GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI
Pomeriggio feriale, stazione ferroviaria di Cremona. Ovvero il teatro della leggenda metropolitana epicamente divulgata dalla prodigiosa fantasia dei locali Amministratori: ecco il cantiere in cui fra marmi pregiati e meraviglie tecnologiche si sta erigendo un nuovo Partenone. Strano. In verità l’unico artigiano del Partenone incrociato in fascia oraria tipicamente lavorativa è un extracomunitario che con la destra regge il cellulare in cui animatamente bagola in astruso idioma e con la sinistra spalma calce qua e là con levantina pigrizia. Non a caso si vocifera che le sorti dell’erigendo prodigio cremonese siano affidate a manovalanza straniera che ricambia la misera paga con altrettanto misera professionalità. Tant’è che i
famosi marmi pregiati, liricamente esaltati nell’oratoria prenatalizia della Giunta Galimberti, avrebbero già subito svariati danni ben prima che l’usura del tempo faccia il suo corso. A proposito: a quando il varo del famoso ascensore da due o tre anni dato per imminente? Mistero. Se si ha l’impudenza di chiederne le sorti alle maestranze tecniche la reazione è fra lo sbalordito e l’offeso. Come osi, cremonese ficcanaso, essere tanto ardita? Paga e taci. In fondo, essere l’unica stazione del profondo Nord in cui un viaggiatore si trascina a mano il bagaglio pesante su e giù per le scale ha un suo originale fascino museale e archeologico. Fascino perfettamente adeguato al museale e archeologico isolamento ferroviario in cui la città versa.
Dal dopoguerra a oggi, convertendo una doverosa strategia di promozione del territorio in scientifica pianificazione di Caporetto ferroviaria, abbiamo perso una tale quantità di treni, occasioni e collegamenti che il ripetuto invito ambientalista all’utilizzo del trasporto pubblico ha il sapore di irricevibile beffa. Qualche esempio: il cremonese diretto a Roma e ormai definitivamente snobbato dal Pendolino, è innaturalmente indirizzato verso nord -Brescia o Milano- mentre sensato sarebbe consentirgli di spostarsi subito verso sud offrendogli un collegamento diretto con Piacenza. Tanto più che questa intelligente città emiliana, a una quarantina di chilometri da noi, è, beata lei, ferroviariamente collegata col resto del mondo. Nossignori. Nessun treno per Piacenza che non imponga cambi benché, potenzialmente, le condizioni siano ottimali: linea interamente elettrificata e nessun passaggio a livello. Altrettanto inspiegabile la perdita dell’unico treno diretto che in passato ci collegava con Bergamo, che vuol dire aeroporto e snodo per il turismo diretto al comparto alpino. Il viaggio assurdamente lungo impone un cambio a Treviglio ma si direbbe che gli unici miracolati dal vicino santuario di Caravaggio siano ospiti clandestini che, nemmeno lontanamente sfiorati dall’ipotesi di pagare un biglietto in cambio di un servizio, dispongono ogni ora di un diretto per Treviglio che gli consente di sbarcare dove gli pare a costo zero.
Ed eccoci alla più celebre e compianta delle Grandi Incompiute: la Freccia della Versilia. E qui si entra nel regno del Surreale. Nominalmente infatti il collegamento resta, con relativa ora di partenza. Ma si limita alla tratta Cremona-
Bergamo e viceversa. Chissà, mentre stendevano orari e fermate, i responsabili stremati dalla fatica saranno andati a bere un caffè. Caffè parecchio ‘corretto’ a giudicare dai risultati: manca infatti il resto del percorso, nientemeno che il tratto Cremona – Pisa e viceversa.
Qualunque misericordioso tentativo di spiegare il disastro locale alla luce delle più generali criticità del modello lombardo qui non funziona. Se il modello lombardo patisce innegabili disfunzioni e scelte sbagliate, e se la società Trenord fa acqua come i famosi traversini marci della stazione di Iseo all’origine del noto deragliamento, qui si tratta di un modello cremonese che, per dirla crudamente e semplicemente, non c’è, non esiste. E nessuno si preoccupa di metterci seriamente mano. A città lombarde come Lecco, Bergamo e Brescia, Trenord garantisce nei weekend estivi collegamenti diretti con Ventimiglia e Pesaro. Cremona? A bocca asciutta come sempre. Un tempo ci collegava alla costa adriatica un diretto per Pesaro via Mantova. Poi, il nulla. Propongo pertanto ai lettori una colletta: regaliamo a chi pianifica le sorti ferroviarie di Cremona una cartina della Lombardia a dimostrazione che la città esiste ancora e non è ridotta a pura ‘espressione geografica’. L’ironia non tragga in inganno.
