Luigino, che ricordava nell’aspetto Giulio Andreotti, il non dimenticato uomo politico, si stava laureando in lettere classiche all’Università di Pavia. Aveva capito che quella del Seminario, da cui era uscito da un paio d’anni, non era la sua strada e voleva recuperare il tempo perduto nella sfera sentimentale. Come primo approccio con il gentil sesso, poiché, tra le curiosità del mondo greco e romano, ciò che esercitava un indiscusso fascino su di lui erano i fiori, pensò di regalare rose rosse.
La sua Fiat 124 bianca era spesso parcheggiata nei dintorni di rivendite di fiori, dove acquistava una rosa rossa soltanto. Faceva recidere il gambo completamente e poi avvolgeva il bocciolo nella carta stagnola, impacchettandolo come fosse una grossa caramella, che poi riponeva nella borsa. La estraeva per regalarla a qualche compagna di corso, dicendo che si trattava di una caramella. Quando lei la scartava e appariva la rosa rossa l’effetto era assicurato. E anche con Gloria la sorpresa si rivelò efficace.
Le propose allora un giretto in macchina con visita alla Certosa. Gloria, studentessa del secondo anno, un cespuglio di capelli alla Lucio Battisti, labbra carnose, un corpo disseminato da rilievi tondeggianti, sembrava resistere alla noia del tema che Luigino aveva incominciato a trattare durante il viaggetto. Aperto l’argomento fiori, incominciò: “Il Giacinto conobbe un momento in cui fece parte dei cibi e nel mondo antico rientrava tra le piante di natura afrodisiaca e sembra che fosse il fiore sacro ad Afrodite e a Eros…”. E continuava: “Dal mirto si ricavava un tipo di vino chiamato murtides che si otteneva sbattendo i rami del mirto stesso. Lo dice Dioscoride vissuto al tempo di Nerone. Plinio fa sapere che il mirto compare sulle mense insieme a fichi, cachi, ceci, fave e ghiande. Tra i fiori che si mangiavano c’erano orchidee, ninfee, anemoni…”.
Gloria cercava invano di fargli cambiare argomento, ma lui imperterrito: “Esaminando alcuni miti emerge che, mentre la cacciagione era occupazione degli uomini, la raccolta di fiori ed erbe era prerogativa delle donne. Nei miti antichi, infatti, quando si parla di donne sullo sfondo compaiono sempre dei fiori. Nel Rapimento di Europa, la donna è presentata intenta a cogliere un fiore purpureo, mentre le sue ancelle colgono croco, gigli, giacinti, viole. Il vento Borea rapisce Ortia, pure intenta alla raccolta dei fiori…”.
L’arrivo alla Certosa pose fine al monologo e la visita si svolse tra scambi di opinioni sulle scene raffigurate e sulle attrazioni del monumento. L’argomento fiori nel mondo antico sembrava chiuso. Invece Luigino, nel viaggio di ritorno, riprese: “Affermandosi i cereali, le specie floreali vengono meno alla loro utilità nutritiva. Dopo essere stati utilizzati nell’alimentazione, i fiori compaiono in riti dove vengono utilizzati come essenze e profumi. Venuto meno l’interesse di ordine pratico si fece strada un interesse di ordine estetico e mitologico, ma resta oggi un grande legame affettivo di riconoscenza in ricordo di quando i fiori avevano utilità nell’alimentazione. E poi i fiori acquistano grande importanza per i riti dei defunti…”.
Fermi in colonna alle porte di Pavia, Luigino distolse gli occhi che aveva incollati alla strada per guardare Gloria, per la conferma dell’interesse che, con i suoi argomenti, stava suscitando in lei. Il sedile del passeggero era vuoto. La scorse nello specchietto retrovisore mentre saliva sulla macchina di un amico, ferma in colonna qualche metro più indietro.
Sperangelo Bandera