Il Progetto Udc per un grande centro va riprendendo gradatamente forma, sotto la spinta delle nuove generazioni che cercano una casa politica in cui impegnarsi, ma stentano a riconoscersi in molte delle proposte attuali. L’occasione per parlarne è la convention odierna a Roma alla quale partecipano anche Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani e in video call Silvio Berlusconi. È lì che dovrebbero confluire i tanti dibattiti emersi nella scuola di formazione politica Udc che hanno preso vita in questi ultimi anni. Le richieste sono tante, ma la sintesi può essere quella tipica di ogni movimento giovanile: del nostro futuro intendiamo essere protagonisti.
All’orizzonte si affaccia, pertanto, la formazione di un’area politica e culturale, nonché programmatica – quella di centro – che non potrà non rispondere a due prerequisiti di fondo: dev’essere un’area plurale al suo interno e deve saper dispiegare un progetto politico autenticamente riformista, con una classe dirigente qualificata e non improvvisata. – dichiara il segretario provinciale di Cremona Giuseppe Trespidi – Che il quadro politico italiano vada incontro ad una scomposizione-ricomposizione è abbastanza evidente a tutti salvo a quelli che pensano, ingenuamente, che la precarietà di oggi sia destinata a consolidarsi per i prossimi lustri. Certo, il tutto è anche e soprattutto il frutto e la conseguenza di uno sfacciato trasformismo politico e parlamentare che ha travolto e delegittimato l’intera classe politica italiana. Da ciò consegue che è sempre più necessario ritrovare un ‘Centro’ che non denigri la sinistra o la destra ma che sia luogo di germinazione di sane proposizioni politiche soprattutto rivolte ai giovani e alle donne. Questo Centro può e deve vantarsi di avere solide fondamenta nella visione cattolica della vita politica. Senza queste fondamenta penso che la casa Italia non regga. Non abbiamo bisogno di politici cristiani, ma di cristiani politici come la storia non ha avuto bisogno di martiri cristiani ma di cristiani martiri. Senza essere definiti – prosegue Trespidi – non possiamo definire; quindi, definendoci prima cristiani questo darà dal principio una forma chiara al nostro agire a chi ci vede. Adamo ha un nome ed è in forza di questo nome che può chiamare il resto del creato. L’insoddisfazione per il cattivo funzionamento del sistema partitico italiano deve, quindi, stimolare oggi la ricerca di nuove formule politiche capaci di ovviare ai fallimenti delle precedenti e recenti esperienze. C’è grande insofferenza verso chi non vuole adagiarsi solamente sui luoghi comuni e le comode parole d’ordine diffuse dal cosiddetto pensiero dominante e dal suo obiettivo di ridurci non nello stato di persone in grado di sviluppare idee, proposte, cognizioni e giudizi propri, ma a meri componenti di un pensiero unico. L’elaborazione del nuovo partito di Centro va pensata e realizzata non solo su un modello ideale ma sulla base di solidi principi, valori e premesse culturali, ma anche su una valutazione attenta e realistica della situazione politica ed economica del nostro Paese. Accanto al recente e progressivo massimalismo della sinistra e al tardo populismo dei 5 stelle si affianca uno stanco sovranismo della destra che non hanno saputo infiammare, appassionare e coinvolgere i cittadini che, non a caso, sono sempre più disincantati e lontani dalla politica e quindi anche dalla partecipazione al voto. Si tratta, quindi, di scommettere sino in fondo su questo nuovo progetto politico che, ad oggi, è francamente l’unica novità che emerge da un sempre più sfilacciato e confuso dibattito politico e culturale. L’Udc è da sempre proporzionalista e, come si vota al Comune, vuole che a scegliere i propri rappresentanti in Parlamento siano gli elettori con la preferenza. Riteniamo che se vogliamo riavvicinare le persone alla politica, dobbiamo fare un ragionamento senza tecnicismi: ridare agli elettori la capacità di incidere sulle scelte. Vanno, quindi, recuperati gli elettori per dare compiutezza alla democrazia che, senza partecipazione, manca dello spirito vitale. Pertanto, pensiamo che non è col ritorno al vecchio bipolarismo che si da una risposta agli italiani. Le fragilità e le insufficienze di queste due alternative sono d’altra parte rese ben chiare dalla formula politica di governo adottata quest’anno. Il governo Draghi è proprio l’espressione del fatto che quelle due alternative non erano in grado di sostenere un governo all’altezza dei problemi che il paese doveva e deve affrontare. Le formule di cui si discute oggi indicano che le principali forze politiche sono ancora ben lontane da una piena consapevolezza dei loro limiti e dei problemi del paese. Il punto focale della situazione, in vista del momento in cui il gioco, come dev’essere, tornerà alla libera articolazione della dialettica politica, non è, dunque, rappresentato dal confronto interno al sistema e dalla varietà delle combinazioni possibili, bensì, anzitutto, dalla sua capacità o meno di rilegittimarsi di fronte agli italiani. L’Udc che concepisce il centro politico come soggetto della trasformazione può ritrovarsi in grande misura in questi indirizzi e quindi – conclude Trespidi – deve esprimere il suo sostegno convinto a Draghi e al suo programma di governo avendo ben chiaro che stimoli e contributi saranno tanto più efficaci quanto più deriveranno da una attenta comprensione dei bisogni reali delle persone e del futuro economico e sociale dell’Italia. Infine, ai cantanti chiederei di occuparsi del loro mestiere e non inventarsi nulla perché educare ai valori è un’arte seria e non una nuova opzione per reclutare seguaci. Se proprio vogliono cantare cantino il bene comune, la sussidiarietà, la solidarietà e la destinazione sociale dei beni, che hanno bisogno di tornare ad essere centro del pensiero quotidiano. Non un bene comune astratto, ma che abbia sostanza nella progettualità di ogni investimento. Una sussidiarietà nuova che non ‘porti lo zaino a nessuno’ ma che insegni a ciascuno a portare il proprio zaino. Una solidarietà che ridica l’essere accanto e una destinazione sociale dei beni che garantisca crescita per ciascuno nella dignità che spetta alla persona in quanto tale. Non è pertanto il momento di stare alla finestra, ma di sviluppare tutte le nostre capacità di proposta’.