La polemica per il piano energetico, l’acquisizione del 51 per cento di Lgh da parte di A2A, (tornata alla ribalta per una sentenza del Tar che non riguarda direttamente l’operazione cremonese), il contenzioso in atto per il recesso di otto soci da Scrp, ripropongono una riflessione sulle partecipate e il loro ruolo.
Chi decide il futuro del territorio? La politica e gli amministratori pubblici, oppure le società partecipate e i loro consigli di amministrazione?
I primi, se ci sono leader in grado di svolgere questa funzione. I secondi, se politica e generali sono dei pesi piuma. Al di sopra di tutti, i partiti che si sono divisi i posti nei consigli di amministrazione. Convitato di pietra, ma non tanto, il business che queste società alimentano. Milioni di euro. Pubblici.
La politica e i politici sono la mente, la programmazione, la visione prospettica in funzione del bene comune. Sono tutto, ma non sempre capiscono tutto. O fingono di non capire. O preferiscono capire quel che a loro più aggrada.
Le società partecipate e i consigli di amministrazione sono il braccio operativo, la cassaforte, il buon smaritano e la pia donna che aiutano i soci nel momento del bisogno. Sono donatori di sangue, bancomat di servizi a costo calmierato. Se sono magnanimi, distribuiscono dividendi. Sui prezzi dei servizi c’è da discutere. I dividendi sono un oggetto misterioso. Negli ultimi anni da Scrp sono arrivati una o due volte.
La politica dirige. Le partecipate eseguono.
Questo racconta il nonno al nipotino e così dovrebbe essere. La storia narra, invece, che spesso la realtà è stata diversa. E’ diversa. Probabilmente, sarà diversa. Si continua a fingere di credere nella favola con l’illusione che prima o poi si avveri e che agli scettici e ai fatalisti fa dire «contenti loro, contenti tutti».
Le partecipate tracciano la rotta e i politici la percorrono. I consigli di amministrazione agiscono e poi chiedono in assemblea il nulla osta ai soci che lo concedono quasi sempre. Quasi sempre senza fiatare. Quasi sempre convinti di avere fornito il loro contributo per un futuro del territorio, che in queste circostanze è, per postulato, sempre radioso. In alternativa, luminoso.
In assemblea parlano il presidente, il direttore generale, i tecnici di turno. Slide, diagrammi, parole. Un vortice di informazioni. La proposta-progetto già decisa, ma non ancora ufficiale, è una meraviglia.
I soci ammaliati, frastornati e un po’ rincoglioniti dal tourbillon di numeri, ascoltano in religioso silenzio. I relatori sono un concentrato di scienza, lungimiranza e termini inglesi che annichilisce e instilla dubbi sulla propria cultura e grado di istruzione. E’ il trionfo di Enzo Jannacci: «Quelli che ti spiegano le tue idee senza fartele capire». Già, chiamano Memorandun of understanding in banale protocollo d’intesa e steering committee un semplice comitato direttivo. Al bar sport direbbero, ma andate a scopare il mare.
Pochi soci chiedono delucidazioni. Ma sono rompiballe, extraterrestri, disturbatori del manovratore che, è noto non deve essere disturbato. Oscurantisti.
Si vota. Il consiglio di amministrazione incassa una maggioranza bulgara e avanti Savoia, ma spesso il territorio rimane al palo e la luce degli illuminati è offuscata da un’eclisse di buon senso.
Insieme all’avallo della propria decisione, alla società viene consegnato il salvacondotto di non colpevolezza in caso di fallimento del progetto approvato. Per dirla schietta, con l’assemblea, il consiglio di amministrazione si para il culo. Il progetto va in vacca? «L’intervento è stato deciso dai soci» e buona notte al secchio.
Nel 2015 Lgh cede il 51 per cento delle azioni ad A2A. Scrp detiene poco più del 9 per cento delle azioni di Lgh, scende al 4 per cento con un introito di circa 10 milioni di euro. Nel 2016 i Cinque stelle inoltrano un esposto all’Autorità Nazionale Anticorruzione, che lo accoglie. Il Comune di Crema ricorre al Tar del Lazio contro la decisione dell’Anac stessa, ma soccombe.
Angelo Marazzi, sul Nuovo Torrazzo il 26 ottobre 2019, riassume con precisione svizzera i fatti. «Nonostante l’entità rilevante dell’importo in ballo – scrive il giornalista – la decisione di avallare la cessione venne presa dal consiglio di amministrazione di Scrp, allora presieduto da Pietro Moro. Il quale, informando i sindaci soci nell’assemblea del 21 dicembre 2015 – ultimo giorno utile per aderire o meno alla proposta di acquisto da parte di A2A – sostenne fossero di competenza del Cda le responsabilità della scelta, non facendola votare. Per altro, sempre in un’assemblea della Società patrimoniale, l’allora sindaco di Agnadello, Giovanni Calderara, aveva espresso perplessità in ordine alla procedura adottata, paventando il rischio che, configurandosi l’operazione come una cessione e non una partnership industriale, potesse incorre in qualche irregolarità. Il Consiglio di amministrazione di Scrp, come pure il collegio sindacale, che ha sempre ostentato sicurezza, s’è però premurato di accantonare 695 mila euro, come riportato a pagina 61 della relazione di bilancio 2016, per eventuali contenziosi sulla procedura seguita nell’operazione Lgh-A2A».
Come è finita la vicenda? I 695 mila euro sono stati utilizzati? Forse la notizia è stata diffusa e la stampa non le ha concesso molto rilievo. Poco male. Si può rimediare con un comunicato o un’intervista e raccontare la fine della storia. Ma a chi compete? Ai politici o al consiglio di amministrazione? O al liquidatore di Scrp, considerato che la società è, appunto in fase di liquidazione?
E’ il mondo delle partecipate, bellezza. E’ la terra di mezzo.
Antonio Grassi