Ora i cittadini sanno che l’europarlamentare Massimiliano Salini dorme sei ore al giorno (La Provincia, 22 luglio). Sarebbe interessante conoscere cosa faccia nelle rimanenti diciotto. Sanno inoltre, che in Europa, con Carlo Calenda ha realizzato, per sua stessaammissione, «tante cose belle insieme» (La Provincia, 22 luglio), affermazione che potrebbe essere intesa come il preludio di un cambio di casacca, da azzurra al rosa cangiante. Pratica della quale Salini può vantare una discreta esperienza. Se sono rose fioriranno. Intanto l’europarlamentare potrebbe precisare le cose belle realizzate a Bruxelles con Calenda e quelle attuate – da solo o in compagnia – nel nostro territorio. Per esempio, le iniziative intraprese per contrastare l’inquinamento dell’aria, per eliminare i disservizi nei trasporti ferroviari, per limitare i disagi ai pendolari. Per rimediare agli altri numerosi problemi che affliggono Cremona, Crema e Casalmaggiore. Sempre che li sappia. Potrebbe elencare le azioni concrete, escluse le dichiarazioni d’intenti, da lui proposte e perseguite per il rilancio della provincia. I cittadini sanno anche che è stato cresciuto nel segno della prudenza. «Sono stato educato a non prendere decisioni nei momenti di confusione, ma a farlo quando c’è la possibilità di giudicare le cose con calma. Insomma bisogna lasciare passare la buriana. Questo non significa che non sia accaduto niente» (La Provincia, 22 luglio). Non è medico del pronto soccorso, autista, pilota d’aereo, pompiere, generale, responsabiledella protezione civile, poliziotto, broker. Neppure sindaco di campagna. I cittadini possono stare tranquilli. È un politico di fascia alta, categoria che considera il tempo un parametro non prioritario e che esclude la possibilità di un’interpretazione esatta ed univoca delle dichiarazioni dei propri affiliati. L’ammissione di Salini di essere prudente in quale tipologia lo annovera? Tra i saggi, icacadubbi, i paraculo? Bella domanda, difficile risposta. Il giudizio dipende da numerosi fattori, non ultimo la sensibilità personale di chi lo formula. Buonismo, scetticismo e disincanto fanno il resto. La dichiarazione di Salini induce a pensare al viaggiatore che ha perso la bussola. Che, smarrito e indeciso sulla direzione da seguire, prende tempo. Che tergiversa e aspetta il passaggio di un viandante per seguirlo nella speranza che lo conduca sulla strada maestra.
Salini in Europa si occupa di investimenti per lo spazio, ma negli ultimi tempi, in Italia, ha sbagliato rotta. Rischia di perdersi nella galassia infida della politica. Si arrabatta per rientrare nella traiettoria corretta, ma s’accorge d’essere solo. «Houston abbiamo un problema». «Arrangiati!»
Charles Bukowski in Storie di ordinaria follia racconta «Il paracadute non s’apriva bene, ma certo: un’altra fregatura. Un altro bidone. Come la penna a sfera e tutto il resto. Come Cristo che urla e che chiama Papà ma la linea è interrotta». Ecco, Salini ha il paracadute inceppato. Ma si coglie dell’altro nelle dichiarazioni rilasciate a La Provincia e pubblicate il 22 luglio, a poche ore dalle dimissioni di Draghi. Salini parla, parla, ma non dice nulla di interessante. Tre quarti di pagina inutili, flusso di coscienza di un politico impegnato ad arrampicarsi sui vetri, incerto sulla sistemazione da scegliere. È generico su Matteo Salvini e sullo stesso Calenda. È vago su tutto. Non scontenta nessuno e lascia aperta ogni porta in attesa d’individuare quella a lui favorevole. Non si sbilancia sulle elezioni del 25 settembre, un mese in anticipo dai cento anni della marcia su Roma. Ma questo non c’entra. E sui killer del governo Draghi si barcamena.
Il titolo dell’intervista è l’ammissione di una disfatta «Salini: troppa confusione, il futuro è tutto da scrivere», ma il suo partito non è esente da colpe. La battuta finale rientra nell’antologia delle banalità e delle frasi fatte. «La realtà prevale sempre sulle parole». Oggi la realtà è merda. La colpa è dei partiti e della classe dirigente politica, tentennante, ondivaga, opportunista, egoista e senza palle. Ammettere questa verità lapalissiana sarebbe stato originale, ma Salini non è tipo da fuori dal coro. Non va contro la comunità che, con le sue tette turgide e generose, lo ha svezzato e cresciuto. Salini non può essere alternativo. Il suo Dna e il suo elettorato gli impongono d’essere il bravo ragazzo, educato, rispettoso, moderato che piace a zie e nonne e alla borghesia progressista nei proclami e conservatrice nei fatti. I bravi ragazzi e quelli che si atteggiano a tali però hanno fallito e stancato. Oggi non servono al sistema che li ha sostenuti. Per Salini è un guaio. Ma se la realtà è merda, lui ne uscirà intonso. Il suo curriculum è esemplare. Ha cominciato in Forza Italia, abbondonata per fare l’autostoppista e chiedere nel 2014 un passaggio per Bruxelles al Nuovo Centrodestra (2013-2017) di Angelino Alfano. Raggiunta la meta, s’accomoda al Parlamento europeo grazie alla rinuncia dell’euro seggio del ministro Maurizio Lupi.