Il tema è drammaticamente serio. Se i collegamenti ferroviari sono segmento decisivo del progetto strategico di un territorio, qui siamo di fronte al fallimento di una classe dirigente locale che, sorda alla gravità della situazione, indisturbata procede per spartizioni clientelari, con regaloni a sé stessa e ‘Grandi Elettori’ e briciole di torta ai vassalli di rango minore. Classe dirigente lontana anni luce da quel che occorrerebbe per affrontare con qualche pur modesta possibilità di successo una sfida che, a problemi incancreniti, accumulati e interdipendenti, è ormai un’autentica quadratura del cerchio.
Ma almeno in materia sanitaria un positivo colpo di scena potrebbe invertire la rotta e far sì che le nostre sorti, a dispetto di apparenti criticità, si rivelino quanto prima più rosee del previsto. Il tutto grazie a originali intuizioni comunali di cui qualcosa già trapela. Pare infatti che sulle ceneri dell’attuale ospedale, destinato ad essere rimpiazzato da un ospedalino d’incerte funzioni e ridotta capienza, sorgerà un Parco Salute. Che meraviglia. Incredibile che l’umanità abbia impiegato millenni per arrivare a un’intuizione così felicemente risolutiva: se smonti un ospedale dai il benservito alle malattie. Già me li vedo i cartelli sagacemente postati nei civettuoli Viali della Salute: VIETATO AMMALARSI. E già che ci siamo perché non convertire anche l’attuale cimitero in un Percorso Vita e piazzarci un bel: VIETATO MORIRE? Se ridere fa buon sangue, i cremonesi anche senza ospedale sono salvi: seppellire di risate simili lampi di genio sarà un autentico elisir di lunga vita.
Ada Ferrari
5 risposte
La stazione è il biglietto da visita della città. A Cremona non c’è un ascensore, un bar, una panchina per sedersi nell’attesa del treno perennemente in ritardo, c’è una sala d’attesa fredda, annunci inesistenti in caso d’imprevisti. Questo da parte di TRENORD ed FRI, ma stessa considerazioni anche per TPER che gestisce malamente i collegamenti della città con Fidenza.
Soppressioni e cancellazioni dei treni e dei bus sostitutivi all’ultimo minuto, senza alcun preavviso, creando disagi per i viaggiatori che devono prendere treni in coincidenza. Insomma direi che la situazione è tragica.
Però abbiamo battuto il Napoli, anche senza collegamenti diretti. Anzi di più, l’abbiamo eliminato e non ho sentito nemmeno la sgommata di un treno! Certo che rispetto alla scomparsa dei treni, è una bella idea fare la tratta ferroviaria Cremona Mantova. Un bisogno impellente, come quello dei prostatici ad urinare. Scontata la domanda. Ce li metteranno i treni?
Per non parlare del primo binario .
Capisco Brescia oltre a ristrutturare la stazione hanno aggiunto altri binari per la precisione 27. Noi abbiamo 4 miseri binari con 4 treni 3 anni per rifare un binario. Per fortuna che non siamo una zona sismica come il Giappone che in 15 giorni ha rifatto un’autostrada.
Beata pazienza!
Parliamoci chiaro volete tagliare fuori Cremona e farla passaggio a livello? Ditelo!
Il solito inchino alla brillante esposizione di Ada Ferrari.
Precisa e chiara analisi del sistema ferroviario di Cremona. Tutti a progettare la “sostenibilità” e la più recente “autonomia energetica”, speriamo che qualche illuminato politico si renda conto che per realizzare il futuro dei trasporti senza (con poche) fonti fossili, passa per un impiego massivo delle linee ferroviarie. Speriamo che il nuovo governo della Regione avrà la stessa solerzia a sostenere raddoppi di strade e superstrade, anche con raddoppi e potenziamenti ferroviari.