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Sulla mia pelle, così s’è spento l’invisibile Stefano Cucchi

16 Aprile 2022
Il film è duro, essenziale, vincente la decisione di non mostrare il pestaggio di Stefano Cucchi: risultano botte forti i suoi occhi che si spengono scena dopo scena di fronte ai silenzi, all’omertà, alla paura di andarci di mezzo di tutte le persone, se così si può dire, con le quali ha a che fare: i loro silenzi assordano, la loro cecità di fronte alle ferite e ai lividi di Stefano sconvolge. L’insicurezza di un ragazzo che dovrebbe essere uomo, come il padre stesso afferma, fa tremare le gambe: un giovane che pensa di essere un peso per la famiglia, una famiglia che si porta sulle spalle questo ragazzo, geometra per caso, epilettico e fragile. È il buio che domina nel film, non c’è quasi mai luce. Neppure nell’ospedale militare c’è luce, c’è umanità, c’è volontà di vederci chiaro. Stefano si spegne sotto gli occhi di tutti, tanto nessuno lo vede, c’è buio. C’è buio nelle stanze della giustizia, nelle coscienze di chi lo ascolta. C’è più calore nelle voci dei detenuti, gli unici a consigliarlo, ad interessarsi a lui. La luce fredda dell’obitorio chiude le riprese: un vetro divide ancora un’ultima volta le mani della sorella Ilaria dal fratello. Poi le userà per scattare foto, scrivere e diffondere questa storia spaccando il vetro dell’obitorio e il muro del silenzio.
Alessandra Fiori
https://www.youtube.com/watch?v=by7ree9mbx0

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