‘Un mondo a parte’, riuscita commedia dolce-amara

6 Aprile 2024

Campione di incassi ai botteghini per Pasqua il nuovo film di Riccardo Milani Un mondo a parte. Il regista, dopo la fortunata saga, fra altre opere, di Come un gatto in tangenziale, torna a usare il registro della leggerezza per toccare temi sociali. Ricordandoci la commedia sociologica francese. Ma non è Benvenuti al sud. Ha una propria fisionomia, lo scopriranno gli spettatori, dopo un iniziale effetto déjà-vu, man mano che si dipana la storia. Anzitutto, geniale la scelta di mischiare attori insuperabili come Antonio Albanese e Virginia Raffaele, con persone comuni che il regista ha “reclutato” attingendo al substrato popolare soprattutto di Pescasseroli. Sono maestosi esempi di spontaneità.

Siamo nel Parco nazionale dell’Abruzzo. Michele (Albanese), maestro elementare, è arrivato in questo sperduto paesino, Rupe (nome inventato), flagellato dalla neve e da temperature glaciali in inverno e da temperature alte in estate, dopo la richiesta di trasferimento dalla scuola che da trent’anni, con fatica e insuccessi, vive alla periferia di Roma. Michele è un idealista a tratti naif, con i suoi mocassini nella neve, incapace di accendere una stufa, non riesce a mangiare una zuppa di rape e fagioli, tremante per il freddo. Lo aiuterà nella sua avventura fra le montagne, ostili e affascinanti, una dura e ruvida vicepreside: Agnese (Raffaele). “Il precariato, mal pagato, in condizioni difficili, ci rende la nuova classe operaia”, dirà Agnese.

Dopo un approccio difficile. Michele si inserisce facilmente. Il suo buon carattere e la raffinata cultura lo aiutano, lei usa l’accetta per smussarne gli angoli. Improvvisa, ma non troppo, la notizia che la scuola deve chiudere, non ci sono abbastanza numeri. Tema della denatalità, tema attualissimo della precarietà di luoghi impervi, incapaci di dare futuro ai giovani. Fra aquile, beccacce, lupi e orsi. Fermare una scuola significa far morire una comunità. La loro avventura comune sarà trovare nuovi alunni, “il fine giustifica i mezzi”, pescando fra i profughi ucraini, in arrivo da Kiev, e nuovi immigrati nordafricani, tutti attori presi dalla strada. Non senza scontrarsi con risvolti di illegalità.

Si alternano scene esilaranti, che toccano commoventi verità: la comunità crea relazioni inestinguibili e preziose, anticipate da curiose ostilità. E’ un cemento che si costruisce con fatica e sudore. Interessante l’uso dei regionalismi: ci si abitua subito ad un italiano in salsa abruzzese, che rende caratteristico il racconto. Sapendo creare tormentoni. Ough! Per salutarsi, ad esempio. Alcune ingenuità: i bambini sono troppo perfetti. Sono funzionali alla storia di una monoclasse con alunni dai 7 ai 10 anni della scuola elementare, con prevedibili difficoltà didattiche.

Il film non indaga i disagi. Anzi, li tratta con ironia. Passando oltre. Melodrammatiche e gestite con forse troppa lievità le sottotrame: la ragazza lesbica che tenta il suicidio, mobilitando una comunità intera, e Duilio, un giovane che vuole sfidare con resilienza, dedicandosi all’agricoltura, il destino di un luogo, nemico dei giovani, del successo altrui, un luogo rassegnato, per perdenti. “Questi luoghi piacciono solo ai bambini”.

Per gli adolescenti non c’è nulla. Piscine e palestra in disarmo. Sala cinema chiusa. Strade impervie. Assurda, infine, la certificazione improvvisata per un disabile. Anello mancante della catena che consentirà loro di “salvare” la scuola: intitolata a “Cesidio Gentile, detto Jurico, poeta pastore”. Ma si sa, è una commedia. Fatta anche di sguardi. Soprattutto quelli fra Michele e Agnese. “Non tutte le bufere vengono per nuocere”. In scena, in microcosmo, una comunità basica, che fa fatica a resistere.

E’ una commedia dal sapore dolce e amaro, fra malinconia e disinganno. Porta luce su temi sociali dirompenti, sfiorandoli con grazia, restando nel politicamente corretto, concedendo carezze e sorrisi. Ci ricorda di un Italia abbandonata, un mondo a parte, durissimo, in disarmo, prossimo alla chiusura, fra contrasti e amore per la terra, fra passato e futuro, che a volte non c’è.: “A volte, la montagna lo fa”.   

 

Francesca Codazzi

 

2 risposte

  1. Recensione esaustiva! Non potendo assistere alla proiezione, ho avuto modo di comprendere il messaggio del film “Un mondo a parte” e mi ha incuriosita.
    Come sempre, complimenti Francesca.

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