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Servizi sociali. Comuni al dissesto per oneri impropri

10 Agosto 2022

Il 2 agosto il Comune di Cerreto Lomellina ha dichiarato il dissesto finanziario, in altre parole il fallimento. Al default ha concorso principalmente il provvedimento del Tribunale dei Minori di Milano, il quale aveva disposto che, dal 15 marzo 2018, tre ragazze minorenni venissero allontanate dalla famiglia di origine e collocate in una struttura comunitaria, con conseguente onere delle rette pari a 93.075 euro annui, posto a carico del Comune. La notizia è stata pubblicata da giornali nazionali e locali nei giorni scorsi. Pochi se la sono filata. Al contrario, avrebbe meritato l’apertura di un confronto politico locale e nazionale mirato a porre un rimedio a una questione che si trascina da anni: l’obbligo dei Comuni di pagare le spese per minori affidati a comunità protette. Nulla da obiettare sul provvedimento del Tribunale. E ancora meno da ridire sul dovere della società di farsi carico di questi interventi. Molto da recriminare sul fatto che i Comuni debbano farsi carico di queste spese, le quali ammontano a molte decine di miglia di euro all’anno per ogni minore inserito nelle strutture in questione. Ad essere penalizzati sono soprattutto i piccoli e i medi Comuni con bilanci risicati che possono vedere le loro previsioni di spesa stravolte da un imprevisto. Basta un cambio di residenza di un minore con problematiche sociali per ritrovarsi con il bilancio in affanno.

Già nel maggio del 2015 i Comuni cremaschi avevano posto il problema, ma la situazione non è cambiata. In una lettera con oggetto: Pagamento delle rette concernenti gli affidi in strutture residenziali protette, inviata all’Anci Lombardia, alla giunta regionale, ai consiglieri regionali del Cremasco, ai parlamentari e firmata da una ventina di sindaci, venivano sottolineate le difficoltà economiche dei Comuni a sostenere le spese sociali. «Un esempio su tutti – scrivevano allora i sindaci – i decreti dei tribunali per i minorenni che dispongono nella maggior parte dei casi «l’affido dei minori ai servizi sociali, per l’inserimento degli stessi in idonee strutture residenziali. L’inserimento in strutture residenziali viene spesso esteso alla madre dei minori, previo consenso della stessa. Ovviamente questi provvedimenti, la cui opportunità nessuno mette in discussione, generano costi ingenti che ricadono sui Comuni di residenza dei soggetti in affidamento ed aprono falle negli equilibri di bilancio».I firmatari evidenziavano: «Per avere un’idea dell’incidenza sui costi dei bilanci comunali è sufficiente verificare il costo delle rette per l’inserimento in comunità o struttura residenziale idonea.». I sindaci concludevano: «Chiediamo di istituire un tavolo di confronto all’individuazione di una ragionevole soluzione del problema». Sono passati 7 anni. La situazione non è migliorata. Il dissesto finanziario di Cerreto Lomellina lo conferma. Della questione si erano interessati anche il parlamentare Luciano Pizzetti e la sua collega Cinzia Fontana, ma hanno dovuto arrendersi. Che fare?

Innanzitutto si potrebbe chiedere ai candidati locali al parlamento nelle prossime elezioni del 25 settembre di prendere un impegno formale con gli elettori e con i sindaci della provincia di Cremona di porre la questione tra le loro priorità. Poi, per quanto riguarda il Cremasco, si potrebbe sollecitare l’Area omogena affinché metta la questione all’ordine del giorno della prossima assemblea e prenda iniziative politiche per sensibilizzare i legislatori sulla questione. Ma soprattutto occorre coinvolgere Provincia e Regione.

Riempirsi la bocca con il Pnrr e nel contempo mettere i piccoli e medi Comuni nella condizione di trovarsi con voragini di bilancio nonostante una corretta gestione, non è il massimo della vita e della buona amministrazione.

 

Antonio Grassi

 

La lettera scritta nel 2015

2 risposte

  1. Argomento davvero di significativa rilevanza, dato che pertiene alla gestione di quel “sociale” di cui molti si riempiono la bocca con proposte e promesse degne di un mago. Sono passati 35 anni da quando mi sono occupata di assistenza e non posso che constatare che si continua a fare propaganda e mai si struttura una gestione nazionale e locale che abbia concreti mezzi ed efficienti servizi per disporre di una rete per i più fragili. Non tutti si possono salvare, ma molti si, e non lo si fa con elargizione di denari, di buoni pasto o pagando bollette senza controlli. I costi scaricati sui Comuni sono solo un esempio di quanto scollamento ci sia fra la politica e la concreta messa in pratica di un piano di accoglienza e reinserimento anche educativo di minori in difficoltà e relativi nuclei. I cittadini del futuro sono anche questi e per costruire una società coesa, tassello dopo tassello, serve sia rispettare chi sa camminare da solo sia investire seriamente e con severità in servizi per chi ne ha bisogno e pertanto ai Comuni servono assolutamente le risorse per farlo. Una delle tante conseguenze di un dissesto amministrativo per queste ragioni è spingere sempre di più in un ghetto gli incolpevoli soggetti bisognosi di vera assistenza rendendoli invisi alla pubblica opinione, cosa che accade comunque ogniqualvolta la cittadinanza vede sperperare le proprie tasse in inutili e improduttive gestioni dell’assistenza. Come al solito, siamo il Paese delle chiacchiere.

  2. Ne so qualcosa a Vescovato. Ho da poco altri due minorenni affidati in comunità dal tribunale dei minori, costo 115 euro al giorno A testa Al netto del contributo di azienda sociale e di una compartecipazione di un genitore ad uno dei due, costeranno al Comune circa 20.000 euro per il periodo da metà luglio al 31/12, e quindi per il prossimo anno la quota si raddoppia Anche per il nostro bilancio è una mannaia.
    Rimedi? Alzare le tasse gravando così la comunità? Penso che la soluzione sia da ricercare altrove, partendo magari da un diverso modo di analizzare ed affrontare da parte degli enti preposti queste situazioni drammatiche per le famiglie e soprattutto per i minori.
    I Comuni, ultimo presidio sul territorio nel collegamento Stato-Cittadino, devono essere messi in grado di sostenere questi costi sociali, e non solo con forze proprie sempre più esigue nei piccoli Comuni e senza nessun aiuto dallo Stato centrale.

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