Un’auto di colore bianco ha fatto da cornice ai momenti importanti della storia di due innamorati. La vicenda risale al 1979, quando Sergio, un ragazzo di Crema, compiuti 18 anni, fu costretto a partire per ottemperare all’obbligo del servizio militare. Arruolato, si trovò a vivere a Moncalieri, una piccola località adagiata sulle colline piemontesi, a ridosso di Torino. Qui conobbe Lauretta, un’avvenente ragazza di cui s’innamorò, ricambiato, sfrenatamente.
In un piccolo paese la gente mormora e la notizia della relazione venne alle orecchie dei familiari, i quali la osteggiarono fin dall’inizio, molto preoccupati che la figlia frequentasse un estraneo di passaggio. La fiamma d’amore, però, si era accesa e la relazione veniva alimentata con incontri sempre più carichi di passione, fino a quando non venne il giorno del congedo. Tuttavia, l’intesa amorosa continuò nonostante la complicazione della distanza e la ferma opposizione della famiglia, sempre più decisa a mettere la parola fine al rapporto con il giovane forestiero e, per distogliere la figlia da quell’amore che ritenevano inappropriato, i genitori ospitarono in casa un giovane del posto, il quale, grazie alla presenza quotidiana e aiutato dalla pressione psicologica esercitata dai familiari, riuscì ad avere il sopravvento sul legame con il soldatino.
La vicenda amorosa di Sergio e Lauretta s’interruppe, ma quando, dopo poco, il ragazzo scelto dai genitori fu costretto a partire a sua volta per il servizio militare, Lauretta, con l’aiuto della sorella, riuscì a riallacciare il contatto con Sergio, l’uomo che non aveva dimenticato. Alle molte telefonate seguì l’incontro, mosso da una passione mai spenta. Dopo un primo momento di tensione, l’amore riesplose e portò i due innamorati alla decisione estrema di vivere insieme con una fuga d’amore degna di altri tempi.
Preso in affitto un appartamentino nel centro di Crema, i protagonisti di questa tribolata vicenda vissero un periodo entusiasmante, ma dovettero ben presto fare i conti con la famiglia di Lauretta sempre più decisa a interrompere l’idillio: il padre inventò che la mamma si era sentita male e impose la presenza di Lauretta a casa dicendo che era urgente e indispensabile. Al rientro, familiari, parenti e amici cercarono di convincerla che la sua realtà era fra loro. Sergio non ebbe più notizie di lei, ma, dopo qualche mese, con una telefonata, Lauretta, pur dispiaciuta del fallimento della loro relazione, gli chiese di restituirle i capi di abbigliamento e gli effetti personali che erano rimasti a Crema. Una domenica di novembre, Sergio e l’amico Antonio, con una Fiat 127 bianca, le riportarono quanto aveva richiesto. Suonato il campanello di casa, furono accolti dalla madre, che ritirò gli effetti della figlia e, coprendo d’insulti Sergio, decretò la conclusione del grande amore.
Il giovane intraprese altre relazioni portando sempre nel cuore il ricordo di quell’amore lacerato. Lauretta si sposò per accondiscendere al volere della famiglia. Nel giorno del matrimonio, i suoi occhi neri, uscendo dalla chiesa, si riempirono di lacrime per la delusione: aveva sperato invano di vedere miracolosamente riapparire, tra il pubblico, il volto del suo amore vero.
Passarono quarant’anni di silenzio. Un paio d’anni fa, nel bar dove Sergio lavorava squillò il telefono: era Lauretta: poteva annullare un vuoto di così tanti anni? L’occasione si presentò qualche tempo dopo. Lauretta sarebbe arrivata a Milano per seguire un corso di yoga. Sergio pregustava la dolcezza di una serata speciale, mano nella mano, occhi negli occhi, dopo tanto tempo. Una Mini bianca indicava il luogo dell’incontro. L’atmosfera tesa all’inizio poi si sciolse con i racconti delle esperienze vissute, sempre costellati da tanta emozione e dal forte rimpianto per quello che avevano perduto.
L’incontro ebbe un seguito di telefonate in cui emergeva il desiderio di un nuovo appuntamento, ma era complicato dalla distanza, dagli impegni di lavoro e dai doveri familiari.
Allora Lauretta ruppe gli indugi e arrivò a Crema. Qui percorse alla cieca un dedalo di vie, per ore, alla disperata ricerca di una macchina bianca.
Sperangelo Bandera