GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI
Chi resta a Cremona in quest’agosto tropicale forse non immagina di disporre, nel cuore cittadino, di un attrezzato quanto fantasioso ‘parco avventura’. Facile riconoscerlo: è una civettuola palazzina Liberty a suo modo miracolata pure lei dalla Resistenza. Fu infatti ritinteggiata in occasione d’una remota visita del compagno-presidente Sandro Pertini. Stazione, si legge in facciata. Insegna probabilmente montata in un momento di innocente euforia. Dunque non prendiamola alla lettera. Godiamoci invece l’oasi verde che le sta di fronte. Un pugno di aiole e alberi eletti a stabile dimora da esemplari di numerose etnie che, con pregevole capacità di adattamento, l’hanno da anni trasformata in bivacco e latrina, prediligendo, per quest’ultima funzione, l’inerme monumento a Garibaldi. Garibaldi, non Vespasiano. Ma in tempi di approssimativa cultura storica, non stiamo a sottilizzare. Pavimentazione relativamente recente ma già in via di inesorabile sbriciolamento. Se come lastricato lascia a desiderare come ‘sbrisolona’ cremonese è in compenso perfettamente riuscita. Tanto valeva ordinarla direttamente alla storica pasticceria d’angolo e si risparmiavano i costi del trasporto materiali. Varcata la soglia della biglietteria, autentica linea di confine con l’ignoto, non resta che confidare nella paziente cortesia del personale agli sportelli, meritevole di immediata indennità di rischio per essere esposto alla prima linea del fuoco nemico. Già, perché il quotidiano martirio dei mezzi pubblici trasforma anche il più mite pendolare in belva umana assetata del primo sangue che trova. Ma ecco che ha inizio il gioco destinato a condurci di domanda in domanda. Ovviamente riguardo a lui, il treno, oscuro oggetto del desiderio. Arriva? E’ soppresso? E’ in ritardo? E’ forse un treno periodico che viaggia solo in occasione di alcuni allineamenti astrali di cui il viaggiatore troverà generose informazioni visitando il famoso sito www.vattelapesca.it? Investigare fa parte del divertimento. Meno divertente, vista la sconcertante qualità dei risultati, è riflettere su come soldi pubblici, cioè nostri, vengano impiegati. Non molto è trascorso da quando sindaco e giunta, con adeguato codazzo di notabilato locale, varcavano trionfalmente la soglia per inaugurare l’ottava meraviglia dei lavori appena conclusi. ‘Appena’ per modo di dire, parliamo pur sempre di un cantiere durato fra i quattro e i cinque anni.
Ma che importa se ha donato ai cremonesi soluzioni tecnologiche tanto avanzate da lasciare a bocca aperta persino un Alberto Angela? A cominciare dal sofisticato sistema ‘antiaereo’ destinato a proteggere dal guano dei piccioni i pregiati nuovi marmi e i meno pregiati e meno nuovi utenti. L’ingegnoso sistema di reti fu posizionato dopo sfiancanti trattative con la controparte animalista, di cui sono noti i delicati sentimenti protettivi verso tutto quel che può far danno e infettare: topi, pantegane, piccioni e così via. Contraerea fallita. Come prima e più di prima occorre destreggiarsi fra il guano. Ma eccoci al più intrigante capitolo della saga ferroviaria: i famosi ascensori, per anni preannunciati e dati per imminenti dalla solerte propaganda del Minculpop comunale. Finalmente installati qualche mese fa e immediatamente bullizzati dalle bande giovanili che imperversano fra piazzale dei pullman e stazione. Vivamente consigliata la presenza di Polizia con pitbull e manganello. A meno che vogliamo definire lusso accessorio l’esistenza di ascensori in una stazione cittadina. Fatto sta che a pochi mesi dall’installazione, uno dei due, guarda caso l’unico utile a viaggiatori con bagaglio e disabili, è guasto. Ko da un mese e mezzo senza speranza di riparazione.
