Cremona, seconda città d’Europa per inquinamento da polveri sottili. La nostra provincia prima in Italia per numero di decessi da particolato fine. Le cause? Molteplici. Tra i principali imputati, la posizione geografica e i venti deboli e anemici. A fotterci è la natura matrigna. È la sfiga di abitare in un luogo con aria stagnante, venti scarsi e pioggia in costante ritardo sull’orario. Come i treni per Milano e Mantova, ma questo è un altro problema. «Il meteo comunque resta un fattore determinante» (Corriere della sera sezione Milano, 22 gennaio) spiega Guido Lanzani, responsabile del settore Qualità dell’aria di Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) in riferimento alla situazione delle polveri sottili in Lombardia. Non v’è dubbio che questo sia un problema, ma non il problema. Il meteo avverso non produce polveri sottili, favorisce la loro concentrazione. Non ci si ammala per la pioggia e i venti birichini e dispettosi, ma per i veleni che impestano l’aria lombarda e di Cremona in particolare. Questo il problema. Semplice. Lineare. Non spetta a Lanzani affrontarlo e risolverlo, ma alla politica e ai pubblici amministratori con decisioni drastiche e coraggiose. Se l’aria non è impregnata di polveri sottili che sia stagnante o non piova, chissenefrega. Tuttalpiù ci saranno il Po, il Serio, l’Adda in secca, ma non si è mai ammalato e non è mai morto nessuno per la scarsità d’acqua dei nostri fiumi. «Stiamo vivendo – spiega Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – uno dei più lunghi e opprimenti periodi di smog degli ultimi anni, eppure il silenzio delle istituzioni è assordante, a tutti i livelli. Come se si desse per scontato che, per uscire da questa situazione, solo pioggia e vento possono salvarci» (vittorianozanolli.it, 28 gennaio). Difficile darle torto.
E ora l’altro aspetto della questione. Il capoluogo avrà un ospedale nuovo, all’avanguardia. Entrerà nel circuito di Formula uno della sanità lombarda e anche oltre, nel Gotha delle eccellenze. Avrà piloti all’altezza e macchine avveniristiche, tirocinanti più tosti di quelli di Grey’s Anatomy. Costerà 300 milioni di euro e farà la felicità degli imprenditori e di molti politici. Anche dei pazienti. Intanto nel Cremasco mancano i medici di base e l’intero territorio provinciale è in marcia per seguirlo. Si curano gli ammalati, non le cause della malattia. L’inquinamento produce pazienti, il nuovo ospedale li rigenera e li rimette nel circuito produttivo. È la società d’oggi, bellezza. Avremo più medici superspecializzati e mezzi diagnostici più sofisticati. Scarseggeranno i sanitari della prima linea, quelli in trincea. Inquinamento, malattia, nuovi ospedali, cura. Una catena di montaggio perfetta. Il cerchio è chiuso. L’economia, salva. A chi giova?
La politica sanitaria non sfugge alla regola dell’economia. Le priorità degli interventi sono decisi soprattutto dal ritorno dell’investimento in termini finanziari e d’immagine. Il reale bisogno di salute di cittadini non sta al vertice. La rotta è indicata dagli stakeholder. Nell’immediato e nel breve periodo gli investimenti ospedalieri surclasseranno la prevenzione e la medicina del territorio. È incontestabile però che l’arrivo del covid ha evidenziato che con una medicina più vicina ai cittadini la situazione sarebbe risultata meno tragica. E la nostra provincia ne sa qualcosa. Anzi molto. Purtroppo. La medicina del territorio smantellata, rimpianta e glorificata con l’avvento del covid resterà Cenerentola. E’ un guaio. Per la politica prendere decisioni radicali e impopolari è rischioso. Per dirla in maniera brutale: non toccare i poteri forti presenti in ogni comunità, la nostra provincia compresa, è un imperativo per mantenere il posto e illudersi di gestire briciole di potere.
Se la politica è al servizio dell’economia e non viceversa, la questione ambientale rimarrà di competenza dei consigli di amministrazione e delle quotazioni in borsa e sarà affrontata in termini puramente economici. Se conviene, siamo tutti green. Ma se questo implica la chiusura di impianti remunerativi il green è un illustre sconosciuto. L’attenzione al problema ambientale non manca. Sarebbe ingiusto negarlo. Abbondano le parole. Mancano gli interventi. Alle affermazioni non sempre seguono i fatti. La quantità di promesse non migliora la qualità dell’aria e, per Cremona, il concetto, è estensibile anche al suolo e all’acqua.
Non sono esenti da colpe un nutrito numero di cittadini. Quelli dei costi/benefici, del meglio morire domani di tumore che oggi di fame e del qualunquismo. Quelli della politica non mi interesso, dei social, dei giovani già vecchi, del lavoro prima di tutto. Il discorso porterebbe lontano. Condurrebbe a pipponi infiniti sul modello di sviluppo, sulla neutralità della scienza, sulla tecnologia. Sulla galassia di ecologia e politica. Da anni se ne discute. Non è questo né il momento, né il luogo di riproporre il tema. Sia però concesso immaginare una città diversa.
«Quella notte José Arcadio Buendìa sognò che in quel luogo sorgeva una città rumorosa piena di case con pareti di specchio. Chiese che città fosse quella, e gli risposero con un nome che non aveva mai sentito, che non aveva alcun significato, ma che nel sonno aveva avuto un’eco soprannaturale: Macondo».
In provincia di Cremona nel 2019 sono stati 468 i decessi per particolato fine. (Openpolis
22 gennaio). Macondo forever.
Antonio Grassi
Una risposta
Grande Antonio! Come sempre il sapido richiamo culturale! Peccato che al governicchio ci siano ministri che della cultura umanistica conoscono poco più della lettura di Pinocchio e Giggetto o’ bibbitaro anche neno. L’amore al tempo del Covid fa il paio con i Cent’anni di solitudine del capo di stato…