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Sport e inclusione, una bella storia di scuola

30 Aprile 2021

Un anno apparentemente come gli altri, una nuova classe prima, l’emozione del primo giorno di scuola: la loro e la mia. 

Come sempre a giugno il profumo intenso dei tigli mi aveva ricordato che l’anno scolastico si stava concludendo e ora la luce radente di settembre mi riporta in aula in un istante. 

Quante aspettative saranno soddisfatte, quante deluse? 

Noi docenti ci prepariamo a quel momento di accoglienza nei giorni precedenti: elenchi con riportati nomi e cognomi, informazioni preziose sui ragazzi che troveremo davanti a noi, per non sbagliare approccio, per individuare le migliori strategie educative fin da subito. Ma quando poi li abbiamo di fronte è tutta un’altra cosa: sono un gruppo di ragazzini spaventati ed eccitati allo stesso tempo che entrano in un luogo semi sconosciuto, sulle spalle portano le ansie dei genitori, il carico di esperienze maturate nella scuola del grado di istruzione precedente (ma quanto sono brave le maestre a riuscire a gestire un distacco dopo 5 anni?) e i loro zaini nuovi di zecca scelti da mesi…

Quando entri per la prima volta in contatto con gli alunni ti giochi molto del tuo futuro rapporto con loro: è un gioco di sguardi, di sorrisi, di autorevolezza da confermare, di apertura alla relazione da manifestare. Non è semplice fare il lavoro dell’insegnante, devi ispirare fiducia, risultare simpatica e accogliente, ma allo stesso tempo avere polso e credibilità, essere degna di rispetto e saper rispettare. Tutto questo gli studenti lo capiscono in una manciata di minuti il primo giorno in cui ti vedono entrare in classe: sembrano indifesi, invece sono lì per scrutarti e denudarti, non hai scampo.

Quell’anno in classe c’è anche Andrea, seduto sulla sua carrozzina, alto e magro, sorridente e circondato da un gruppetto di compagni che erano con lui dalla scuola primaria e hanno espressamente richiesto di rimanere in sua compagnia. Già questo mi sembra un bel segnale: ragazzi determinati e sensibili.

Quando Elena o altre compagne si avvicinano ad Andrea lui sorride contento, spesso si propongono per fargli fare un giro per la scuola, possibilmente in aula di musica, perché lui adora il suono degli strumenti e anche la mia collega che insegna loro ad usare le tastiere, a suonare il flauto o le percussioni. 

Parlare con lui quando entro in aula mi permette automaticamente di entrare in relazione profonda con l’intero gruppo dei compagni, attraverso l’affetto che tutti condividiamo per Andrea, in classe circolano emozioni positive. Andrea ci insegna il dono della semplicità e della spontaneità: non parla, ma attraverso i suoi sorrisi o i movimenti complicati delle sue mani ci raggiunge sempre. 

Vengo a sapere di un bando che prevede la realizzazione di un lavoro il cui argomento è ‘lo sport e l’inclusione’. Ci riflettiamo a lungo io, i miei colleghi di sostegno ed educazione fisica e i nostri alunni. Andrea ne sarà protagonista: sì, è vero, lo sport non è proprio nelle sue possibilità, ma lui adora vedere i compagni allenarsi in palestra e fare il tifo per loro.  

Lo sport a scuola rappresenta una possibilità di aggregazione, si condivide un’idea di sport non come ricerca del risultato, ma come uno strumento per raggiungere un obiettivo comune: il benessere. Bianca ad esempio frequenta un maneggio dove, attraverso l’ippoterapia, si coinvolgono bambini con handicap fisici o mentali…qualche volta le sue braccia non riescono a sostenere la ragazzina down che le viene affidata, ma Bianca le insegna a stare dritta in sella e ad impugnare le redini e quando la fa trottare è felice. Lo sport è un gioco di squadra, che si affronta tutti insieme, così tutti possono superare i propri limiti. E mentre combatti contro i tuoi limiti ti accorgi che è un momento di svago, di aggregazione, un’occasione per conoscere nuove persone, per stringere nuove amicizie, per imparare regole di vita come la correttezza e l’onestà. Lo sport è un momento di gioia, di arricchimento, di stimolo, che si lotti da soli o insieme ad altri, su una pista o in una piscina, su un campo in erba o in una palestra, in Po o sulla terra rossa: cambiano i luoghi, non il valore dello sport.  Elia pratica la pallanuoto: fa molta fatica, è uno sport duro, ma i risultati o il semplice fatto di gareggiare compensano sempre la fatica. Lo sport è di tutti, di chi ha fiato per percorrere avanti e indietro le vasche, ma anche di chi è meno fortunato. I miei ragazzi non hanno dubbi. È buffo, crede Sorina, che con la parola ‘uguale’ si pensi a persone che siano l’una la fotocopia dell’altra, senza personalità, mentre nello sport si è tutti uguali, ecco perché ci rende una comunità in cui tutti, pur nella propria diversità, sono meravigliosamente simili gli uni agli altri. Lo sport secondo Letizia è un esercizio, il coraggio di fare fatica. C’è chi lo fa per mantenersi in forma, chi per rilassarsi, chi per scaricare tensioni e problemi, c’è chi ne fa la propria ragione di vita…a nessuno, sostiene Debora, è precluso. Lo sport è libertà, libertà dai pregiudizi. Lo sport è come la natura, secondo Elena: un insieme di colori e di rumori in armonia: nello sport e nel tifo che lo accompagna ci sono diversi colori, di pelle, rappresentazioni di allegria e di tristezza, ma stando insieme ci si diverte e si annullano le diversità, tutto ciò che sta intorno cambia, così insieme ci sentiamo più forti.

