No future. Ma Sex pistols e punk non c’entrano. No future è la nostra provincia, che invece è tanto pistola. Moltissimo pistola. E pure ciula. Lanciato a tutta velocità su un piano inclinato e insaponato, con i freni rotti, il territorio rischia di precipitare nel baratro, ma pochi si preoccupano di fermare la corsa. Di mettere una zeppa per bloccare il convoglio.
Discutere sull’angoscia di un presente senza futuro, sarebbe una pippa intellettuale, ma meglio di niente. Si avrebbe coscienza del problema e del pericolo, due aspetti che paiono ignorati, comunque poco presenti nelle priorità di chi decide.
Un refolo punk potrebbe smuovere la morta gora, ma per l’incantesimo serve Mago Merlino che non risiede da queste parti e gli apprendisti stregoni da noi sono più schiappe che fenomeni. Restano le persone di buona volontà, ma non bastano per una sterzata e il rilancio della provincia.
Il quadro rappresentato non lascia molti spazi alla speranza ed è foriero di critiche. Di disapprovazione per eccessivo pessimismo, catastrofismo e definizioni analoghe care ai sostenitori – nei fatti – dello status quo. Ai gattopardi del cambiare tutto per non cambiare nulla. Ai lupi travestiti da agnelli.
I ragli degli asini non arrivano in cielo e non modificano la fotografia descritta e priva di ritocchi con photoshop per renderla più drammatica. Siamo nel guano fino al collo. Tempo perso girarci intorno. Fanculo i maniaci della forma e non della sostanza. Al diavolo ipocriti e struzzi abituati a mettere la testa sotto la sabbia.
La provincia è sul Titanic, l’orchestra continua a suonare e qualche burlone lancia la Walk of fame delle vacche (vittorianozanolli.it, 6 e 9 dicembre). L’iniziativa, originale e creativa, prevede una via lattea composta da lastre di cemento su cui, di anno in anno, saranno impresse le impronte dello zoccolo della vincitrice dell’annuale edizione della Mostra del bovino a CremonaFiere. A fianco, l’impronta della mano del suo allevatore. Ideona geniale o cazzata mostruosa? Ai posteri l’ardua sentenza. Di sicuro, una proposta bestiale da includere negli annali di Cremona. E brevettare.
A togliere dal solaio il tema del futuro della provincia di Cremona e a rilanciarlo, anche se indirettamente, è stato Gianni Rossoni, sindaco di Offanengo e neopresidente dell’Area omogena cremasca. Martedì scorso, durante l’assembla dei sindaci, convocata per l’approvazione del regolamento e la nomina dei sei colleghi che lo affiancheranno nel lavoro, ha indicato la linea che intende percorrere. «Guardo a Lodi e Milano» (La Provincia, 7 dicembre). Senza esitazioni, chiaro e inequivocabile, il presidente ha interpretato ed estrinsecato la prospettiva che la maggioranza dei cremaschi auspica. Ipotesi suggerita da configurazione geografica, condizioni logistiche, infrastrutturali e produttive. Ma anche dai rapporti con Cremona non sempre idilliaci per cause di non facile indicazione e attribuzione. In alcuni casi, dipendenti dal carattere e dalla personalità degli interlocutori.
Lo sguardo e l’attrazione dei cremaschi verso la metropoli non è vezzo o idiosincrasia nei confronti di Cremona o Casalmaggiore. È un dato di realtà che il già obsoleto Masterplan 3c certifica e rende incontestabile grazie al prestigio e all’affidabilità di The European House Ambrosetti, l’autorevole studio di consulenza e ricerca che l’ha redatto.
«La quasi totalità (90%) degli imprenditori rispondenti all’indagine per il Masterplan 3c ritiene che lo sviluppo della Città Metropolitana di Milano rappresenti una opportunità per la Provincia di Cremona. Una percentuale analoga si ottiene nel cluster dei cittadini: il 79% del campione ritiene lo sviluppo della Città Metropolitana di Milano un’opportunità per il territorio cremonese» (Masterplan 3c, pagina 76).
Con il suo intervento, anche senza nominare la provincia, il presidente dell’Area omogenea, piaccia o meno, ha posto la questione non solo dello sviluppo del Cremasco, ma dell’intero territorio provinciale. Del Cremonese e del Casalasco. Dei rapporti tra le tre monadi. Rossoni non è stato divisivo. Tranquillo ed equilibrato, ma consapevole della rilevanza delle sue dichiarazioni, non ha contestato l’unità del territorio provinciale. Ha sottolineato, invece, le scelte favorevoli per il Cremasco, nel solco di alcune idee già emerse in passato, ma mai concretizzate. Non ha elencato le caratteristiche che pongono la Repubblica del Tortello in una posizione diversa rispetto a quelle del Torrone e del Pomodoro. Non migliore o peggiore. Non alternativa. Ma, per ora, unica in provincia. Si è fermato all’enunciazione di un percorso, rispettoso delle altre aggregazioni provinciali.
