Si chiama Life Climax Po ed è un progetto per l’individuazione di strategie che consentano di aumentare la resilienza ai cambiamenti climatici nel bacino fluviale del Po attraverso l’individuazione di azioni pilota selezionate e facilmente replicabili. La portata del fiume più lungo d’Italia ha raggiunto il suo minimo storico per questo periodo, preoccupando non solo gli esperti ma anche la popolazione che vive nel bacino idrografico del corso d’acqua che si estende per quasi 90.000 chilometri quadrati, comprendendo ben otto regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche), la provincia autonoma di Trento e parte del territorio francese e svizzero. Le proiezioni per la stagione 2023 si annunciano peggiori del 2022 e le precipitazioni delle ultime settimane non consentiranno certamente di recuperare il deficit idrico accumulato dall’anno scorso ad oggi e questo mette a rischio soprattutto la produzione agricola (nel bacino del Po sono presenti oltre 3 milioni di ettari di superficie agricola utilizzabile) e quella idroelettrica (nel bacino del fiume Po viene prodotto circa il 55% dell’energia idroelettrica italiana).
Purtroppo, l’assenza ormai da molti mesi (novembre 2021) dei flussi umidi di origine atlantica, in grado di apportare importanti quantitativi pluviometrici e abbondanti nevicate sull’arco alpino, ha generato negli ultimi due anni un deficit complessivo di risorsa che ha superato i precedenti record storici. Al momento, la somma dello Snow Water Equivalent (volume d’acqua contenuto nel manto nevoso) di tutto l’arco alpino conferma una perdita di risorsa pari a circa il 60%; questo farà sì che anche quest’anno durante la stagione irrigua verrà a mancare il contributo tipico della fusione nivale ai deflussi dei corsi d’acqua superficiali e di conseguenza in tutte le principali sezioni del fiume Po, se non ci sarà un’inversione di tendenza, si continueranno a registrare valori di portata media mensile tra i più bassi mai registrati con tutto quanto ne consegue, a partire dall’intrusione del cuneo salino nei rami del Delta.(
“Chiaramente – sottolinea il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po Alessandro Bratti – gli eventi osservati negli ultimi venti anni sono la diretta conseguenza dei cambiamenti climatici in atto. In base ai modelli di previsione climatica globali e regionali, il bacino del fiume Po si pone nella zona di transizione climatica fra il Mediterraneo ed il Nord Europa, nella quale l’incertezza sul clima futuro è più elevata che in altre aree Europee”.
Quello che è certo, così come si sta già osservando, è che la distribuzione delle precipitazioni, anche nevose, subirà una significativa variazione con un aumento importante della frequenza con cui potranno presentarsi periodi siccitosi e temperature superiori alla media storica. È quindi evidente che, quella che finora è stata trattata come un’emergenza, sarà invece la nuova realtà e questo richiederà l’adozione di strategie di adattamento di lungo periodo che andranno attentamente studiate e che dovranno interessare tutte le componenti che generano una domanda di risorsa idrica probabilmente non più sostenibile.
“Ed è proprio per andare incontro a questa esigenza in maniera strategica e lungimirante, che è stato pensato il Progetto Climax Po, – evidenzia il dirigente tecnico dell’Autorità distrettuale Francesco Tornatore – che mira a promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici attraverso una gestione climaticamente intelligente delle risorse idriche su scala di distretto idrografico”.