Raiplay fa un bel regalo ai suoi utenti programmando (non si sa per quanto) Un giorno di pioggia a New York, il penultimo film di Woody Allen, un regista che non sbaglia un colpo. Infatti, anche quando non centra il bersaglio, realizza pur sempre un’opera elegante, che gratifica l’intelligenza e la sensibilità dello spettatore. E dall’alto dei suoi 86 anni sa dirigere con ammirevole maestria attori giovani, ricavando il meglio dalla loro caratterizzazione (Chalamet simpatico flaneur, Fanning dolce ochetta, Selena Gomez dalla battuta feroce e dalla bellezza smagliante) con una simpatia che la dice lunga sulla sua miracolosa giovinezza artistica e sulle sue antenne potenti nel cogliere, senza smancerie ma con effettiva partecipazione, la vita dei suoi simili.
In Un giorno di pioggia a New York, una commedia in puro stile Allen, e dunque lontana dai suoi film più drammatici e
tormentati, alla Bergman (per cui si prende anche sottilmente in giro), la trama appare alquanto esile, ma non priva dei tratti più tipici del genere. Due fidanzatini (lei un tantino scioccherella, lui, perennemente fuori posto e per questo
affascinante – non si chiama Gatsby per caso – ) programmano un week end a Manhattan (luogo sacro per Allen), anche
sfruttando l’occasione di un’intervista che Ashleigh, la ragazza, collaboratrice del giornale universitario, ha ottenuto dal
perennemente insoddisfatto regista Pollard (un ulteriore parodia del regista e dei suoi personaggi tipici: Allen sa
veramente ridere di sé stesso). Naturalmente, obbedendo alle leggi della commedia leggera, andrà tutto a rotoli, dal
momento che i personaggi incappano nelle disavventure consuete: il tradimento in agguato, sventato all’ultimo
momento dall’arrivo imprevedibile della fidanzata ufficiale del “bello” di turno (e c’è da chiedersi se qui – nell’ammirazione fanatica della giovane provinciale per il bell’attore, naturalmente latino – il regista non vibri una stoccata al Me too di cui è rimasto vittima); l’agnizione finale, un autentico colpo di scena che rovescia il destino del protagonista; la scoperta della vera anima gemella, alternativa all’arrivista di provincia, che ama esattamente tutte le cose che fanno felice il protagonista (e Woody Allen): il piano bar, i blues raffinati, i luoghi sacri di New York, visti rigorosamente sotto la pioggia, i film romantici ed ingenui in cui gli innamorati si incontrano sull’Empire State Building e in altri simili luoghi deputati.
Un giorno di pioggia a New York non è un film impegnato, non richiede la decifrazione di sottotesti allusivi o intricati e si
abbandona volentieri alla soddisfazione del lieto fine. E’ un gioco dell’intelligenza e del gusto, basato sull’empatia nei
confronti dei personaggi: un piccolo gioiello di divertimento e di ritmo. La struttura stessa, costituita da sequenze brevi e
ben scandite, è costruita a climax, attraverso una serie di contrattempi ed impicci che guidano lo spettatore verso
l’indimenticabile battuta finale.
Vittorio Dornetti