Elezioni regionali, il Pd corre per perdere. Se il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti si preoccupa di chiedere il premio prima ancora di avere vinto, allora il Pd è in confusione. Se anche l’ex parlamentare Luciano Pizzetti s’incarta, allora il Pd è alla frutta. Se il segretario provinciale Vittore Soldo ammette che il partito è stato costretto a inghiottire un boccone amaro, allora la catastrofe del Pd è inevitabile.
Il 22 dicembre, a pagina 2, il quotidiano La Provincia titolava «Galimberti in campo: ‘Alle infrastrutture assessore cremonese’».
Fosse rimasto in panchina sarebbe stato più utile alla squadra. Già, perché prima di pretendere un assessore occorre battere l’avversario, ma pare che il dettaglio non preoccupi molto il sindaco, eppure i sondaggi non danno il Pd favorito.
Probabilmente Galimberti non è aggiornato sulla tragica situazione in cui versa il suo partito, ma la lacuna ha una giustificazione. Impegnatissimo a fa balà l’òc insieme a Marco Bencivenga, direttore de La Provincia, nella sfida per comperarsi la città con i soldi fasulli del Monopoli di noialtri, il sindaco dispone di poco tempo per la politica, ma merita comprensione. Un’analisi sulle aree omogenee o sul Masterplan e sui soldi veri necessari per realizzarlo, sulla quantità e il modo di reperirli (Nuovo Torrazzo, 24 dicembre) non garantirebbe tanto spazio mediatico come la sfida all’ultimo dado con il direttore: foto gigante dei due contendenti e annesso articolo. Una notiziona. Inutile aggiungere altro. È Natale e anche Maramaldo è più buono.
Il 20 dicembre in prima pagina La Provincia spara a sei colonne: «Pizzetti con Majorino», manco fosse lo scoop Pier Luigi Bersani con Enrico Letta. Dove sta la notizia? Il Mazzarino cremonese milita nel Pd e Majorino è suo compagno di partito candidato ufficiale alla presidenza della Regione. La notizia è il catenaccio «Ha la mia piena fiducia, ma l’intesa con il M5S non l’avrei fatta». Una dichiarazione ammirevole per la sincerità, ma non la migliore per motivare gli elettori a votare il portabandiera Pd. Candidato che, secondo l’analisi pizzettiana, cicca le alleanze. Un’affermazione che, involontariamente, conduce a riflettere sulla capacità di Majorino nella scelta dei compagni di avventura. Che trasforma il voto al concorrente del Pd in un atto di fede. E che Dio la mandi buona. Concedere la piena fiducia a un soggetto che ha commesso una cazzata nella costruzione dell’edificio, con l’inclusione di elementi poco integrati con il resto della struttura, non è semplice. Contrasta con la coesione, una delle caratteristiche che conducono alla vittoria. «I cinque in campo devono essere un blocco unico, squadra» esorta il coach Gene Hackman in Colpo vincente. Verità che oggi non si trova nel manuale dei dirigenti piddini. Almeno in quelli che, secondo Pizzetti, hanno avallato una scelta da lui solo in parte condivisa.
Dopo le parole del Cardinale cremonese è difficile pensare che Majorino possa presentarsi davanti ai supporter locali per caricarli e convincerli a sputare l’anima e raggiungere il traguardo: «Io non posso obbligarvi a lottare dovete guardare il compagno che avete accanto guardarlo negli occhi io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui questo è essere una squadra signori miei». (Al Pacino, Ogni maledetta domenica).
Se il compagno accanto è Pizzetti, si è certi che si sacrificherà?
La domanda non è malevola o provocatoria. È la logica conseguenza delle sue dichiarazioni. Un dubbio legittimato da lui stesso. Un tarlo. Un fastidio. Una piattola che non si leva dalla testa o da altre parti del corpo con po’ di polvere di Mom. Ma Mazzarino non è uno qualsiasi, soprattutto non è uno sprovveduto. Conosce la diplomazia e gli intrighi di palazzo, compresi quelli che non si possono divulgare. È un capitano di lungo corso, abituato a navigare con abilità e furbizia nelle acque infide della politica. Sarebbe da ingenui credere che Pizzetti abbia commesso un errore tanto grossolano, autolesionista e penalizzante per la compagine di appartenenza. Se si è esposto alla possibilità di critiche, lo ha fatto a ragion veduta, scientemente e per motivi che ha ritenuto più che validi.
Una causa viene indicata da lui stesso: «L’idea di battere il centro destra non può essere l’unico motore. Occorre che sia implementata da condivisioni sul piano contenutistico e programmatico. Se non c’è questa solida base diventa tutto molto complicato». (La Provincia, 20 dicembre). Spiegazione non banale, ma insufficiente a spingere Pizzetti a dissentire con le scelte di Majorino. Ma anche allarme per la mancanza di una base solida nell’accordo tra Pd e Cinque stelle. Una voragine.
Senza cadere nella dietrologia, esercizio inutile e fuorviante, non è un peccato mortale pensare che le osservazioni di Mazzarino derivino da alcuni scenari futuri con lui protagonista. Per esempio, Pizzetti intende mollare il Pd e approdare ad Azione di Carlo Calenda o a Italia Viva di Matteo Renzi, che durante il suo Governo lo aveva nominato sottosegretario di Stato. Sarebbe l’inizio di una nuova carriera politica.
Oppure progetta di candidarsi a sindaco di Cremona e prova a marcare una distanza con l’attuale Pd, mossa che gli permetterebbe di accreditarsi come un riformista, capace di coagulare intorno a sé forze progressiste e moderate con il viatico delle associazioni di categoria con le quali è in buoni rapporti. O ancora, ha deciso di togliersi lo zucchetto porpora e dedicarsi alla vita privata e quindi si sente libero di parlare senza i lacci e lacciuoli della politica, del partito, della fama di mediatore che lo accompagna.
A non fare mancare nulla al Pd ci pensa Soldo: «I tempi brevi intercorsi tra la raccolta delle istanze e la sintesi trovata nel documento non hanno consentito una condivisione estesa e compiuta ma il tema principale era verificare la disponibilità dei sostenitori dei 5 Stelle ad un’alleanza per le prossime regionali. Ma ormai siamo andati avanti». (La Provincia, 21 dicembre).
Chiaro? Il treno è partito in anticipo. Il Pd non l’ha fermato. Ora rischia di schiantarsi.
Questa è la politica oggi in provincia di Cremona. Monopoli e approssimazione. Velleità e sogni lisergici. E Babbo Natale non porta la sfera magica per modificare la situazione. Gli auguri però non mancano. Buon Natale e incrociamo le dita.
Antonio Grassi
Una risposta
Dura e cruda realtà ben esposta dal sagace Antony….siamo veramente messi male e informati peggio…non ci resta che guardare alla sfida di Monopoli fra il sindaco e il direttore del quotidiano locale e che vinca il migliore ?…..