È quello che accade quando insieme facciamo il tifo: la parola tifo siamo noi, ciascuno con la propria originalità, i propri pensieri, i propri sogni: se proviamo ad immaginare una partita giocata nel silenzio più totale, ipotizza Simone, siamo convinti che i giocatori sarebbero molto meno motivati a vincere, perciò sia gli sportivi che i tifosi giocano un ruolo fondamentale in una partita. Tuttavia, dice Alessia, non bisogna prendere il proprio ruolo troppo sul serio, altrimenti dove finisce il divertimento? Si deve sostenere moralmente chi gioca, solo così si vince davvero. Tommaso è convinto che quando si vince una partita, o quando è la propria squadra del cuore a vincerla, va bene esultare, ma non troppo. Allo stesso modo, quando la propria squadra perde, non bisogna sentire eccessivamente la delusione, magari sfasciando tutto o picchiandosi: si può essere un po’ delusi, esprimere le proprie opinioni, confrontarle con quelle degli altri, ma in ogni caso lo sport non va preso come una questione di vita o di morte, ma come un gioco di cui il tifo stesso fa parte.

Fabio è impegnato nell’atletica leggera e riceve molta forza dalle persone che a bordo pista tifano per lui…ma gli piace tanto anche quando è lui a fare il tifo per il suo idolo o la sua squadra preferita. Il tifo, se fatto nel modo sbagliato, se violento, ottiene esattamente l’effetto opposto: turba, smarrisce, toglie valore allo sport, non lo arricchisce, ma al contrario lo svilisce.

Lo sport non è solo gioco, ma è anche passione, liberazione: quando lo pratichi e quando fai il tifo, dai tutto te stesso, ecco ciò che davvero unisce sport e tifo. Mentre si tifa si fa sport: si balla, si canta, si esulta. 

Anche Andrea durante le prove in palestra e durante tutte le fasi di realizzazione del progetto, ha riso e applaudito con noi, l’abbiamo capito dalle sue espressioni, dalle sue risate e la realizzazione di un video rende conto delle parole dei miei alunni, del loro vivere con Andrea qualunque esperienza scolastica, nessuna compassione, solo affetto sincero.

Il giorno della gita coincide casualmente con il compleanno di Andrea, così pranziamo al McDonald’s, forse non proprio un esempio di educazione alimentare, ma i ragazzi organizzano una festa a sorpresa per lui: regali in mezzo a dolci ipercalorici e la gioia immensa di Andrea, che vorrebbe abbracciarli tutti insieme quei compagni di scuola che sfidano barriere architettoniche e portano il loro compagno dentro qualunque palazzo e museo.

Andrea mi manca tantissimo, mi ha insegnato che l’umanità è un sorriso autentico e che la scuola è il luogo giusto per ogni bambino, per ogni ragazzo. Lui oggi sta concludendo il suo percorso scolastico, al liceo musicale naturalmente!

14 risposte

  1. Cara Alessandra, leggo sempre con grande piacere i tuoi pezzi. Anzitutto perché sono belli e, ovviamente, molto ben scritti. Soprattutto perchè riescono ad offrire un’immagine della scuola ‘vera’, non semplicemente citata ad effetto e a sproposito. Racconti della quotidianità, della fatica, del bene, della passione, dei valori di cui la scuola vera deve nutrirsi e di cui, grazie alle persone come te, si nutre. Grazie per il tuo lavoro appassionato e intriso di umanità; grazie per le tue regolari iniezioni di entusiasmo e per come, attraverso le stesse, sai stimolare noi insegnanti a non perdere di vista l’impegno verso un continuo miglioramento professionale, ad essere aperti, accoglienti, amorevoli ma autorevoli e tra i primi punti di riferimento educativi. Nessuno parla più di scuola in questo modo. Tutti parlano di SCUOLA in modo arido, astratto, spesso per meri interessi politici. Continua a far vedere, attraverso i tuoi scritti, che cos’è davvero la scuola. Com’è la scuola vera. Grazie. Cinzia

    1. Grazie Cinzia, sono contenta che attraverso le mie parole si percepisca quali siano le potenzialità della scuola e quanto il lavoro di tutti noi sia importante per l’educazione e la crescita dei nostri ragazzi. Grazie

  2. Piantiamola di chiamarla “ginnastica”, “Psicomotricità”, “Motoria”, chiamiamola con il suo vero nome “Educazione Fisica” e ricordiamoci che non deve essere considerata la Cenerentola delle materie scolastiche!!!!! Se insegnata bene è molto importante, è interdisciplinare, è polisportiva, è inclusiva.

