, nessuna abilitata a fornire una certezza. Si possono però fare delle ipotesi. Tra queste ci potrebbe stare anche la supposizione che la vittoria di Majorino in queste città sia una promozione per le amministrazioni comunali che le reggono.
È un’opinione senza la pretesa di essere quella corretta, ma con le carte in regola per essere presa in esame.
Cremona, anch’essa con comandante e ciurma di centrosinistra, ha visto Fontana al 48.20 per cento e Majorino al 40.87. L’opposto di Mantova, Bergamo, Brescia e Milano, consorelle di schieramento.
Per coerenza con la supposizione citata sopra e relativa avvertenza, si può ipotizzare una bocciatura dell’amministrazione comunale del capoluogo provinciale e in parte del Pd. Il partito potrebbe avere pagato la differenza di vedute con l’alleato Cinquestelle sull’autostrada Cremona-Mantova.
Non bisogna dimenticare inoltre la diversità tra Pd virgiliano e Pd stradivariano già emersa durante le elezioni politiche dello scorso settembre. Nella circoscrizione Cremona-Mantova il candidato Pd al senato, il cremonese doc, Carlo Cottarelli, batteva a Mantova la diretta concorrente di Fratelli d’Italia, Daniela Santanchè, che lo sconfiggeva a Cremona, la sua città.
Prima di chiudere una nota positiva. I tre consiglieri della provincia neoeletti hanno tutti un’esperienza amministrativa comunale alle spalle.
Filippo Bongiovanni, Lega, è sindaco di Casalmaggiore. Ventura è capogruppo in consiglio comunale a Cremona e consigliere provinciale. Piloni, riconfermato consigliere regionale, è stato assessore comunale a Crema.
Cremonese, Cremasco e Casalasco sono equamente rappresentate. Indipendentemente dal colore della maglia è auspicabile che nell’affrontare le questioni del nostro territorio i tre consiglieri siano compatti. Tutti uniti. Tutti per il territorio.
Antonio Grassi
2 risposte
Per quanto politicamente mi dispiaccia riconoscerlo, temo che l’osservazione di Antonio Grassi sia corretta. Seguo con attenzione il comportamento della amministrazione comunale di Cremona ormai da ben undici tornate amministrative e, pur sforzandomi di non essere condizionato da convincimenti personali, temo che l’ultima (che pure, a suo tempo, votai e contribuii, nei miei limiti, a far votare), sia da annoverare tra le meno positive. Alla squadra del secondo Galimberti resta un anno per lasciare di sé stessa un ricordo meno negativo, ma dubito che sia sufficiente (sempre che si siano resi conto dei non pochi errori fatti, circostanza nella quale credo anche di meno).