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Salvato da un’infezione cerebrale all’Asst di Cremona

25 Marzo 2023

Ricoverato per “brutta sinusite” che si è trasformata in ascesso cerebrale, l’adolescente ha trascorso due mesi e mezzo in ospedale affrontando un complesso precorso di cura a lieto fine.   Presto tornerà a giocare a basket, la sua grande passione.

 Dopo ottanta giorni di ricovero, Alessandro torna a casa (nella foto centrale gli operatori sanitari salutano il ragazzo). A soli dodici anni, ha affrontato una grave infezione cerebrale, che ha richiesto l’intervento multidisciplinare di sette équipe specialistiche dell’ospedale di Cremona. A prendersi cura di lui sono stati i medici e gli infermieri di Pediatria, Oculistica, Malattie Infettive, Otorinolaringoiatria, Neurochirurgia, della Anestesia e Rianimazione e del Centro Emostasi e Trombosi, con il supporto della Radiologia e del Laboratorio analisi per tutta la parte diagnostica. Grazie alle cure ricevute il ragazzo è fuori pericolo, e dopo un lungo percorso di degenza ora può riprendere la vita di tutti i giorni. I primi contatti con gli amici e i compagni di classe sono ripresi già dal reparto di Pediatria, dove Alessandro ha trascorso l’ultimo mese e mezzo: grazie ad un pc portatile messo a disposizione dall’ospedale ha potuto frequentare le lezioni scolastiche durante il lungo ricovero. Un ritorno alla normalità che, soprattutto alla sua età, è parte integrante della cura.

Sulla parete della sua stanza di degenza è appeso un calendario, disegnato su un foglio di quaderno. Il 23 marzo è evidenziato in giallo: è il giorno della dimissione, che conclude un percorso lungo e complesso, ora a lieto fine. Prima di lasciare il reparto, Alessandro ha salutato i medici e gli infermieri che si sono presi cura di lui. Al suo fianco mamma Pinuccia e papà Moreno, che l’hanno accompagnato in ogni momento.

 LA DIAGNOSI

Tutto è iniziato nei primi giorni di gennaio, quando Alessandro è stato accompagnato al pronto soccorso pediatrico per un gonfiore sospetto all’occhio destro. «È stato subito ricoverato – racconta Claudio Cavalli, direttore della Pediatria aziendale – Quella che sembrava una brutta sinusite si è rivelata un’infezione estesa, che dall’orbita oculare ha raggiunto il lobo frontale del cervello; una zona estremamente delicata, con il rischio di un danno permanente».

Dopo una valutazione congiunta con gli specialisti dell’Oculistica (diretta da Matteo Cacciatori) è stata richiesta una consulenza alle Malattie Infettive per identificare la causa dell’infezione, isolare il batterio e trovare la giusta terapia per contrastarlo. «Abbiamo riscontrato una grave infezione causata da più germi – conferma Angelo Pan, direttore del reparto – questo tipo di problematiche richiedono un trattamento multidisciplinare, in cui è necessario scegliere in breve tempo la terapia antibiotica più efficace in base al tipo di germe e all’organo da trattare, da modulare nel tempo in base alla risposta del paziente».

DUE INTERVENTI TEMPESTIVI

Alessandro è stato quindi affidato agli specialisti dell’Otorinolaringoiatria per un primo intervento di drenaggio, pratica mininvasiva svolta per via endoscopica. Come sottolinea Luca Pianta, direttore del reparto, «Non succede frequentemente d’intervenire su casi di questo tipo, in cui l’infezione si estende fino a causare un ascesso cerebrale. Si tratta di complicanze imprevedibili, che esigono un trattamento chirurgico mirato». L’esito degli esami effettuati in collaborazione con la Radiologia ha evidenziato la necessità di un secondo intervento, a cura della Neurochirurgia.

«Abbiamo praticato una craniotomia frontale bilaterale per eliminare il materiale infettivo, che aveva intaccato l’osso della cavità cranica», spiega Antonio Fioravanti, direttore della Neurochirurgia e del dipartimento delle Neuroscienze. «Ascessi cerebrali di questo tipo possono dare origine ad una sepsi sistemica, molto pericolosa. Senza contare che l’infezione ha colpito i lobi frontali del cervello, la parte che regola il nostro comportamento e gli aspetti relazionali. Abbiamo fatto in modo d’intervenire preservando l’estetica del viso: su un paziente così giovane è un’accortezza doverosa. Una volta guarito potrà tornare a scuola, riprendere a giocare a basket e fare una vita normale».

