Gentile Direttore,
la siccità degli ultimi mesi è la conseguenza della crisi climatica che, ormai, è diventata strutturale e non più solo un’emergenza. Bisogna partire da questa consapevolezza per mettere in campo politiche in grado di accompagnare questo straordinario cambiamento che impatterà sempre di più sulla vita di ciascuno di noi. Politiche che andavano intraprese già da tempo ma che in Lombardia non sono state avviate.
In questi ultimi cinque anni più volte io e tutto il gruppo del Partito democratico abbiamo sollecitato la giunta regionale ad affrontare il tema, partendo proprio dalla consapevolezza che si tratta di un cambiamento strutturale, che non deve essere affrontato solo come una contingenza. Già nell’estate 2018, a pochi mesi dall’insediamento del presidente Fontana e della sua giunta, avevo portato all’attenzione il tema del deflusso minimo vitale e della necessità di rivederne i meccanismi. Pochi mesi dopo avevo proposto al consiglio regionale di chiedere al presidente Fontana di dichiarare lo stato regionale di crisi climatica, richiesta respinta dalla maggioranza di centro destra. Nel 2020 è arrivata la pandemia e a quella crisi si è aggiunta quella sanitaria. Lo scorso anno la siccità si è ripresentata in tutta la sua evidenza e oggi, in alcune aree, è anche già peggiore dell’anno scorso e i suoi effetti saranno moltiplicati dal fatto che colpirà per la seconda estate consecutiva.
In provincia di Biella è stato chiesto ai cittadini di non lavare le auto. Nel Pavese e non solo hanno già rinunciato a seminare migliaia di ettari di riso. Dall’inizio dell’anno, a causa di eventi atmosferici che alternano gelate a temperature insolitamente alte, sono stati già calcolati 250 milioni di euro di danni. A questi si aggiungeranno quelli legati alla siccità. Per queste ragioni, nei giorni scorsi, ho proposto di avanzare già da subito al Governo la richiesta di proclamare lo stato di calamità naturale. Questo perché i danni già ci sono e si vedono. La nostra regione sta già vivendo condizioni di grande difficoltà sia negli invasi idroelettrici che nei laghi. E sarà sempre più così.
La realtà è che in questi anni Regione Lombardia non ha fatto nulla per affrontare le ricadute della crisi climatica e, lo scorso anno, si è mossa in ritardo. Adesso Fontana chiede aiuto al Governo. Ma è tardi.
Lo scorso dicembre, durante l’ultima seduta del consiglio regionale, abbiamo approvato all’unanimità, su nostra proposta, una risoluzione con richieste molto specifiche, sia a breve che a medio-lungo termine. L’obiettivo è razionalizzare i consumi e aumentare la disponibilità di acqua. In questo scenario servono azioni per aumentare la capacità di accumulo massimo di acqua che ad oggi è di 2,5 miliardi di metri cubi.
Ma bisogna lavorare in prospettiva su almeno altre tre linee di intervento strategiche: la riduzione dei consumi, sia per uso agricolo che domestico, grazie alla diffusione di nuove tecnologie di irrigazione, l’avvio di massicce campagne di informazione e il contenimento degli sprechi (la cosiddetta “dispersione idrica”) attraverso l’ammodernamento delle reti distributive dei consorzi e degli acquedotti comunali, anche grazie ai fondi del Pnrr e le misure del PSR (Programma di sviluppo rurale) , che dovranno divenire strutturali e non solo, come sono state finora, “una tantum” , anche di fronte alla totale assenza di una programmazione. Ad esempio, un “taglio” importante, tra il 15% e il 20%, delle risorse idriche utilizzate (a fronte di una media nazionale del 4%) può arrivare dall’uso in agricoltura di acque reflue depurate.
Ciò che però dovrà essere fatto con maggiore convinzione è una programmazione di interventi che parta dal presupposto che i cambiamenti climatici sono ormai strutturali e non possono essere affrontati come un’emergenza inaspettata e passeggera. Nei prossimi cinque anni questo dovrà essere uno dei temi prioritari della Politica, soprattutto in Lombardia.
Matteo Piloni
consigliere regionale PD