Aldo Moro, una grande personalità politica della DC e della nostra storia, il 9 maggio del 1978 veniva assassinato. Come in molti casi di criminalità politica, il ritrovamento del corpo in via Caetani a Roma, confermò l’esistenza di una complessità di ragioni che spiegavano il motivo di un gesto tanto crudele ed insano che facevano da contorno al delirio omicida delle Brigate Rosse. Oggi per molti, e soprattutto per i più giovani, quel drammatico giorno è solo una data storica da ricordare.
Farne memoria implica una presa di coscienza di una distanza e di una consapevolezza che non si può attualizzare e che non ha senso chiedersi cosa farebbe oggi. Ha senso invece riscoprirne lo spirito, lo stile, il modo che aveva di affrontare il rischio dello sfascio del nostro Paese sulla coda lunga del ’68 perciò propongo alcune sue riflessioni che ritengo siano utili per indagare la crisi attuale della democrazia riconoscendo i profondi mutamenti della nostra società. – dichiara il segretario provinciale dell’UDC Giuseppe Trespidi – Come, ad esempio, ”Vi sono sempre molti pronti a mescolare l’interesse con il bene comune. Non bisogna guardare in questa direzione ma alla propria coscienza, al proprio limpido impegno morale prima che politico. La battaglia sociale e politica è lo sforzo di pochi, generosi e leali, intendo dire la nobile battaglia per una società giusta.”
Emerge in ciò la profonda passione di Moro di lasciare una traccia, di generare una pedagogia civile per i giovani. “Prima c’è l’uomo, la persona umana, poi la superiorità dell’etica sulla politica che diventa servizio disinteressato solo se costruito con il dialogo aperto a tutti e orientato alla costruzione del bene comune”. Sta in questo tutto il suo pensiero e la sua eredità spirituale prima che politica. Un altro esempio è il suo lascito spirituale: “Questo Paese non si salverà se la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera e se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”
‘La politica di Moro – continua Trespidi – si fondava su un assiduo lavoro di pazienza, di dialogo e di lungimiranza, e che, dopo la lezione degasperiana, guardava ancora allo spirito della Costituente nella stagione del centro-sinistra e poi in quello finale delle grandi intese’.
‘Chi negli anni ‘70 non aveva saputo leggere i segni dei tempi avrà modo di non dimenticare che oggi, come allora, stiamo assistendo a cambiamenti e sfide epocali che richiedono un cambio di paradigma culturale e politico che papa Francesco ha ben descritto nella sua ultima enciclica Fratelli Tutti, dedicata alla fratellanza umana e alla migliore politica, orientata al bene comune, ricordando che non ci si salva da soli ma soltanto insieme, non con il solo IO ma con il NOI’.
‘Allo stesso tempo noi pensiamo che la Politica debba ricercare risposte adeguate all’attuale permanere della “crisi del potere politico e della coscienza” e quindi alla necessità di una rifondazione morale e culturale dei costumi ricominciando a svolgere il suo ruolo ovvero: studiare, analizzare, pensare, proporre e fare azioni per migliorare la vita dei cittadini’.
‘Un’Area di Centro deve ritrovare voce e rappresentanza. – conclude il segretario UDC – Le ultime vicende smentiscono quanti dicono che il Centro ormai è improponibile. C’è bisogno di Centro per governare con saggezza. Le esperienze democratiche cristiane e laico riformiste devono essere un riferimento. Ognuno faccia la propria parte per ritrovare nella nostra storia migliore le ragioni per ricostruire.’