Entrambi gli interventi sono stati possibili grazie alla collaborazione della struttura di Anestesia e Rianimazione. Come sottolinea il direttore Enrico Storti, «Alessandro era un paziente delicato, con più problematiche da tenere in considerazione. Oltre a mantenere in equilibrio i parametri vitali, la collaborazione dei nostri specialisti consente di effettuare interventi lunghi e complessi come questo. Nella fase postoperatoria hanno accompagnato il paziente nel risveglio, offrendo la sorveglianza necessaria ad evitare complicanze precoci».

GESTIRE LE COMPLICANZE

«Tra le complicanze causate dall’infezione – aggiunge Sophie Testa, direttore del Centro Emostasi e Trombosi – è stata riscontrata una trombosi cerebrale. Si tratta di una malattia estremamente rara, soprattutto a quell’età, che ha reso necessario l’intervento dei nostri specialisti per impostare una terapia anticoagulante da modulare in occasione dell’intervento neurochirurgico e successivamente per scongiurare il rischio di trombosi. La buona collaborazione multidisciplinare ha consentito di completare l’intero percorso a Cremona senza rendere necessari trasferimenti».

UN PC PER “SENTIRSI A CASA”

Il decorso ha richiesto una terapia antibiotica molto prolungata, svolta in ospedale. «Abbiamo parlato con i suoi genitori – prosegue il direttore Cavalli – concordando che la cosa migliore sarebbe stata mantenerlo ricoverato in Pediatria, in modo da facilitare la somministrazione dei farmaci per via endovenosa e preservarlo da qualsiasi rischio infettivo». Ad Alessandro è stato riservato un ambiente ad elevata protezione sanitaria, adeguato alla lunga permanenza che lo attendeva. Come sottolinea Cavalli, «Umanizzare le cure significa garantire una buona qualità di vita ai pazienti di cui ci occupiamo. Nel caso di un adolescente, il rischio di sentirsi tagliato fuori e scivolare in depressione è notevole, soprattutto dopo interventi così importanti e invasivi sulla persona e sulla routine. Cerchiamo di avvicinare il suo mondo per farlo sentire a casa, per quanto possibile».

Su richiesta della caposala Norma Bergonzi e grazie all’intermediazione dell’Urp di Cremona che ha fatto rete tra reparto, direzione medica e sistemi informativi, Alessandro è stato dotato di un pc portatile per poter seguire in diretta le lezioni scolastiche. «È stato un po’ come fare un altro lockdown – scherza la mamma – ma almeno stavolta eravamo preparati!». Come accaduto durante la pandemia, attraverso lo schermo Alessandro è riuscito a studiare utilizzando gli strumenti della didattica a distanza: «Ho frequentato regolarmente – racconta lui – potevo interagire con i professori, salutare i miei compagni di classe…A volte nel pomeriggio organizzavo qualche videochiamata con gli amici e i compagni del basket. Ho fatto anche i compiti in classe: ho appena preso dieci in geometria!».

“O TI ABBATTI, O COMBATTI”

Con le lezioni virtuali e le videochiamate degli amici il tempo scorre più veloce, come i giorni segnati in rosso sul calendario. «In questo periodo abbiamo affrontato insieme le emozioni che ci hanno travolti», racconta mamma Pinuccia. «Prima rabbia e paura, poi fiducia, speranza…Abbiamo detto ad Alessandro che qualsiasi cosa accada non sarà mai solo. Ci siamo noi, e le tante persone che in questi mesi si sono prese cura di lui». Alessandro sorride: «L’importante è non arrendersi: o ti abbatti, o combatti».

Uscendo dal reparto, il ragazzo abbraccia i medici e gli infermieri che hanno accompagnato lui e la sua famiglia in questa difficile avventura. «Per prima cosa farò le coccole alla mia gatta – afferma – poi andrò in cortile per fare due tiri al canestro». Accompagnato da mamma Pinuccia, lascia in dono una sua foto in tenuta da basket, con il pallone tra le mani e gli occhi rivolti al canestro. Accanto, un ringraziamento rivolto a tutti gli operatori sanitari, “per la bella accoglienza, la professionalità e le cure premurose ricevute, che hanno reso la mia degenza più leggera».

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