    1. Credo dal mio pezzo si evinca il profondo rispetto che da sempre nutro per tutti i miei colleghi. L’educazione fisica, artistica, musicale, tecnologica: tutto concorre alla formazione degli studenti, all’individuazione delle loro inclinazioni, alla loro crescita.

  3. Grazie! Questo pezzo è stupendo, ma pensi cara Alessandra, ci hai abituato molto bene.
    Quanto valore ha lo sport nel cammino di crescita di un ragazzo… Quanti valori sono racchiusi negli sport di squadra, nel tifo e nella sana competizione.
    La scuola dovrebbe davvero far leva su questa grande risorsa, invece, ahimè, ho conosciuto insegnanti che più volte consigliavano ai loro ragazzi di praticare meno sport perché portava via tempo allo studio… Che grande errore…
    Tu qui non solo ci hai ricordato l’importante contributo che lo sport dà a livello educativo, ma anche quanto può essere palestra di vita per l’inclusione e per essere uniti per un obiettivo e un bel traguardo comune.
    Grazie ancora. Mi ripeto ma dico nuovamente che questa è la scuola che mi piace, quella in cui credo!

    1. La scuola, caro collega, deve offrire agli studenti tante opportunità e si cresce certamente imparando la fatica dello studio, ma anche avendo l’opportunità di esprimersi attraverso il corpo. Lo sport poi è fondamentale e portatore di tanti valori positivi. Grazie delle tue parole, grazie di coltivare con me la stessa idea di scuola.

  4. Pezzo bellissimo, di gran cuore, come questa esperienza voluta e vissuta di inclusione reale.
    Grazie, Ale!

    1. Grazie Patrizia, quando si incontrano alunni tanto accoglienti ed entusiasti qualsiasi cosa è possibile. Nel pezzo spero si capisca che i miei progetti sono possibili grazie alla collaborazione e condivisione di colleghi sensibili e speciali che mai mi ostacolano nella loro realizzazione, anzi in questo caso hanno contribuito in modo decisivo!

  5. Carissima professoressa Alessandra, vedere lo Sport come un arcobaleno ricco di sfumature e colori uniti fra loro è un rimando bellissimo,…e che poi questo arcobaleno sia un ponte che unisce ogni ” diversità “, è veramente molto educativo…I ragazzi hanno sempre tanto da insegnare se ben stimolati e i nostri occhi dovrebbero imparare a Vedere..Grazie prof …! Evviva la scuola che sa vedere gli arcobaleni…con gratitudine Attilia

    1. Carissima Attilia, lei ha colto un aspetto fondamentale, indispensabile per la realizzazione di tutti i miei piccoli progetti: è dai ragazzi che traggo ispirazione e forza, sono le loro idee, la loro freschezza a consentire la buona riuscita dei percorsi. Grazie davvero di cuore.

  6. Caro professor Mondoni, mi trova perfettamente d’accordo. Purtroppo sappiamo che molto frequentemente docenti meno ‘illuminati’ non credono nel grande valore dell’Educazione Fisica e dello sport, e non solo non apprezzano gli studenti che con sacrificio portano avanti sia l’impegno scolastico che quello sportivo, ma consigliano ai loro alunni di abbandonare per non togliere tempo allo studio. Ci sono docenti che sono certi che la loro materia sia ‘la più importante’, come se tutte le discipline non concorressero allo sviluppo globale dei ragazzi e non contribuissero a trovare per ognuno la strada più adatta da seguire nel loro futuro. Sono quelli che pongono se stessi al centro dell’attenzione e non gli allievi che dovrebbero aiutare a crescere.

  7. Caro Vittoriano, posso con orgoglio affermare che, durante la mia carriera di insegnante, neppure nel mio ruolo di coordinatrice del consiglio di classe, ho mai invitato un solo genitore a ritirare il proprio figlio da una qualsiasi attività sportiva, convinta che lo sport sia una disciplina indispensabile per lo sviluppo dei ragazzi. Motivare i ragazzi allo studio non è facile e spetta a noi insegnanti, ma non per punizione, non per sottrazione. Anche quando qualche genitore mi ha chiesto se togliere l’allenamento di calcio potesse essere una strategia utile, ho risposto che tornato dall’allenamento si potesse leggere insieme a lui uno dei tanti bei libri sul mondo del calcio che esistono e fanno riflettere (Sorriano, Galeano, Brera, Mura…)!

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