La Regione ha stanziato circa 300 milioni di euro per la realizzazione del nuovo ospedale di Cremona. La medicina del mattone, dei farmaci e degli specialisti ha prevalso su quella del territorio alla quale è stato dedicato un fiume di parole, ma poca sostanza. Almeno per ora.
E’ mille volte più gratificante l’annuncio della costruzione di una cattedrale inutile rispetto alla ristrutturazione e l’adeguamento funzionale e necessario di un immobile anche se prestigioso. La promessa agli elettori di una Ferrari o quella di un decina di Doblò non ottengono il medesimo effetto mediatico e di consenso. La supercar incasserà una standing ovation. I furgoni a malapena raccoglieranno dieci secondi di applausi.
L’immagine surclassa i bisogni reali. La politica, oggi, è più apparenza che sostanza. Fa male constatarlo, ma negarlo è autolesionismo.
«Dopotutto domani è un altro giorno» e si spera che sia più favorevole del precedente. E’ comodo pensarlo e illudersi. E’ un lenitivo alla frustrazione e all’impotenza. Alla rabbia. E Rossella O’Hara non ha mai raccontato cosa sia successo il giorno seguente il famoso dopotutto.
La revisione della legge regionale 23/2015, dovrebbe muoversi nella direzione auspicata, urlata e invocata soprattutto durante la prima ondata della pandemia. E’ stato un mantra sparato a manetta su tutti i giornali, televisioni e altri mezzi di comunicazione digitale. Ora, il volume è stato abbassato. Rialzarlo è un tonico per la salute.
Il potenziamento della medicina del territorio significa un ospedale non più al centro. Non più signorotto che guarda dall’alto in basso i fittavoli del contado. Tradotto significa meno verticalizzazione e maggiore collaborazione. Significa prevenzione, assistenza domiciliare, ascolto, più interdisciplinarietà. Significa salute della comunità e non esclusiva erogazione di prestazioni.
La medicina del territorio è una risposta alle patologie senza ricorrere allo specialista. E’ un filtro al pronto soccorso. E’ lavoro in team, è presa in carico, continuità di cura e integrazione socio-assistenziale.
La medicina del territorio dà meno profitti rispetto agli ospedali. Un guaio. Tallone d’Achille. I soldi fanno quasi sempre la differenza e non è rassicurante verificare che il principio vale anche nel campo della salute.
La medicina del territorio è tante altre cose. E’ un po’ di merce un tempo venduta dai comunisti e, adesso, in periodo di pandemia, commercializzata pure da democratici, indecisi e nonmefregauncazzo. Ad essere pignoli, non disdegnata dai destri. Non tutti, per carità. Comunque il tempo è galantuomo. E fa piacere. Rincuora.
La revisione della legge 23/2015 non può sfuggire alla ridefinizione dei confini dell’Ats Valpadana, l’ente che sovrintende, guida, decide la medicina del territorio. Quartier generale in riva al Mincio, comprende le provincie di Cremona e Mantova. Entità aliena rispetto ad una consistente fetta della nostra provincia, per i cremaschi è la turris eburnea inavvicinabile e schizzinosa. Avulsa dal tessuto locale, non è riuscita a integrarsi. Monade, è spesso mandata in mona, da qualche utente incazzato.
La geografia e il covid-19 hanno dimostrato l’inefficienza di questa conformazione dell’Ats Valpadana. Inadeguatezza che non comporta un’accusa agli operatori, ma alla struttura in sé. Da Crema, per raggiungere Mantova si impiegano circa due ore. L’informatica è un aiuto, ma non una soluzione al problema.
Già 25 comuni cremaschi hanno approvato una mozione che chiede alla Regione di valutare un nuovo assetto dell’Ats Valpadana e la creazione di due strutture: una mantovana e una cremonese. In alternativa, una maggiore autonomia di Cremona.
Ieri, a passo di carica, è entrato in campo Gabriele Gallina, sindaco di Soncino e coordinatore provinciale di Forza Italia. Ha invitato i colleghi del centrodestra dell’intera provincia a seguire il suo esempio. Li ha spronati ad approvare una mozione in consiglio comunale per stimolare la Regione ad avviare le pratiche di divorzio tra Mantova e Cremona.
A Crema è nato un comitato trasversale che si muove in questa direzione.
Cremona tace.
Il centrodestra e i cinque stelle, con diverse sfumature, sono schierati a favore della spartizione. La Lega è schizofrenica. Alcuni sindaci cremaschi si sono schiarati per la divisione dei pani e dei pesci, altri non fiatano. Il Pd traccheggia. Aspetta gli eventi.
Ancora una volta il territorio è sfilacciato, ma definirlo diviso non sarebbe un peccato mortale. Alla nostra provincia non mancano le risorse, bensì la leadership e la politica. Si vive alla giornata. Non armata Brancaleone, ma esercito senza guida. Per rimanere nel campo della salute, è malattia endemica. Un ospedale nuovo non aiuta a debellarla. Servono donne e uomini nuovi. E all’orizzonte non se ne vedono. Mala tempora currunt. E non solo per il covid-19.