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Tre aree omogenee meglio di una: dopo il Cremasco, adesso tocca al Casalasco

3 Novembre 2024

Con la giusta enfasi e un pizzico di orgoglio cremasco, il 26 aprile 2023, può essere considerato una data storica per la nostra provincia. 

«L’Area Omogenea Cremasca adesso è ufficialmente costituita. Questa sera la decisione è passata ad amplissima maggioranza all’assemblea dei sindaci della provincia di Cremona. Tre sindaci vicini a Fratelli d’Italia (Annicco, Cappella Cantone e Pieve d’Olmi) si sono astenuti, i rappresentanti di Chieve e Monte Cremasco non hanno votato, mentre sono usciti i sindaci di Stagno Lombardo e Gerre Caprioli» (Cremonasera, 26 aprile 2023).   

Durante quell’assemblea Stefano Belli Franzini, sindaco di Gussola, era intervenuto con una dichiarazione inaspettata. Un lampo che aveva eccitato i bucanieri della Repubblica del Tortello, felici per la conferma di non avere sbagliato rotta.

 «Auspichiamo – aveva detto Belli Franzini – che anche nel Casalasco si possa arrivare a una organizzazione di questo tipo superando quei campanilismi che hanno fatto da freno ai nostri territori» (Cremonaoggi, 26 aprile 2023). 

Non era una novità assoluta.  Quattro mesi prima, nel dicembre del 2022, Valeria Patelli, sindaca di Calvatone, aveva anticipato il collega. 

«Sono convinta – aveva sottolineato la sindaca – che per poter avere un dialogo maggiore e più puntuale con gli enti superiori il territorio casalasco debba andare in questa direzione, costituendo per il futuro la propria Area omogenea sulla scorta dell’esempio a mio parere virtuoso dell’area cremasca» (Cremaonline, 26 dicembre 2022).

Il 24 febbraio scorso, al teatro San Domenico di Crema, davanti a una platea di sindaci, l’assessore regionale Massimo Sertori e il presidente di Anci Lombardia Mauro Guerra, riconoscevano all’Area Omogenea Cremasca la laurea di modello funzionale per l’intera provincia (Vittorianozanolli.it, 3 marzo 2024). 

Un territorio più unito per una provincia più forte, non era solo il titolo dell’incontro o uno slogan riuscito.  Era, è, rimane un programma. Un progetto. Un obiettivo.

Nel suo intervento, il presidente Gianni Rossoni, aveva analizzato lo status quo, poi era andato oltre. Aveva invitato casalaschi e cremonesi a seguire il modello cremasco. Infine, per non farsi mancare nulla, aveva messo la ciliegina sulla torta e lanciato un’ulteriore sfida. Aveva alzato l’asticella e posto un nuovo traguardo: il riconoscimento all’Area Omogenea Cremasca di Comunità di pianura, con le relative competenze che la Regione le attribuisce. 

Nei giorni scorsi il Casalasco ha raccolto l’invito di Rossoni. Imboccherà il percorso tracciato dalla Repubblica del Tortello. 

Significativo il commento a questa decisione di Pierguido Asinari, sindaco di San Giovanni in Croce.  «L’esempio virtuoso del Cremasco è sicuramente da seguire. Lo dico da tempo e non nego di aver già anche usufruito da esterno dei servizi di Consorzio.it, società in house dell’Area Omogenea Cremasca, e di essere stato molto soddisfatto delle loro prestazioni» (La Provincia, 5 ottobre). 

Sulla stessa lunghezza d’onda i sindaci Marcello Volpi (Torre de’ Picenardi) e Vittorio Ceresini Solarolo Rainerio. Ma anche Luciano Toscani, vicepresidente della Provincia.  

La scelta casalasca, coraggiosa e lungimirante, travalica il fatto specifico. Assume una valenza più generale e diventa il segnale di un territorio che inizia a muoversi.  Un avvertimento che apatia e inedia possono essere sconfitte, flebo energizzante per la provincia tutta.   

