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Scuola Medica Salernitana: storia, leggenda, modernità

16 Marzo 2022

Per molto tempo si è creduto che nel Medioevo, la trasmissione del sapere nmedico avvenisse ad opera degli Ordini Religiosi o delle Scuole Cattedrali del Sacro Romano Impero; oggi è universalmente accettato che l’iniziazione all’arte medica divenne elemento proprio delle università che sorsero nello stesso periodo. Fra queste la più rinomata è sicuramente quella di Salerno che, peraltro, non fu mai denominata come Università, bensì come Scuola. Le sue origini si perdono nel mito. Ed è noto che i miti contengono una parte di verità che deve essere interpretata.

La leggenda descrive l’incontro, avvenuto nel IX secolo di quattro dotti, esperti di medicina: un ebreo, un arabo, un greco e un latino che avevano cercato riparo dalla pioggia sotto le volte di un fatiscente edificio romano. Dal confronto del
reciproco sapere nacque l’iniziativa di fondare una scuola. Già una prima lettura della leggenda richiama un comportamento che oggigiorno è seguito dalla comunità scientifica internazionale nota come revisione fra pari (peer review), cioè incontri periodici in cui team di esperti si scambiano le reciproche esperienze allo scopo di individuare percorsi scientifici condivisi. Inoltre l’ubicazione temporale del mito (IX secolo) probabilmente si riferisce ad una sorta di rinascita della didattica, già attiva nel mondo romano classico, ma inevitabilmente dimenticata a seguito delle ondate barbariche.

Altro aspetto insito nella leggenda è la laicità dell’iniziativa: nessuno dei quattro personaggi fondatori è un religioso; prima della fondazione delle Scuola l’arte medica era esclusivo appannaggio degli Ordini Religiosi, cioè la conoscenza (non l’attività assistenziale) era e restava confinata all’interno delle mura di conventi e monasteri. In altre parole l’avvento della gestione laica del sapere ha contribuito alla divulgazione del sapere stesso. A conferma di ciò sta il fatto che, malgrado la relativa vicinanza geografica con il monastero di Montecassino, i medici salernitani rimasero sempre liberi da ogni ingerenza ecclesiastica. La formazione medica comprendeva anche corsi di logica, pratica medica e
chirurgica e, alla fine degli otto anni (!!) di corso, l’allievo era sottoposto ad un esame, superato il quale otteneva la Licentia Praticandi. .

Non è questa la sede per citare tutte le figure mediche che hanno fatto la storia della Scuola; ci limiteremo a citarne alcune fra le più significative: Garioponto, autore di trattati ispirati alla dottrina di Galeno, Petrocello autore di una Practica in cui si sottolinea l’importanza dell’esperienza empirica. Costantino l’Africano rappresenta una delle figure più interessanti e prestigiose; seppe mantenere vivo il legame culturale con gli insegnamenti antichi. Viaggiatore instancabile, per decenni frequentò gli ambienti medici di Egitto, Siria, Etiopia e persino dell’India. Essendo poliglotta fu in grado di studiare e tradurre gli antichi manoscritti greci e arabi. Fu quindi una figura di caratura internazionale.
Il prestigio della Scuola andò crescendo nel tempo, al punto che dall’estero giungevano malati, ma anche giovani desiderosi di apprendere la medicina. Numerosi sono i trattati prodotti dalla scuola che hanno “fatto storia”: De Aegritudiorum curatione la cui seconda parte tratta di tutte le malattie ab capite ad calcum (dalla testa ai piedi).
De Regimen Sanitatis Salernitanum ha costituito un punto di riferimento dell’arte medica fino al XVI secolo.

Dopo secoli di splendore giunse inevitabile la decadenza; la nascita di università come Montpellier, Bologna, Napoli e Padova – fra VIII e XII secolo – contribuirono a ridurne la fama, fino alla sua chiusura voluta da Gioacchino Murat nel 1811. Oggi si dibatte sulle vere cause di questa decadenza, in particolare sul ruolo che ebbero i testi antichi: secondo alcuni, nonostante uno dei leggendari padri fondatori fosse arabo, i medici salernitani avevano attribuito una considerazione marginale alla medicina araba, preferendo riferirsi ai classici greci e latini. D’altro canto studiosi autorevoli come Cosmacini scrivono : “L’affacciarsi della civiltà araba nel bacino del Mediterraneo costituì una sferzata di novità” (Cosmacini, l’Arte Lunga, ed. Laterza). Lo studioso stesso riferisce che “Salerno costituì il vero tramite tra scuole di medicine orientali e occidentali prima del Rinascimento”;

Lasciando la disputa agli esperti dell’argomento, nostro compito è considerare l’assoluta unicità della Scuola che godette per secoli di fama non certo usurpata (anche il monarca inglese aveva chiesto lumi su come preservare la propria
salute). Testi antichi di terre lontane riportano i suoi principi metodologici e dottrinali, a testimonianza non solo del prestigio, ma anche del ruolo della Scuola nel mantenere la continuità della cultura latina. Il “fenomeno” Salerno rivoluzionò molti aspetti della vita non solo scientifica: per prima cosa attuò il distacco dalla medicina europea, imbevuta di misticismo, considerando le malattie solo di origine somatica (compresa l’epilessia e la psicosi), praticando così la cura esclusivamente al corpo.

Un altro merito della Scuola fu quello di aver anticipato l’emancipazione femminile; le donne erano ammesse alle lezioni e potevano esercitare l’attività infermieristica e l’ostetricia. A questo proposito va ricordata la straordinaria figura di Trotula de Ruggero (già ricordata in altra sede), autrice di un trattato di ostetricia apprezzato in tutto il continente.
In conclusione va sottolineato che la Scuola seppe ricorrere al metodo e all’osservazione con rigore, anticipando di secoli le moderne procedure di ricerca; per esempio, le attuali conoscenze sulla fisiopatologia digestiva erano già state intuite dai salernitani che, pur non conoscendo la biochimica, la cellula e la sua funzione, furono in grado di coniare dettami comportamentali validi ancora oggi: colazione da principe, pranzo da borghese e cena da mendicante è un aforisma
che riguarda la distribuzione corretta degli alimenti nell’arco della giornata e di cui i nutrizionisti contemporanei dovrebbero tenere conto, invece di ridurre l’alimentazione ad un banale calcolo calorico.

 

Giuseppe Pigoli

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