L’inizio era stato buono: nell’antica Grecia la libera scienza andava di pari passo con il libero pensiero, cioè la democrazia. Nei secoli successivi governi autoritari (le signorie, le monarchie assolute) e la Chiesa, da sempre alleata con i potenti, repressero la scienza (si ricordino Campanella, Giordano Bruno, Galileo e altri). Solo la Serenissima e l’Inghilterra dimostrarono una certa indipendenza; la prima ospitò i grandi anatomisti della scuola patavina (Vesalio, Falloppio, il cremonese Colombo). La seconda diede vita ad una scuola di pensiero che vide i propri esordi nel 1627 con la pubblicazione del trattato Nuova Atlantide di Francis Bacon, un’opera in cui si parla di una società ai cui vertici vengono posti gli scienziati. Anni dopo, nel 1660, fu fondata la Royal Society i cui membri traevano continua ispirazione dall’opera baconiana (sembra che sia così ancora oggi). L’avvento dell’Illuminismo consolidò l’idea di un mondo governato dalla Ragione. Saint Simon e Comte contribuirono all’affermarsi della convinzione secondo la quale i politici dovevano essere sostituiti da élite di scienziati e tecnocrati. Una convinzione che ancora oggi molti condividono, viste le precarie condizioni in cui versa il nostro Paese.
L’auspicio di un dominio della scienza implicava (e implica) un sogno ad essa sotteso: la creazione della vita e il raggiungimento dell’eterna giovinezza. Fra fine Ottocento e i primi Novecento le famiglie Rockefeller, Bush, Harriman, Ford, Warburg, per citare le più importanti, si prodigarono in generosi finanziamenti per gli studi di eugenetica. La Letteratura – che sente sempre il polso dei tempi – in quei decenni ha prodotto opere quali Frankenstein or the modern Prometheus di Mary Shelley e il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Niente come il potere nutre la fallace convinzione di essere superiori ai propri simili; la caducità della vita è un boccone difficile da digerire.
A cavallo tra Sette-Ottocento, nel suo trattato An assay of the principle of the polulation as it affects the future improvement of society, il pastore anglicano Malthus sostiene che poiché la crescita dell’umanità avviene in modo esponenziale, mentre le risorse crescono in proporzione
aritmetica, il benessere della società richiede di limitare la proliferazione della popolazione (quella povera, naturalmente, i ricchi sono così pochi…) . La ‘filosofia’ malthusiana trovò un avvallo scientifico nella teoria darwiniana secondo la quale
solo il più adatto (più forte) sopravvive. Malthus e Darwin non fecero altro che confermare ciò che era in essere già da tempo nella società dell’Ottocento: una esigua minoranza di privilegiati
a fronte di una massa sempre più corposa di diseredati.
‘Filosofia’ e Scienza non tardarono a diventare ideologia; nel 1881 fu fondata la Società Fabiana, dal nome di Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore. Dal nome si intuisce come
l’attuazione degli ideali di evoluzione sociale prevedesse tempi lunghi. Questa Società divenne una fucina di idee riformatrici di ispirazione socialista, ma il cui vero obiettivo era quello di
logorare la spinta rivoluzionaria marxista in fase di preoccupante diffusione. Alla Società aderirono personalità di spicco come Bernard Show, Wells, Orwell e tanti altri, a riprova che gli intellettuali peccano sovente di ingenuità; pochi o forse nessuno ebbe il sospetto che il rimando continuo a scenari sempre annunciati e mai concretizzati potesse celare un imbroglio.
Nel Novecento il matrimonio fra Scienza e Capitale si consolidò definitivamente. La prima è asservita alla tecnologia che, a sua volta, è finanziata dal capitale. Se Malthus si era limitato ad auspicare il contenimento della popolazione dei meno abbienti,
dopo di lui si arrivò a teorizzare il predominio dei più ‘adatti’, cioè la razza bianca, con tutti i possibili risvolti inquietanti che ne sono seguiti. Ciò che è ancora più inquietante è che autentici mostri come Hitler e i suoi scherani, con le loro idee deliranti sul dominio della razza bianca, hanno incontrato il favore del capitale americano; i fratelli Dulles finiranno per finanziare gli
armamenti della Germania nazista. Accanto al programma biologico, il programma di supremazia tecnocratica fu accolto con favore dai progressisti americani che non esitarono ad appoggiare le teorie finalizzate ad ottimizzare il lavoro nelle fabbriche (migliorare l’efficienza produttiva), teorie che furono accolte con convinzione nientemeno che da Lenin, i cui scritti sull’argomento inneggiano alla produttività. I capisaldi delle opposte filosofie politiche finirono per parlare la stessa lingua; il lavoro
dell’intelletto, logico e razionale, appartiene ai tecnocrati e non ai lavoratori. Questa impostazione della società che, come dicevamo prima, ha avuto il suo doveroso avvallo filosofico e scientifico, aveva un fine che sovente è stato annunciato a caratteri cubitali: la
scienza e la tecnologia avrebbero migliorato la vita delle masse e sconfitto gli sprechi, il precariato e la fame (?).
Non mi sembra che questi nobili obiettivi siano stati raggiunti (parlo dell’Occidente, si capisce)- Sprechi e precariato fanno parte del quotidiano e da qualche tempo si profila all’orizzonte lo
spettro della povertà. I potenti della terra (ma sono davvero così potenti o anch’essi devono sottostare a volontà diverse dalla loro? Si pensi a Bolsonaro!) parlano di degrado ambientale come fosse una iattura capitata, non prevista, fra capo e collo, la cui sola menzione genera un certo irrigidimento negli interlocutori. Questi parlano più volentieri di nucleare iraniano, di diritti civili
e di empowerment femminile. Il multilateralismo auspicato da Draghi dovrebbe superare le scorciatoie demagogiche
(nazionalismo, protezionismo…), ma resta il dubbio che sia sinonimo di multipolarismo: da un lato Europa e USA e dall’altro Cina e Russia (che si sono defilate dal G20).
Dal tempo della fondazione della Fabian Society i cambiamenti epocali stazionano in un’eterna vigilia che non vedrà tanto presto la soluzione di una lunga lista di problemi quali il già citato degrado ambientale, la vaccinazione nei Paesi poveri, l’estinzione dei mille focolai bellici, la lotta alla sperequazione economica e tanti altri. Il tempo delle risposte deve ancora arrivare, perdura quello degli interrogativi.
Giuseppe Pigoli