Dopo la luna di miele con il Nuovo centro destra s’accorge che il cuore si emoziona ancora per Forza Italia. Come il logo di Unieuro: Batte. Forte. Sempre. Il primo amore non si scorda mai. Non esita un attimo e imita i Pooh. Nel settembre 2015, molla il Nuovo centro destra e ritorna all’ovile, ma mantiene il seggio. «Mi dispiace devo andare. Il mio posto è là. Il mio amore si potrebbe svegliare». Rientra in Forza Italia prima dell’alba, in tempo per non svegliare l’amata ed evitare di ritrovarsi senza partito. Il ménage con gli azzurri fila liscio fino al maggio scorso. Da un giorno all’altro Silvio Berlusconi gli toglie l’incarico di coordinatore regionale del partito, compito che a Crema non aveva sortito risultati esaltanti e causato una frattura nel partito. Adesso deve decidere dove collocarsi. Un trasferimento da Calenda o in qualche altra casa del centrodestra non è un’ipotesi peregrina. Il notevole fiuto nell’individuare la direzione nella quale tira il vento e la capacità di attendere che la buriana passi gli hanno sempre permesso di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, scegliere la squadra vincente e di evitare d’essere travolto. Per dirla come i ragazzi sfacciati, gli hanno sempre consentito di salvarsi il culo. Questa volta l’impresa sarà più difficile
Antonio Grassi
4 risposte
Mollare Berlusconi e ‘ nobile farlo per i motivi di personaggi come Brunetta, Gelmini e Toti. Bravi, bravissimi.
Di Salini ricordo solo questo. Appena diventato presidente dell’Amministrazione Provinciale ha fatto sostituire la preziosa scrivania, che sembra abbia avuto una mobile storia, con un’altra del tipo Ikea. Poi ha cambiato l’auto blu e ne ha preteso un’altra con i vetri oscurati, neanche fosse un cardinale. Mi sono bastate queste due cose per inquadrare il personaggio. Quando penso a Salini e a quelli come lui, e’ piu’ forte di me ma la mia mente corre alla definizione di Uomo mirabilmente inquadrata da Leonardo Sciascia. A questa categoria, tolta la prima definizione di Sciascia, appartiene la stragrande maggioranza dei politici di oggi. Forse e’ sempre stato così’, ripeto forse, ma perbacco allora la parola pudore aveva un senso. Oggi, mah!
Chiedo scusa, ma vorrei fare una precisazione. Leonardo Sciascia aveva diviso l’umanita’ nelle seguenti categorie:”Uomini, mezlzi uomini, omminicchi, ruffiani e quaquaraqua”. Ciò’ per maggior chiarezza per tutti coloro che non hanno conosciuto il grande Leonardo Sciascia.
Conosco, in generale, poco degli episodi interni alla gestione della Provincia di Cremona e, in particolare, di quelli che abbiano avuto come protagonista un personaggio “particolare” dal carattere “volitivo” come Massimiliano Salini. Uno di questi episodi, però, mi fu riferito da più voci, tutte autorevoli e concordanti al punto che lo vorrei citare come esemplare del modo nel quale i nuovi amministratori non dovrebbero, mai comportarsi nei confronti nei confronti dello arredo storico degli uffici a loro destinati e senza il dovuto rispetto dei funzionari che, magari da anni, di tale arredo sono stati usufruttuari e, non di rado, anche i migliori e consapevoli custodi.
L’episodio al quale mi riferisco riguarda lo stupendo e grande quadro dipinto ad olio dal pittore cremonese Vittori e illustrante lo sforzo immane di uomini e cavalli impegnati nella dura fatica di far risalire contro corrente (e cioè seguendo l’alzaia) barconi carichi di sabbia e ghiaia. Credo che tale quadro fosse stato, sin dalla sua creazione, destinato a far bella mostra di se stesso e a celebrazione del lavoro che ricordava, ottimamente collocato nello studio dell’ingegnere capo, che veniva utilizzato, all’occorrenza, anche come “sala riunioni”.
Senza alcun preavviso e senza avere neppure acquisito alcun parere di opportunità, il nuovo presidente Salini fece, “motu proprio”, trasferire il bel quadro nel suo studio personale, lasciando spoglio dell’opera più illustre l’ufficio dell’ingegnere capo.
Passati alcuni anni, il presidente Salini, per fortuna della provincia di Cremona, fu trasferito ad altre incombenze. Uno dei primi atti del nuovo ingegnere capo (nel frattempo anche l’ingegnere, così mal trattato da Salini. aveva raggiunto l’età pensionabile), fu quello di ripristinare nella sua originaria collocazione il bel quadro del Vittori, facendo partecipare alla “cerimonia riparatrice” il precedente ingegnere capo, così inurbanamente trattato dal presidente Salini. Mi auguro che ai futuri presidenti della Provincia, qualora, come purtroppo spesso accade, non abbiano voluto dedicare parte delle loro letture, al sempre utile “Manuale di Monsignor della casa”, qualche altro funzionario provinciale, dotato di buon gusto e di buona memoria, sappia ricordare l’inurbano comportamento del presidente Salini.