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Sanità pubblica. Direttori generali che non mettono piede nei reparti

21 Dicembre 2023

Ho cominciato a lavorare nell’attuale ospedale con Felice Majori e poi li ho conosciuti tutti, i Direttori Generali, nessuno escluso e sino ad oggi. Mi pare, ma certamente per limiti miei, che siano stati in pochi, dopo Majori, quelli che si sono occupati di coprire le necessità sanitarie del territorio cremonese o a potenziare gli aspetti assistenziali. Certamente  nessuno di loro ha mai preso iniziative per la manutenzione della struttura ospedaliera se non per nascondere la polvere sotto il tappeto e del tutto eccezionali sono stati quelli che si sono veramente impegnati per migliorare la qualità dell’assistenza. A questo aspetto, che poi è quello che conta in un ospedale, hanno provveduto quasi esclusivamente medici ed infermieri, contro tutti e nonostante tutto: come faremo adesso che la loro età si avvicina alla pensione e che i giovani a Cremona non ci vogliono proprio venire? Non possiamo certo biasimarli, visto che altri modelli di sanità ospedaliera risultano più appaganti, sia dal punto di vista professionale che economico. Stiamo ormai raccogliendo i cocci di una sanità pubblica la cui gestione è stata utilizzata da alcuni personaggi quasi esclusivamente per produrre reddito e potere.

Oggi lavoro nella Sanità Privata e debbo confessare che esiste una grandissima differenza rispetto a quella pubblica, specialmente perché nel pubblico sembrano pochi quelli in grado di riflettere sull’efficienza, sull’organizzazione, sulla motivazione, sull’accoglienza. Facendo i confronti, devo purtroppo ammettere che nella sanità pubblica ho visto troppo pochi Direttori in grado di “sporcarsi le mani” per occuparsi di sanità, forse perché troppo impegnati ad elaborare strategie per compiacere i politici ai quali debbono la loro nomina, a rinsaldare alleanze, magari a progettare nuove ed innovative modalità di utilizzo dei denari dei cittadini. Ne avessi visto uno in reparto, anche una volta sola!  In queste condizioni non c’è confronto e debbo ammettere che il privato “vince” a mani basse. In pochi anni i nostri “politici” ed i loro emissari hanno contribuito a distruggere una sanità pubblica che era tra le migliori del mondo e adesso si divertono pure a prenderci in giro con un progetto edilizio, quasi che siano i muri e i laghetti a fornire assistenza, non le competenze, il personale, l’organizzazione, la dotazione tecnologica, la programmazione, l’analisi dei dati, la motivazione.

Per tornare ad esempi concreti, giova forse ricordare che l’Ospedale di Lodi, che ha molto investito sulla costruzione di un ingresso grandioso e che richiama quello di un affascinante Centro Commerciale, non sembra aver molto beneficiato dagli evidenti sforzi edilizi nelle sue funzioni primarie che sono e restano ricovero, cura e, possibilmente, guarigione. Era forse la prova generale per quello di Cremona, il che ci porta alla domanda chiave: ma di che sanità stiamo parlando? Se invece dovessimo parlare di sanità vera, dovremmo ricordare che Guido Bertolaso ha saputo costruire in tempi assai brevi un efficientissimo ospedale covid all’interno della Fiera di Milano, dove certamente latitano  boschetti, stagni, ciclofficine e paperelle.

Tra pochi giorni ci saranno le nomine per i nuovi Direttori Generali della sanità pubblica lombarda ed è obbligatorio sperare che l’assessore Bertolaso possa dire la sua. Già, ma come diceva quel tale, chi vive sperando, muore cantando. O forse la rima era diversa? In ogni caso, tra aria avvelenata e acqua inquinata,  mortalità per tumori e mortalità infantile, i cremonesi dovrebbero solo sperare in una sanità pubblica migliore ed efficiente, non nei progetti architettonici visionari appoggiati e sostenuti da tutta la “politica”.

D’altra parte chi vive sperando…

 

Pietro Cavalli

2 risposte

  1. Concordo sempre pienamente con le argomentazioni di Pietro Cavalli.
    Sempre cose realistiche e di una persona che ha vissuto la realtà di prima e i disastri della gestione recente.👏👏👏👏👏👍

  2. Non si può non essere d’accordo con te. La tua disamina è condivisibile anche da chi, come me, in quegli anni in ospedale c’era. Non credo però che, pur cantando, potrà cambiare qualcosa nel futuro della sanità pubblica se non cambia il modo di far propri i problemi che affliggono la nostra società e non solo per il capitolo salute, se non si da spazio alla capacità di condividere e a dare il giusto valore alle cose, a cominciare dal danaro. Questo è.

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