Ovvio che il difettoso risultato è colpa della fretta: come si può pretendere di realizzare in soli cinque anni, non uno, bensì due ascensori? La Nasa stessa avrebbe fallito. E qui si scatena la leggenda. Pare infatti che a suo tempo sia partita dalla locale direzione ferroviaria la denuncia del guasto e la richiesta di intervento. E pare che una missione altamente professionalizzata abbia raggiunto il luogo del delitto. Ma….Ma mancava la chiave giusta per accedere allo stanzino dei bottoni e capire la natura del guasto. L’unica chiave a disposizione risaliva infatti ai tempi del primo appalto, capofila di imprecisati subappalti successivi. Che fare? Si fa saltare la serratura. Sacrificio inutile. Bilancio finale: una serratura rotta e un ascensore inesorabilmente defunto, inchiodato da misterioso maleficio. Santone esorcista urgentemente cercasi prima di Ferragosto. Poco male, commentano in molti, visto che i progettisti non avevano azzeccato nemmeno il livello a cui la cabina si deve arrestare per essere in linea colla pavimentazione esterna. Atroce beffa per disabili e accompagnatori.
Ma c’è di più. Pare che la presenza degli ascensori, nonostante la sua tangibile evidenza, sia per il momento solo ‘ufficiosa’. L’iter burocratico che deve ufficialmente integrarli fra le strutture in dotazione nella stazione non è ancora completato. Sicché capostazione e personale ferroviario devono fingere di ignorarne l’esistenza. Come possano fingersi all’oscuro degli ascensori e denunciarne il guasto, sollecitandone la riparazione, è un’altra delle avvincenti sfide lanciate all’intelligenza dei viaggiatori. Meglio riposarsi cercando una panchina. Completamente rimosse. Nemmeno l’ombra dei cari, vecchi sedili di granito su cui generazioni di nonni hanno intrattenuto i nipotini guardando il via vai dei treni.. Spiegazione ufficiale: rimosse dalla prima all’ultima per evitare lo stazionamento dei barboni. Se i barboni si trasferiscono sulle scale attendiamoci dunque, per la ferrea coerenza logica dei decisori, la rimozione delle scale.
La regola è spartana: i treni si attendono in piedi, al massimo accampati a terra lungo i binari. dividendo il becchime coi piccioni e ritirando le gambe quando il convoglio arriva. Quarto mondo. E’ pur vero che ancora esiste la famosa sala d’aspetto. Esperienza sconsigliabile senza adeguata copertura vaccinale: puzzolente dormitorio di balordi stravaccati sui sedili. Non tocca alla polizia ferroviaria controllare e prevenire? Ma tranquilli, cari cremonesi. Presto tutto sarà solo un lontano incubo. Lassù qualcuno ci ama e nel vicino 2026 la stazione sarà oggetto di un radicale restyling. E saranno lussi hollywoodiani. Come sorbire, in attesa di puntualissimi treni, raffinati aperitivi sulla terrazza in facciata che, chiusa da decenni, verrà trasformata in panoramico dehors. Mentre qualcuno mi snocciola questa mirabolante serie di future, deliziose futilità un sospetto mi assale e gela: vuoi che i progettisti della nuova stazione siano gli stessi del nuovo ospedale?
Ada Ferrari
6 risposte
Se il restyling sarà come quello del nuovo ospedale stiamo freschi
Dopo il COVID i pendolari sono diminuiti, molti lavorano in smart working, anche gli universitari, la maggior parte degli utenti della stazione di Cremona sono extracomunitari.
Rispetto ai loro paesi di provenienza qui è tutto oro colato, a loro interessa relativamente che il treno sia in orario, che venga soppresso all’ultimo minuto, che manchi una panchina per sedersi, un bar per bere un caffè, un edicola per prendere un giornale, un bagno pubblico decente…. ormai le stazioni si sono ADEGUATE al terzo mondo che le popola.
Realistica analisi che totalmente condivido. Il mio dissenso riguarda invece quel che resta taciuto. Alludo alla consistente platea dei pendolari che non per diletto ma per lavoro continuano ( specie in direzione Milano e Brescia) a utilizzare il mezzo pubblico. Figli di nessuno. Dopo di che si continui pure a dire ‘cari cremonesi, lasciate a casa la macchina e aiutate l’ ambiente usando l’ amico treno’. Vagonate di ipocrisia.
Per gli animalisti. Nelle reti dispiegate per allontanare i piccioni dai soffitti del primo binario, spesso qualcuno di questi resta impigliato per finire così miseramente la propria esistenza. Non è un bel vedere.
Una città che non sia adeguatamente collegata e’ una città destinata ad involvere; visto che il problema dei treni è vecchio di decenni senza che nessuno mai abbia provato a risolverlo, non ci resta che cedere alla vecchia, ineluttabile rassegnazione contadina…evidentemente dai cremonesi non si può pretendere di più .
Ma si tratta della descrizione della Stazione di Cremona oppure del Bel Paese?