Le due realtà più distanti dal centro dell’impero, sono le protagoniste di un sussulto prodromico al cambiamento.  Almeno questo è l’auspicio. Ma è necessario continuare nell’azione intrapresa. Con perseveranza e cocciutaggine. 

L’area omogenea non è un’invenzione cremasca. Non è un sogno di mezza estate. E’ l’applicazione di precise indicazioni normative.  

È prevista dall’articolo 9 dello statuto provinciale, datato 23 dicembre 2014. È  ù dotata di un regolamento approvato il 19 febbraio scorso, dopo lunghe trattive tra cremaschi e Amministrazione provinciale. 

L’area omogenea non intacca l’unità del territorio.  Non contesta la leadership del capoluogo. Tutt’al più potrebbe stimolare la capitale dell’impero ad esercitare la sua innegabile egemonia in maniera diversa da quella praticata attualmente. Poco dialogante, zavorrata dalla sindrome del marchese del Grillo, Cremona esibisce dei muscoli farlocchi.  Chiacchiere e distintivo, il proprio ombelico al centro del territorio. 

L’area omogenea non prelude alla volontà di Cremasco e Casalasco di fare i cazzi propri.  Al contrario, si propone di rendere la provincia più forte e più dinamica. Più capace di cogliere le opportunità offerte dalla politica attraverso l’attivazione di un processo di partecipazione e sintesi che parta là dove i problemi (e le soluzioni) emergono.

Concetto preso in prestito dalla rivoluzione delle periferie, ampliato e applicato al territorio, con le aree omogenee cremasca e casalasca (se realizzata) nel ruolo delle periferie stesse.  

La provincia è un lungo serpentone: due ore circa per andare da Rivolta d’Adda a Roncadello, frazione di Casalmaggiore. Suddivisa in aree ben definite, ognuna è caratterizzata da cultura, storia e tradizioni proprie.  Se questa è la realtà e non viene modificata, la provincia non potrà mai essere veramente unita. 

Oggi coesione e compattezza rientrano nella categoria del vorrei, ma non posso.  

La provincia monolitica è l’isola non trovata di Francesco Guccini: «Svanì di prua dalla galea, come un’idea, come una splendida utopia». 

Tre aree omogene potrebbero essere il machiavello per trovarla. 

Tre aree omogenee e la provincia punto di riferimento e collante che le unisce e le coordina permetterebbe al territorio di funzionare meglio. 

Tre aree omogenee per una provincia federata, interconnessa. Per una rete. Perché no?

Se così fosse, il fatto che il Cremasco guardi a Milano e Casalmaggiore a Mantova e Parma non creerebbe mal di pancia a Cremona.  Anzi con la Provincia-Rete, queste sbirciate oltre confine potrebbero trasformarsi in una risorsa per l’intero territorio.  

Per completare il quadro manca il Cremonese. Per ora non è pervenuto.  Si trova nell’orbita di Cremona. Contiguità che può condizionare le decisioni dei Comuni-pianeti satelliti. Ma la speranza è l’ultima a morire.

Con tre aree omogenee avremmo una provincia una e trina. E interconnessa.  Come la santissima trinità.  Scusate se è poco.

 

Antonio Grassi 

Una risposta

  1. Confesso la mia ignoranza e chiedo a Grassi, che da tempo immemore sponsorizza l’area omogenea cremasca e ne è orgoglioso come Cornelia con i suoi gioielli: quali sono i vantaggi di dividere ulteriormente una provincia divisa? Che cos’ ha di omogeneo il territorio cremasco se non il tortello? Quali sono le finalità della costituzione di tre aree omogenee? Infine, dando atto che si tratta di una sua vittoria, pensa che i politici cremonesi dall’alto della loro arroganza e presunzione ormai proverbiali, si sentano in dovere di abbassare le ali di fronte alla sua insistenza? In che modo potrebbe trovare un’ omogeneità la provincia formata da tre territori omogenei ognuno dei quali rivendica la propria individualità? Cremona è divisa in quartieri che non riescono ad avere peso e considerazione, ma solo “ascolto” . Figuriamoci se fosse a capo di un’ altra entità…

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