Quello che Rossoni non ha detto è che il Cremasco da anni ha costituito un’Area omogenea funzionante e rappresentativo. Struttura prevista dall’articolo 9 dello Statuto provinciale, strumento di «consultazione, interlocuzione e di coordinamento con gli organi provinciali», è un catalizzatore per favorire l’unità del territorio. Unità oggi non garantita da un’Amministrazione provinciale svilita e massacrata dalla legge Delrio e dall’insipienza dei partiti politici e dei loro dirigenti locali. Non ha detto che i Comuni del Cremasco sono azionisti di Consorzio.it, braccio operativo dell’Area Omogenea, organismo politico. Nata dalle ceneri di Scrp, dopo un parto travagliato, la società, insieme alla stessa Area omogenea è oggi un binomio atipico in provincia e con notevoli potenzialità per supportare lo sviluppo del territorio.
Non ha detto che Cremona possedeva Lgh, ma l’ha ceduta ad A2a e che, per questo, è diventata colonia di Brescia e Milano.
Non ha detto che i cremaschi sono ruspanti, schietti e ineleganti, ma solidi e che i cremonesi sono aristocratici, diplomatici, raffinati, ma con le pezze sul culo, costretti, appunto a cedere Lgh.
Non ha detto che i cremaschi vanno in ospedale a Crema, Rivolta d’Adda, Lodi, Treviglio, Milano, Brescia e Bergamo. Una minoranza a Cremona, che però avrà una struttura nuova in sostituzione di quella attuale.
Non ha detto che questa scelta della Regione, avallata sulla sponda del Po, è uno schiaffo al territorio e poco gradita in riva al Serio.
Non ha detto che i cremaschi sono uniti nel riconoscere Crema Comune capoluogo della Repubblica del Tortello. Che questo ruolo non è mai stato messo in discussione. Che alcuni apprezzabili tentativi di dialogo con la periferia hanno giovato alla coesione.
Non ha detto che Cremona è sovrana e solitaria. Io so io, voi non siete un cazzo.
Non ha detto che i cremaschi sono indifferenti all’autostrada Cremona-Mantova e più interessati alla metropolitana fino a Paullo. Che, al contrario, Cremona sostiene l’autostrada. Che sulla metropolitana leggera non ha mai speso una parola o se è intervenuta ha usato monosillabi.
Non ha detto che mentre Cremona sbava per il Masterplan 3c, già nel 2016 l’Area omogenea aveva commissionato allo studio Vitale-Novello-Zane di Brescia, un lavoro su una possibile sinergia tra Cremasco e Lodigiano.
Nonostante tutto questo il Cremasco da solo non può sostenersi e la provincia non può permettersi di perderlo se vuole evitare il baratro accennato all’inizio. Che fare?
Una soluzione potrebbe essere la creazione di altre due Aree omogene sul modello cremasco e applicare i dettami dell’articolo 9 dello statuto provinciale.
Verrebbe rispettata l’autonomia dei territori, senza rinunciare al dialogo tra i tre soggetti coinvolti e la provincia medesima. Le scelte e le decisioni non vedrebbero protagonisti solo i sindaci di Cremona, Crema e Casalmaggiore, ma la platea più ampia degli organismi collegiali delle tre aree omogene. I rischi di personalismi e di incomprensioni caratteriali diminuirebbero.
Cremonese, Cremasco e Casalasco, autonomi, ma uniti in una provincia federale. Potrebbe essere un’idea. Uno slogan. Un motivo di discussione e confronto. Un modo per fermare la discesa del territorio. Un sogno. Un’illusione. Santa Lucia e Babbo Natale. Un film. Forrest Gump. Perché non crederci? Se arriva la Walk of fame delle vacche, tutto è possibile.
Antonio Grassi
Una risposta
Non ha detto neppure che quando Cremona aveva ancora un certo peso e c’erano persone che sapevano portare avanti discorsi e proposte, Gianni Rossoni era molto partecipe e onnipresente a Cremona e sul cremonese. Ora invece preferisce tentare di entrare dalla porta di servizio e farsi strada nella periferia milanese e lodigiana. Forse non lo appaga del tutto la carica di sindaco di Offanengo e ambisce a tornare a occupare un palcoscenico più ampio.