A sostenere i francesi, dopo il 1796, a Cremona più che altrove, fu una minoranza, che divenne più consistente con il passare degli anni ma che mai incontrò il favore delle masse.’“Liberté, fraternité, égalité: luur en caroosa e nualter a pée” era il più bonario dei detti popolari cremonesi antifrancesi! I primi mesi addirittura, quelli dell’occupazione militare vera e propria, furono caratterizzati da contrasti e scontri fra popolazione ed occupanti. A Casalmaggiore vi fu una vera e propria rivolta armata antifrancese, che durò tre o quattro giorni, tra fine luglio ed i primi di agosto del 1796. A Cremona vi fu un sommovimento popolare, che culminò nell’uccisione di alcuni soldati francesi. Venne preso e fucilato il nobiluomo cremonese Antonio Bonelli, mentre vennero arrestati e tenuti per un po’ in prigione i nobili Vaini, Magio, Cauzzi, Biffi, Cattaneo, Pedrotti, Saini, Farina, Persichelli, Ferrari ed i sacerdoti Aliprandi, Mussi, Perucca, Pagani e Scotti. La repressione non fu particolarmente dura e gli arrestati furono presto liberati, anche perché, dopo la caduta di Mantova ed il 27 marzo del 1797 anche di Crema (allora, non dimentichiamolo, dominio della Repubblica di Venezia), la situazione andò normalizzandosi a vantaggio dei francesi.
Il 9 luglio 1797, pochi giorni prima della festa della presa della Bastiglia, venne costituita la Repubblica Cisalpina. Cremona divenne capoluogo del Dipartimento dell’Alto Po, comprendente anche i territori di Crema e Lodi. Un ruolo importante! Trecentocinquantamila abitanti circa, rispetto ai poco più di duecentomila della austriaca circoscrizione di Cremona.
Il primo periodo rivoluzionario durò poco. Mentre Napoleone era in Egitto (in quella sfortunata spedizione che avrebbe dovuto ‘mettere in ginocchio’ gli inglesi, colpendoli nei loro interessi coloniali e commerciali, e che si risolse in un disastro per i francesi, a parte le scoperte scientifiche sugli antichi Egizi), gli austro-russi scesero a riconquistare la Lombardia. Sconfitte le truppe repubblicane a Verona, entrarono a Cremona il 17 marzo del 1799 reparti di artiglieria, di fanteria e di cosacchi. Comandava l’esercito di occupazione il generale russo Souvarov che, dopo le vittorie riportate sui francesi, fu nominato dall’Imperatore d’Austria principe Italinskj. A Cremona, le vendette contro i giacobini, i simpatizzanti o semplicemente i sospettati di simpatie filo-francesi o rivoluzionarie furono moltissime. Le cronache parlano di violenze, assassinii, ruberie. Vi furono anche furti sacrileghi e violenze in chiese e conventi, visto che i soldati occupanti erano prevalentemente luterani, ortodossi ed alcuni persino musulmani (sudditi degli Asburgo nella penisola balcanica). Nel complesso gli austro-russi non suscitarono grandi simpatie nella massa della popolazione, che pure non vedeva l’ora di liberarsi dai francesi. Diversi rivoluzionari cremonesi riuscirono a fuggire. Si rifugiò in Francia forse il più importante di tutti, Ambrogio Birago (Cremona 1754-Milano 1828), che fu poi ministro della Guerra e, brevemente, anche ministro degli Esteri nella Repubblica e nel Regno, e dal 1811 fino alla fine dell’esperienza napoleonica ministro del Tesoro. Si rifugiò invece a Zante (Zacinto), allora fra le isole greche dell’Egeo sotto controllo francese, il canonico Sante Rossi, maestro del maggior poeta greco dell’Ottocento, Dionisio Solomos, che venne a studiare a Cremona (vi è una lapide che lo ricorda nell’atrio del Liceo Manin). Molti furono però i patrioti cremonesi arrestati e condotti in terribili prigioni lontane, vere e proprie catacombe, sempre incatenati, a Sebenico e Cattaro, in Dalmazia, a Peter-Wardein, in Ungheria. Prigioni di cui non si parla, mentre giustamente tutti deprecano le terribili condizioni dello Spielberg descritte da Silvio Pellico ne ‘Le mie prigioni’! Cito alcuni nomi dei deportati: Camillo Arrigoni, di Rivolta d’Adda, Gaetano Bartolomasi, Luigi Ghisletti, Stefano Luini, Lorenzo Manini, Giuseppe Zapponi, tutti di Cremona città; Antonio Maria Porcelli e Giovanbattista Zuccari di Casalmaggiore. Altri furono arrestati e portati in prigione a Cremona o Milano. Di professione erano funzionari e ufficiali, un caffettiere, uno stampatore (il Manini, che pubblicò poi il resoconto di quegli avvenimenti), un ingegnere. Il mercante Giuseppe Zapponi morì per gli stenti e le percosse subite, a Trieste, nel 1801, sulla via del ritorno a casa dopo essere stato liberato. Infatti, solo nella primavera del 1801, quando era chiaro ormai che la stella di Napoleone avrebbe brillato a lungo, i sopravvissuti vennero liberati. Tornati a Cremona riuscirono a fatica e solo parzialmente a rientrare in possesso dei loro beni, sequestrati e venduti dagli austriaci!
Napoleone, fuggito dall’Egitto, preso rapidamente il potere in Francia, era tornato in Italia, compiendo la memorabile impresa di passare con l’intero esercito dal Gran San Bernardo, come solo Annibale aveva mai osato fare. Sconfitti a Marengo gli Imperiali, il 14 giugno 1800, i francesi avevano rioccupato Cremona, dove nel frattempo erano stati ricoverati 1.300 soldati austriaci feriti (che vennero curati e poi liberati). Da questo momento sino alla fine del periodo napoleonico, Cremona fu la capitale militare prima della Repubblica poi del Regno, mentre Milano sarà la capitale politica. Cremona disponeva potenzialmente, nel 1806, di 22 caserme, capaci di ospitare 6872 soldati e 1620 cavalli. Pare che in realtà ne siano state utilizzate 17-18 per 5-6.000 soldati. Un numero grandissimo per una città così piccola, di 21.000 abitanti soltanto, soprattutto se consideriamo il giro di prostituzione e di piccolo commercio (lecito e no) che accompagnava sempre gli insediamenti militari. Rilevante per Cremona e per il suo prestigio, comunque, non fu tanto la presenza di un così cospicuo contingente militare quanto la presenza dello Stato Maggiore, perché sede di quartier generale. Il generale Berthier, comandante dell’Armata francese in Italia, ricevette l’ordine di insediare il quartier generale a Cremona proprio ‘per evitare dissidi con le autorità governative a Milano’. Lo stesso fece Murat quando venne nominato comandante di tutte le truppe francesi in Italia. Fra le ‘autorità governative’ vi era anche il cremonese Ambrogio Birago, ministro della Guerra, fra i più convinti sostenitori del tentativo di creare un esercito italiano che potesse un giorno ‘fare da sé’. Diversi cremonesi collaborarono con lui, arruolandosi come ufficiali e lavorando nei vari centri di arruolamento nel territorio della Repubblica.
5 – Continua